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Acli: corridoi umanitari per soccorrere il popolo afgano

Acli: corridoi umanitari per soccorrere il popolo afgano

ROMA-ADISTA. «È ora il momento di salvare le vite, con un’operazione di soccorso umanitario diretta, rapida e su larga scala per le persone a rischio in Afghanistan». Lo chiedono le Acli, in una lunga nota pubblicata sul proprio sito web.

«Il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan ha riportato al centro del dibattito internazionale un paese che in questi anni ha vissuto una guerra lontana dai riflettori – scrivono le Acli –. Nel silenzio dei media, da molto tempo le ONG che operano nelle rotte dei profughi dal Medio Oriente, denunciano la presenza di afgani che fuggono dal loro paese: già oggi sono intorno 30% in Bosnia ed il 45% in Grecia.

L’analisi della cronaca delle ultime settimane fino alle immagini di una città in fuga nel terrore di ritorsioni e della restaurazione dell’oscurantismo è importante: con le armi non si avviamo processi di cambiamento sociale e culturale. Ma non è la priorità in questo momento. Prima vengono le vite delle persone a cui deve essere permesso, come loro diritto, di uscire dal Paese e di essere accolti come rifugiati. Il Coordinamento donne delle Acli chiede inoltre che venga posta attenzione sulla condizione delle donne che rischiano, con l’arrivo dei talebani, di perdere tutte le conquiste degli ultimi anni.

Il richiamo all’Europa e, più in generale, alla comunità internazionale di farsi carico dei rifugiati afgani è lo stesso che da troppo tempo facciamo per le situazioni disumane per le persone che si trovano a Lipa, a Lesbo che chiedono umanità e accoglienza.

Quello che sta succedendo in Afghanistan deve smuovere le coscienze di tutti, a partire dalle istituzioni europee, e spingerci prima di tutto a garantire dei corridoi umanitari per salvare più vite possibile e per garantire un futuro alle donne e agli uomini di una terra martoriata. Solo dopo verrà il momento di capire quali siano state le responsabilità e soprattutto quali azioni mettere in campo perché nel nuovo Afghanistan si rispettino i diritti umani.

Il ritiro della presenza militare occidentale in Afghanistan, la chiusura delle sedi diplomatiche dei principali Paesi e la presa definitiva del potere da parte dei Talebani sanciscono il dramma di un popolo abbandonato a se stesso. L’occidente esce a pezzi dal ritiro, e occorrerà fare una seria e partecipata valutazione sugli errori di questo ventennio. Ma in questo frangente l’urgenza è umanitaria, si tratta di salvare persone in fuga. In queste ore, il ministero della Difesa e il governo italiano tutto sono impegnati a evacuare chi ha lavorato con l’Italia e le loro famiglie. E’ un dovere morale aiutare chi ci ha aiutato, e il governo è impegnato a fare fronte a questa responsabilità.

E’ evidente però che il rischio di ritorsioni, vendette, discriminazioni non è limitato solo a chi in questi anni ha lavorato con gli alleati della NATO: oggi a rischio sono i principali oppositori del regime totalitario e del pensiero integralista dei talebani, le donne, le minoranze e le voci libere della società civile e del giornalismo, chi ha lavorato per un’Afghanistan diverso nelle scuole, nella sanità, nella società. L’attenzione del nostro paese e dell’Europa verso l’Afghanistan non può essere condizionata dalla fine della presenza militare internazionale.

Chiediamo che l’Italia e l’Europa si impegnino per una evacuazione immediata senza esclusioni, accogliendo subito tutti quelli che scappano dai talebani: le donne single o sole con figli, le ragazze e persone LGBT+, le attiviste e attivisti per i diritti umani, le giornaliste e i giornalisti, gli insegnanti, gli studenti, le operatrici e gli operatori sanitari e sociali e chi ha lavorato in programmi umanitari e di sviluppo con le organizzazioni internazionali. Per tutte queste persone c’è la possibilità di sfuggire ora alle violenze che le attendono in un regime integralista e intollerante. Oltre al lavoro prezioso e serio che il ministero della Difesa sta facendo in queste ore per portare in salvo chi ha collaborato con le istituzioni e le realtà italiane, va organizzata l’evacuazione immediata di chi è in serio pericolo. Tra qualche settimana potrebbe non essere più possibile.

L’Europa e l’Italia si preparino per una politica di corridoi umanitari nei confronti dei rifugiati provenienti dall’Afghanistan, cioè per accogliere con generosità chi nei prossimi mesi arriverà, dall’Afghanistan e via terra.

L’Europa dovrà essere anche pronta per aiutare i paesi vicini che saranno investiti da ondate di profughi. Sarebbe vergognoso se alcuni paesi europei riproponessero atteggiamenti carichi di egoismo e indifferenza opponendosi al dovere di accogliere i profughi afghani.

 

E’ cruciale che l’Italia mantenga un presidio diplomatico per facilitare le richieste di asilo dei cittadini e delle cittadine afghane. La sua chiusura significherebbe una sconfitta e l’abbandono di chi ha bisogno di veder protetta la personale incolumità e quella dei propri cari.

Contemporaneamente, l’Italia e l’Europa devono continuare a investire risorse per programmi per la società civile afghana e per tutte le cittadine e i cittadini afghani che resteranno nel proprio paese correndo il rischio di essere vittime di violenza e discriminazioni. E’ fondamentale farlo insieme a tutte le ong italiane impegnate da anni nel Paese».

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