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Verso le elezioni: su

Verso le elezioni: su "Famiglia Cristiana" l'analisi di Francesco Occhetta

Sul nuovo numero di Famiglia Cristiana, Stefano Stimamiglio intervista p. Francesco Occhetta, gesuita e notista politico, docente di Scienze sociali e Dottrina sociale alla Pontificia Università Gregoriana di Roma e fondatore del percorso di formazione politica “Comunità di connessioni”. L’occasione è l’imminente tornata elettorale che porterà all’elezione di oltre 1.000 sindaci di città piccole e grandi e del nuovo governo regionale calabrese. Il tema sottotraccia, invece, è la qualità e la motivazione della nuova classe politica che si affaccia all’appuntamento di ottobre. In particolare della classe politica che si definisce cattolica.

Tre le sfide che dovranno affrontare i sindaci, secondo Occhetta: «L’inclusione con le diverse culture presenti»; «la qualità della vita, che include la sicurezza»; «gli spazi sostenibili ed ecologici». Tre sono anche le grandi sfide della politica dei Comuni: innanzitutto l’astensionismo che, dice il politologo, «nel mondo cattolico tocca un elettore su due che partecipa alla Messa della domenica»; «l’incomunicabilità tra centro e periferia»; «infine, il rischio di alleanze elettorali».

L’intervistatore conduce poi la conversazione sullo spinoso tema della presenza cattolica in politica: oggi, però, spiega Occhetta, i candidati provengono più dalla società civile laica e meno dall’associazionismo cattolico, dalle parrocchie o dalle diocesi. «I criteri di appartenenza e di scelta sono cambiati, il credente impegnato è lievito di processi su cui basa programmi umani e solidali. È dai frutti che si riconoscono i cattolici, non dalle intenzioni o dalle dichiarazioni». Essere cattolico, sembra suggerire in conclusione Occhetta, è più una questione di metodo che di merito: essere cattolico è dunque irrilevante nella scelta del candidato, tanto che i “cattolici” sono sparsi su tutto l’arco parlamentare, mentre può essere un valore aggiunto per le competenze acquisite in ambito sociale e nei processi di mediazione: «Essere enzimi per aiutare tutti ad ascoltare, discernere, realizzare e tenere insieme. Le parole in politica bastano per dividerci, i fatti invece servono per unirci».

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