Chi ha creato chi?
ROMA-ADISTA. È Dio che ha creato gli esseri umani o gli esseri umani che hanno creato Dio? Domanda non nuova che mi è venuta in mente e ha accompagnato la lettura di un libro di Giorgio Vallortigara e Nicla Panciera, su tutt’altro argomento: Cervelli che contano, regalo dei miei figli per il mio compleanno.
Nel libro si dimostra, attraverso una serie di sperimentazioni, che la numerosità degli oggetti, saper distinguere tra due gruppi quale è più numeroso e quale meno è una qualità sensoriale primaria, una sorta di innata capacità matematica propria di tante diverse specie. Così ad esempio le rane, osservando due gruppi di larve in movimento, dirigono l’attività di caccia verso quello più numeroso.
Nella parte conclusiva del libro due citazioni, di due premi Nobel per la fisica, mi hanno particolarmente colpita, complice la mia formazione matematica. La prima è del fisico e matematico Eugene Wigner, che parlava della «irragionevole efficacia della matematica nelle scienze della natura» e l’altra del fisico Paul Dirac, che scriveva: «Il matematico fa un gioco di cui è lui stesso ad inventare le regole, mentre il fisico fa un gioco le cui regole sono fornite dalla Natura; al passare del tempo diventa sempre più evidente che le regole che il matematico trova interessanti sono quelle stesse che ha scelto la Natura».
Se i numeri e il senso della numerosità non vengono da una elaborazione, ma sono innati e li condividiamo con gli animali, non solo con le scimmie, ma persino con le rane ed i pulcini, allora quello che i matematici elaborano, a partire da lì, cioè da ciò che è incarnato nel cervello per natura, non può non avere in qualche modo a che fare con le leggi della Natura. È forse questa la risposta a quello che Wigner e Dirac osservavano?
Uno strano giro per tornare alla nostra domanda su chi ha creato chi. Dio nessuno l’ha mai visto, eppure nella storia di tutti i tempi ci si è interrogati su Dio e ne sono emersi diversi immaginari. Per restare alla Bibbia: il Dio dell’Esodo che libera dalle catene della schiavitù, il Dio violento di alcuni brani, il Dio materno che prende in braccio e allatta, fino al Dio di Gesù, disarmato e disarmante, onnipotente solo nella sua misericordia, complice dei piccoli a cui rivela i segreti che nasconde ai sapienti.
Con l’immaginario di Dio non ci si scherza, influenza il nostro sguardo sugli altri/e, i nostri pensieri e le nostre azioni. Ha perciò una valenza politica. Per questo i poteri politici e religiosi di tutti i tempi hanno sempre usato e modellato l’immagine di Dio per farne uno strumento di sottomissione.
I brani della Genesi che raccontano la creazione, molto diversi tra loro e scritti a secoli di distanza l’uno dall’altro, ci presentano un Dio che crea tutte le cose. Così, secoli fa, si spiegavano l’origine del mondo e dell’umanità, quando non c’erano le conoscenze scientifiche che abbiamo oggi. Ora che sappiamo molto di più sull’origine del mondo e dell’universo quei testi li dobbiamo buttare via? O in quei miti antichi c’è qualcosa che parla ancora a noi, donne e uomini del nostro tempo?
«Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente» (Genesi 2,7). Uno dei versetti della Genesi che non vorrei mai andasse buttato via per incompatibilità con le scoperte scientifiche. C’è qui l’intuizione che un soffio divino ci abita. E se fosse da lì che partono i nostri pensieri su Dio?
Da qualcosa che misteriosamente ci portiamo dentro, di cui siamo impastati? Come l’elaborazione matematica porta alle leggi della Natura, perché parte da qualcosa di innato, che la Natura ci ha messo dentro, così mi piace pensare che l’immaginario di Dio che elaboriamo, non sia qualcosa di astruso perché ha a che fare con quel soffio che Dio ci ha messo dentro, col divino che ci abita. A patto che sia una ricerca autentica, mossa da pensieri sani, liberi dal voler farci tornare i conti o dal desiderio di potere.
Allora alla nostra domanda potremmo rispondere così: se Dio lo creiamo noi, Dio ha però giocato d’anticipo, contaminandoci, soffiandoci dentro un po’ di sé. Il divino non ci è estraneo, fa parte di noi, per questo seguitiamo a pensarlo. Una risposta o una risposta-non risposta? Anche il soffio divino potremmo averlo inventato noi. O forse no. E allora siamo daccapo con la nostra domanda iniziale.
Senza nessuna pretesa di rispondere a una domanda destinata penso a rimanere aperta, diciamo che abbiamo un po’ giocato, parlando di Dio a partire da come contano i pulcini e le rane. Gioco che magari qualcuno potrà raccogliere e rilanciare. Magari la prossima volta a partire dalla frase di un altro matematico, Leopold Kromecker, che diceva: «Dio ha creato i numeri interi, tutto il resto è opera dell’uomo». D’altra parte, come diceva Dirac, i matematici giocano. Ma giocando qualche volta ci azzeccano. E poi il gioco fa bene e fa crescere, ne sanno qualcosa le bambine e i bambini.
Una vignetta, che anni fa era appesa ad una parete dell’Istituto di Fisica della Sapienza, allora unica Università di Roma, rappresentava Dio che, seduto sulle nuvole, legge un libro di Fisica e si fa grasse risate! E se i giochi dei fisici e dei matematici divertissero anche Dio?
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