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Vetero-cattolici: caro papa, facciamo chiarezza, non siamo noi gli

Vetero-cattolici: caro papa, facciamo chiarezza, non siamo noi gli "indietristi"

Ma con chi ce l’aveva papa Francesco quando, il 24 novembre, incontrando i membri della Commissione Teologica Internazionale e sollecitandoli a una «fedeltà creativa alla Tradizione», ha parlato del rischio di «indietrismo» (proprio l’andare indietro) che, ritiene, si vive attualmente?

Presumibile parlasse di quei settori della Chiesa Romana che contestano in maniera faziosa il Concilio Vaticano II, ma forse non solo, perché ha anche detto: «Penso – per fare un riferimento storico – a qualche movimento nato alla fine del Vaticano I, cercando di essere fedeli alla tradizione, e così oggi si sviluppano in modo da ordinare donne, e altre cose, fuori da questa direzione verticale, dove cresce, la coscienza morale cresce, la coscienza della fede cresce».

La Chiesa cristiana vetero-cattolica e la Chiesa cristiana vetero-cattolica indipendente, al “sospetto” di essere annoverate tra gli “indietristi”, si sono sentite punte sul vivo. Sicché il 29 novembre hanno emesso un comunicato – firmato da dalla vescova vetero-cattolica Teodora Tosatti e dal vescovo vetero-cattolico indipendente Giacomo Motta, don l’adesione del vescovo della Chiesa Protestante Unita Andrea Panerini – in cui «in piena comunione di fede e sacramenti, esprimono il proprio sconcerto in ordine alle nuove dichiarazioni di Papa Francesco, che – pur non nominando esplicitamente il vetero-cattolicesimo - fanno ad esso aperta allusione».

È dunque il caso di mettere i puntini sulle i. Dopo aver ricordato i buoni rapporti pregressi con papa Francesco, i firmatari intervengono con «precisazioni storiche ed ecclesiologiche che si speravano acquisite» ma che, a quanto pare, si rendono necessarie. Questo scrivono:

 

«1) Il movimento vetero-cattolico è sorto ben prima del Concilio Vaticano I, e in nessun modo può essere inteso come un ‘passo indietro’ o una battuta d’arresto nello sviluppo della tradizione.

Come ogni movimento di ritorno alle fonti, esso rappresenta invece un superamento di posizioni sclerotizzate, e di fatto ha anticipato e dato linfa a molte innovazioni del Concilio Vaticano II, soprattutto in campo ecclesiologico (la riscoperta della sinodalità) e liturgico: il nostro Messale fu studiato da diversi padri conciliari e il Messale cattolico-romano ne ha adottato importanti scelte, cominciando dalla lingua volgare.

2) L'ordinazione femminile è nuovamente spacciata come segno della perversione della tradizione, mentre è il frutto della ricerca esegetica sul Nuovo Testamento e sulle antiche fonti storiche cristiane; liquidarla con una battuta non è rispettoso né del dialogo ecumenico né delle Chiese che la praticano.

Sarebbe da ricordare piuttosto il responso della Pontificia Commissione Biblica, presieduta dal Prefetto per la dottrina della fede, che già nell'aprile del 1976 dichiarava che le Scritture non escludono il ministero ordinato femminile, e che consentirlo non trasgredirebbe il piano di Dio, responso che non fu pubblicato in Italia (pare su divieto di Paolo VI) e di cui non si tenne conto  nei successivi documenti, che si limitarono a ribadire allegramente i vecchi luoghi comuni.

3) Non appare chiaro a quali ‘altre cose’ si alluda… forse ad alcune nostre posizioni in campo etico. Di certo, considerarci fuori dallo sviluppo della coscienza morale e della fede

riflette l’atteggiamento – esiziale per l’ecumenismo – per cui si smette di ascoltare e rispettare le altre Chiese e ci si chiude apoditticamente nel proprio sistema dottrinale.

Di conseguenza, le nostre Chiese:

a) Invitano la Chiesa di Roma a evitare di denigrarci come espressione di conservatorismo dalle dubbie derive, anche se con ciò si tende in realtà a far riflettere su posizioni retrograde al suo interno.

A nostro avviso il Pontefice romano sembra non distinguere tra consuetudine, che diventa immobilismo, e fedeltà al patrimonio di fede originario, la cui ricchezza richiede continuo approfondimento e conseguente concretizzazione con aderenza ai bisogni della realtà attuale.

I Vetero- cattolici si pongono su quest'ultimo versante, quello dell'aderenza alla fede accolta dalla comunità cristiana delle origini e del continuo suo approfondimento, che deve concretizzarsi accogliendo quei 'segni dei tempi' di cui tanto parla il Concilio Vaticano II

b) Ribadiscono l’attualità e la validità della loro opposizione ai dogmi promulgati dal Concilio Vaticano I, e la necessità sul piano ecumenico e pastorale di un cattolicesimo alternativo, non vincolato a posizioni infallibilistiche.

c) Riaffermano la comune volontà di costituire istanza di rinnovamento all’interno dell’espressione cattolica del cristianesimo e la loro disponibilità ad ascolto, dialogo, comprensione e rispetto reciproco, per un concreto aiuto fraterno nella continua conversione a Cristo e per la collaborazione nell’evangelizzazione.

Auspicando una rinnovata intesa fra le nostre diverse Chiese, vi assicuriamo la nostra preghiera».

*Cartolina fotografica della chiesa parrocchiale vetro-cattolica di Gablonz an der Neisse (Repubblica Ceca).Foto di dominio pubblico

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