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Shireen Abu Akleh, giornalista «scomoda», vittima dell'inerzia internazionale

Shireen Abu Akleh, giornalista «scomoda», vittima dell'inerzia internazionale

51 anni, originaria di Beit Hanina a Gerusalemme, corrispondente di Al Jazeera nei Territori occupati della Cisgiordania, Shireen Abu Akleh è stata raggiunta da un proiettile in pieno volto mentre documentava l’intervento militare nel campo profughi di Jenin, condotto dall’esercito israeliano ufficialmente per arrestare «presunti terroristi» responsabili di recenti attacchi contro Israele. Insieme a lei è stato colpito alla schiena anche il collega Ali al Samoudi, ora è in condizioni stabili.

Le misure di sicurezza (elmetto e giubbotto antiproiettile) non sono state sufficienti a proteggerla, bersaglio nonostante la scritta “Press” sulla pettorina. In epoca di social media, le immagini e i video del suo corpo riverso in terra hanno fatto il giro del mondo, suscitando indignazione e costringendo anche alleati storici di Israele – abituati a chiudere un occhio sulle violazioni perpetrate contro i palestinesi – a prendere posizione e a chiedere di indagare sui drammatici fatti.

Al Jazeera non sembra avere dubbi e punta il dito sull’esercito dell’occupante, ma il premier Israeliano Naftali Bennetl respinge le accuse, parlando di una «probabile» responsabilità delle forze palestinesi che in quel momento sparavano all’impazzata.

Intanto, anche in Italia non sembrano esserci grossi dubbi sulle responsabilità dell'assassinio. Il Manifesto titola oggi in prima pagina "Giornalista uccisa: «È stato Israele»". La Stampa, altro quotidiano che oggi riporta la notizia in prima pagina, titola: "Gli scontri in Palestina. 'Shereen, cronista uccisa dagli israeliani'". Articolo 21 afferma che Shireen è stata «uccisa perché testimone scomodo di un conflitto dimenticato». Secondo il noto giornalista Gad Lerner, l'omicidio della cronista «è solo uno dei tanti delitti di cui si macchia la democrazia israeliana a causa dell'occupazione militare dei territori palestinesi in atto da oltre mezzo secolo. Un'ingiustizia che reca disonore a chi finge di ignorarla».

Tra gli altri, sull’omicidio della giornalista palestinese, ha preso posizione anche Flavio Lotti, coordinatore del Comitato Promotore della Marcia PerugiAssisi. In una nota diramata questa mattina Lotti afferma: «Ieri in Palestina è stata uccisa una donna, una giornalista. Si chiamava Shireen Abu Akleh. In quella terra abbandonata ad una occupazione militare che continua da 55 anni (per alcuni da 74) succede molto spesso. Ieri anche i nostri TG sono stati costretti a darne conto perché questa donna palestinese aveva anche un passaporto americano, aveva una fama internazionale ed era molto stimata. Non voglio commentare. Verrà un giorno in cui i riflettori si spegneranno anche sulla tragedia dell’Ucraina come li hanno spenti sulla tragedia del popolo palestinese e di tanti altri popoli martoriati. E allora altri capiranno cosa vuol dire Papa Francesco quando parla della globalizzazione dell’indifferenza, di cuori induriti e della nostra inerzia complice di fronte alla violenza che impazza nel mondo. Ieri, io mi sono vergognato per come è stata “trattata” l’uccisione di questa donna della Terra Santa che faceva, con il coraggio della gentilezza, da “scorta mediatica” al suo popolo. 78 giorni di “full immersion” nelle atrocità dell’Ucraina non hanno scalfito la coscienza impietrita dei manipolatori dell’informazione. Nessuna sorpresa. Solo vergogna».


* In copertina il disegno di Disegno di Raouf Karray ad accompagnamento della nota del Comitato Promotora della Marcia PerugiAssisi.

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