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Trump re d'Israele

Trump re d'Israele

Newsletter n. 39 da Prima Loro

Cari amici,

vi trascriviamo qui di seguito la lettera con cui Trump il 12 novembre scorso ha chiesto a Herzog la grazia per Netanyahu, che è sotto accusa dei tribunali israeliani, perché essa dice più di molti discorsi sull’attuale stato del mondo:

“Caro Signor Presidente Isaac Herzog,

è un onore per me scriverle in questo momento storico, poiché insieme abbiamo appena assicurato una pace che è stata cercata per almeno 3.000 anni. La ringrazio, e ringrazio tutti gli israeliani, ancora una volta per la vostra ospitalità gentile e calorosa, e affronto un tema chiave del mio discorso alla Knesset.

Mentre il Grande Stato di Israele e l’incredibile Popolo Ebraico superano i tempi terribilmente difficili degli ultimi tre anni, la invito a concedere piena grazia a Benjamin Netanyahu, che è stato un Primo Ministro in tempo di guerra formidabile e decisivo, e ora sta guidando Israele verso un tempo di pace, che include il mio continuo lavoro con i principali leader del Medio Oriente per aggiungere molti altri Paesi agli Accordi di Abramo che stanno cambiando il mondo.

Il Primo Ministro Netanyahu si è mantenuto saldo per Israele di fronte a forti avversari e a probabilità sfavorevoli, e la sua attenzione non può essere deviata inutilmente.

Pur rispettando assolutamente l’indipendenza del sistema giudiziario israeliano e le sue esigenze, credo che questo “caso” contro Bibi, che ha combattuto al mio fianco per molto tempo, incluso contro il nemico molto duro di Israele, l’Iran, sia una persecuzione politica e ingiustificata.

Isaac, abbiamo stabilito un grande rapporto, per il quale sono molto grato e onorato, e abbiamo concordato fin da quando sono stato insediato a gennaio che l’attenzione deve concentrarsi finalmente sul riportare a casa gli ostaggi e concludere l’accordo di pace.

Ora che abbiamo raggiunto questi successi senza precedenti, e stiamo tenendo Hamas sotto controllo, è tempo di lasciare che Bibi unisca Israele concedendogli la grazia e ponendo fine alla guerra legale una volta per tutte.

Grazie per la sua attenzione a questa questione.

Cordiali saluti,

Donald J. Trump, Presidente degli Stati Uniti d’America”.

Questa lettera conferma, come avevamo scritto in un articolo per Rocca, poi non pubblicato, che il piano di pace in 20 punti per Gaza lanciato da Trump in coppia con Netanyahu, aveva rivelato una realtà gravida di molte implicazioni, e cioè che sta in America il vero governo dello Stato di Israele. Si pensava fino ad allora che quella degli Stati Uniti fosse un’autorevole ma non determinante influenza su Israele di un potente alleato: per esempio le raccomandazioni prudenziali di Biden erano state disattese da Netanyahu dopo gli eventi del 7 ottobre. Ora invece si tratta di una vera e propria sostituzione: Trump re d’Israele. Lo si era visto quando gli Stati Uniti, mettendosi al posto di Israele bombardarono con i B-2 i siti nucleari iraniani, lo si è visto quando Trump ha deciso di subentrare nel “lavoro” che Netanyahu non riusciva a finire a Gaza, pretendendo l’immediata resa di Hamas senza nemmeno il disturbo di chiederglielo, per assumersi poi direttamente il governo di Gaza o in alternativa per portare rapidamente a termine il genocidio e pervenire alla soluzione finale della questione palestinese nel senso voluto da Israele; e lo si vede ora con la pretesa di una “piena grazia a Benjamin Netanyahu”. Ma per quale reato? Per il banale reato, purtroppo frequente in politica, di corruzione e profitto privato ossia, come dice Trump fuori onda, champagne e orologi? Queste sono scemenze, questa è, scrive Trump, “una persecuzione politica e ingiustificata” ai danni di uno che “è stato un Primo Ministro in tempo di guerra formidabile e decisivo, e ora sta guidando Israele verso un tempo di pace”, insieme con me “per aggiungere molti altri paesi agli Accordi di Abramo che stanno cambiando il mondo”.

Ebbene, la grazia che mette fuori gioco le procedure giudiziarie (e che Herzog per decenza non poteva non opporre a Trump) è la massima espressione della “sovranità” dei Capi di Stato che secolarizzando un concetto teologico, come dice Carl Schmitt, fa sì che essi non rispondano a nessuno ed esercitino un’onnipotenza, su vita e morte dei sudditi, pari a quella attribuita alla grazia di Dio. Rivendicando questo potere Trump si propone perciò come il vero sovrano d’Israele, tale da restaurare una pace che mancando a suo dire da 3000 anni è evidentemente quella del regno biblico di David. Ma a questo punto non è più in gioco solo la pace per Israele, gli Emirati arabi e il Medio Oriente: è in gioco il compito, di conserva con Netanyahu, di “cambiare il mondo”, di dargli un governo finalmente felice. Ciò, nella cultura e nella tradizione di Israele, in cui Trump si inserisce come la vera guida lungamente attesa, vuol dire la realizzazione delle promesse messianiche, della “Geulah” o redenzione del mondo che finora i rabbini avevano asserito dover essere opera non mondana, ma divina, a costo di fare della vita ebraica una “vita vissuta nel differimento”. È il sionismo della destra religiosa che ha attuato questa “forzatura” messianica nello Stato di Israele; è questa l’elezione ufficialmente recepita e sancita nella legge fondamentale di Israele del 2018, che riserva Gerusalemme e tutta la Palestina al solo Israele ed esclude una cittadinanza statuale e politica (l’“autodeterminazione”) per qualsiasi altro popolo che non sia il popolo ebraico; è questo il sionismo politico che si è fatto le ossa col terrorismo dell’Irgun di Begin e dell’Haganah e che Netanyahu ha fatto proprio e celebrato presentandosi all’Assemblea dell’ONU il 27 settembre dell’anno scorso attribuendosi lo stesso compito di Mosè al suo affacciarsi alla Terra promessa, quello di lasciare alle generazioni future la benedizione o la maledizione: cosa che il Primo ministro israeliano fece presentando alla sbigottita assemblea delle Nazioni Unite due mappe, una con i Paesi benedetti e l’altra con i popoli maledetti, musulmani o arabi, dall’Iran alla Siria all’Iraq, addossando così a Dio stesso un improbabile mandato di sterminio; ed è questo il Netanyahu che “si è mantenuto saldo per Israele” lanciando l’IDF (l’esercito di Israele) nel “lavoro” dell’eliminazione dei palestinesi a Gaza, chiamandola “operazione carri di Gedeone”, il mitico “giudice” e condottiero di Israele che ridusse i Madianiti in suo potere, benché non con carri (sottinteso “armati”) ma con trombe e fiaccole, finendo poi nell’idolatria.

Dunque Trump si colloca al termine della linea messianica, ma non del messianismo sacerdotale o profetico o apocalittico, bensì del messianismo regale e davidico, che inaugura “un tempo di pace”, propiziato da una guerra condotta dal “grande Stato di Israele” in modo “formidabile e decisivo”, una guerra che è un genocidio, ed è anche il vero crimine di Netanyahu per il quale è indagato dalla Corte Penale Internazionale.

La pretesa della grazia a Netanyahu giunge dunque da parte di Trump sulle ali di una vera e propria apologia del genocidio. E questo è il “cambiamento del mondo”, che viene annunciato: esso sta nel passare dal “mai più” che l’umanità intera aveva proclamato dopo lo sterminio degli Ebrei, degli Zingari e degli altri reietti compiuto dal nazismo, alla reintegrazione, normalizzazione e omologazione del genocidio come ormai assimilato alla guerra e all’eccidio, non più come “danno collaterale” dello stesso popolo “nemico”.

Giunti a questo punto, può la politica distrarsi, e parlare d’altro?

Nel sito pubblichiamo la relazione tenuta il 15 novembre da Raniero La Valle a un convegno di studio promosso dall’ANPI a Messina sul tema: “L’Europa che vorremmo”, e stralci di una introduzione di Domenico Gallo al libro “Genocidio, la verità dell'ONU su Gaza”, dell'editore Edimedia, che è in questi giorni in uscita nelle librerie.

Con i più cordiali saluti,

da “Prima Loro”

Prima Loro

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