Viva la muerte!
L'articolo che segue è stato postato oggi dal magistrato Domenico Gallo sul suo sito.
L’esultanza del ministro israeliano Ben-Gvir per il voto della Knesset sulla pena di morte incarna la stessa esultanza dei falangisti spagnoli.
Sono 98 i prigionieri politici palestinesi morti nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani a partire dal 7 ottobre 2023. Lo denuncia il rapporto di una coraggiosa organizzazione israeliana, Medici per i diritti umani (Phri). Queste morti sono una spia dell’uso diffuso della tortura e dei maltrattamenti nei confronti dei detenuti palestinesi, resi più afflittivi dalla politica del pugno di ferro nelle prigioni di massima sicurezza voluta dal ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir. Questo traguardo di cento morti non è stato considerato sufficiente per soddisfare il bisogno di morte della macchina politica israeliana. Così la Knesset ha approvato, in prima lettura, una proposta di legge che prevede l’introduzione della pena di morte per chi uccide un cittadino israeliano (naturalmente la pena non si applica al cittadino israeliano che uccide un palestinese).
L’approvazione del disegno di legge è stata festeggiata dal ministro Ben-Gvir che ha offerto dolci ai deputati e ha esultato: «Siamo sulla buona strada per fare la Storia». È vero, questa esultanza per la morte riapre un capitolo di Storia che pensavamo fosse stato chiuso per sempre. Ritroviamo la stessa esultanza nei falangisti spagnoli. È passato alla storia l’episodio del 12 ottobre 1936 quando nell’aula magna dell’Università di Salamanca si riunì una folla di miliziani e autorità franchiste per celebrare il Dìa de la Raza. Il generale José Millán-Astray, fondatore della Legione spagnola, eccitò la folla rilanciando lo slogan dei falangisti: viva la muerte! A questo punto intervenne indignato il rettore dell’Università, il poeta e scrittore Miguel de Unamuno: «Ed ora sento un grido necrofilo e insensato: Viva la morte! – Ed io che ho trascorso la mia vita a creare paradossi che suscitavano la collera di coloro che non li afferravano, io devo dirvi, come esperto in materia, che questo barbaro paradosso mi ripugna… Questo è il tempio dell’intelletto. E io ne sono il sommo sacerdote. Siete voi che profanate il sacro recinto. Voi vincerete perché avete soverchia forza bruta. Ma non convincerete. Perché, per convincere, bisogna persuadere. E per persuadere occorre quello che a voi manca: ragione e diritto nella lotta».
Adesso che è stato riaperto questo capitolo della Storia, molti attori internazionali si stanno esercitando a “fare la storia”, inseguendo il primato di Israele. Il 14 novembre il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Peter Hegseth ha annunciato una nuova operazione militare denominata Southern Spear contro i narcotrafficanti. «Il presidente Trump ha ordinato un intervento e il dipartimento della Guerra sta eseguendo – ha scritto su X. Guidata dalla Joint Task Force Southern Spear e dal Comando Sud degli Stati Uniti (Southcom), la missione ha l’obiettivo di difendere "il nostro Paese, eliminare i narcoterroristi dal nostro emisfero e mettere in sicurezza il nostro Paese dalle droghe che stanno uccidendo il nostro popolo”». In che cosa consiste questa nuova strategia di lotta al narcotraffico? In tutto il mondo le forze di polizia conducono operazioni per contrastare il traffico delle droghe. Vengono svolte delle indagini, sequestrate le partite di droga, i corrieri e gli spacciatori vengono assicurati alla giustizia e subiscono dei processi con le garanzie assicurate dalle leggi processuali. Questo avviene nei Paesi civili dove vigono le regole dello Stato di diritto. Il presidente Trump ha deciso di sbarazzarsi dei penosi vincoli del diritto e di utilizzare il metodo israeliano, anticipato dal generale Millán-Astray.
Adesso la Marina Usa nel Mar dei Caraibi effettua una sorta di monitoraggio delle imbarcazioni che transitano nelle acque internazionali e se sospetta che un battello trasporti stupefacenti, non perde tempo a fermarlo e a perquisirlo (attività comunque non consentita dalle Convenzioni internazionali), prende la mira, lancia un bel missile e fa esplodere l’imbarcazione con tutto l’equipaggio. L’annuncio di Hegseth è arrivato poco dopo la notizia che lunedì l’esercito americano ha condotto il suo ventesimo attacco contro una presunta nave di narcotrafficanti. Dall’inizio della campagna gli Usa hanno ucciso almeno 80 persone. Non importa se gli sventurati fossero pescatori, migranti o corrieri della droga, non potremo mai saperlo in assenza di un verbale di sequestro o di interrogatorio delle persone sospette. In termini giuridici si chiamano “esecuzioni extragiudiziarie”, ma in sostanza si tratta di omicidi, queste persone sono state liberamente assassinate e adesso, con l’annuncio di Hegseth, il potere rivendica il diritto di uccidere. Peccato che nelle democrazie dell’Occidente, tanto impegnate a difendere la civiltà contro le autocrazie, non si sia levata la voce di un solo Unamuno per denunciare lo scandalo di una politica che rivendica la morte.
(articolo pubblicato anche su Il Fatto quotidiano del 21 novembre 2025 con il titolo: “Il ‘metodo Israele’ passa da Ben-Gvir fino a Trump”)
*Foto ritagia di DedaSasha tratta da Coons Wikimedia, immagine originale e licenza
Adista rende disponibile per tutti i suoi lettori l'articolo del sito che hai appena letto.
Adista è una piccola coop. di giornalisti che dal 1967 vive solo del sostegno di chi la legge e ne apprezza la libertà da ogni potere - ecclesiastico, politico o economico-finanziario - e l'autonomia informativa.
Un contributo, anche solo di un euro, può aiutare a mantenere viva questa originale e pressoché unica finestra di informazione, dialogo, democrazia, partecipazione.
Puoi pagare con paypal o carta di credito, in modo rapido e facilissimo. Basta cliccare qui!
