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"Alla sinistra del Padre": il nuovo libro di Marco Campedelli

SAN PIETRO IN CARIANO (VR)-ADISTA. «Non accettare che ciò accade sia semplicemente la sofferenza di qualcun altro, o ti scoprirai complice di chi distoglie lo sguardo», recitava una canzone dei Pink Floyd. Ci sono libri che obbligano a non distogliere lo sguardo: dal dolore, dall’ingiustizia, dalla necessità di denunciare le tante ipocrisie del potere e delle religioni istituzionalizzate, dalla responsabilità di stare dalla parte degli ultimi, di disobbedire “milanianamente”, di restituire dignità, cuore, anima al vivere civile. Di nutrire una speranza che non sia frutto di compromessi al ribasso, ma utopia incarnata, alta, cristallina. Libri che, mescolando tenerezza e indignazione, realismo critico e sguardo aperto sull’orizzonte, senza alcun tipo di anestesia spirituale o spiritualizzante, fanno risuonare quel nucleo evangelico fondativo così spesso mistificato, edulcorato, piegato alle convenienze di ogni tempo. Alla sinistra del Padre, l’ultimo libro del teologo e narratore Marco Campedelli (Gabrielli editori, pp. 151, 16€, in vendita anche presso Adista) è uno di questi. Pur raccogliendo i testi pubblicati nella rubrica di Adista Segni Nuovi “Più forte ti scriverò” – oltre ad alcuni inediti -, il volume è più che la somma delle lettere virtuali che l’autore ha scritto ai personaggi che costituiscono un pantheon da abbracciare - da Pasolini, a Moro, a Ernesto Buonaiuti, ad Altiero Spinelli, al card. Martini, a p. Nogaro, a Giulio Girardello - o che richiamano quella realtà da cui non bisogna distogliere lo sguardo ma che occorre guardare dritto negli occhi (Gaza, la vicenda del lavoratore immigrato Satnam Singh, la morte di Moussa Diarra…). È uno sguardo ampio che, “dalla sinistra del Padre”, il lato degli ultimi, dei feriti, degli scartati, l’autore rivolge al mondo. Perché scegliere da che parte stare non è un optional, è un’urgenza, in una Chiesa istituzione che spesso, nella sua storia bimillenaria, si è al contrario schierata “a destra”, il luogo dei potenti, dei garantiti, dei privilegiati, di chi sta dalla parte dell’ordine costituito; il luogo di chi difende lo status quo, anche quando è ingiusto; di chi mette la sicurezza sopra la compassione, preferendo l’ordine alla giustizia; di chi guarda il mondo dall’alto in basso e così tradisce l’umanità e il Vangelo.

I 33 testi riuniti nel libro – preceduti dalla prefazione della teologa Selene Zorzi - sono altrettanti lampi, confessioni, proteste, denunce, preghiere, spezzate e ricucite per un’umanità in stato di sofferenza. Ogni lettera è un piccolo vangelo quotidiano, un atto di resistenza spirituale e un abbraccio per chi ha resistito, per chi continua a farlo, ma anche una bussola per chi cammina in tempi bui e teme di perdersi. Un viaggio verso il mondo e verso l’altro.

Marco Campedelli ha costruito un’opera che è insieme diario spirituale e manifesto civile ed etico, in cui la struttura epistolare non è tanto un semplice espediente narrativo, quanto una postura. Ogni lettera è un gesto di prossimità, un modo di accorciare la distanza tra fede e storia, tra profezia e quotidianità. Non un discorso formale e frontale, ma un invito, un dialogo, un piccolo rituale di resistenza offerto a chi, dentro e fuori la Chiesa, nella cittadinanza e nella comunità dei credenti, rifiuti di rassegnarsi all’ingiustizia, all’egoismo, agli interessi di potere, alla guerra. Procedendo su alcuni assi fondamentali - la rilettura del Vangelo in chiave di giustizia; la denuncia delle forme contemporanee di oppressione; il richiamo alla responsabilità personale e comunitaria – l’autore spinge il lettore a chiedersi radicalmente da che parte sta: la cittadinanza attiva e la fede cristiana non sono rifugi confortevoli.

C’è, infine, in questo libro, una presenza che percorre le pagine in punta di piedi. Il libro si apre e si chiude – una sorta di sigillo - con due testi sulla memoria materna, motivo di ispirazione, di orientamento esistenziale, di gratitudine. La memoria materna diventa una soglia sottile, una presenza che sorregge tutto, accarezzata come si sfiora una fotografia troppo amata: con timore, con lentezza, con il desiderio di non sciupare, di continuare a far vivere. In queste pagine Valda è casa, radice, la prima maestra di una tenerezza che non è stata dimenticata. Una voce silenziosa che continua a camminare accanto, negli incroci e nei tornanti della vita.

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