
Zelensky sì, Zelensky no. A Sanremo risuoni il ripudio costituzionale della guerra
La presenza, anche solo in video, del presidente Ucraino all’Artiston ha fatto molto discutere negli ultimi giorni. Sta di fatto che, in questa edizione 2023, la guerra che imperversa da quasi un anno in Ucraina approderà a Sanremo, evento musicale italiano “pop” per eccellenza.
«Noi ci auguriamo che si sappia andare al di là della “spettacolarizzazione” della guerra e auspichiamo che a prevalere sia la ricerca della pace, bene che tutti in questo momento desideriamo e da mesi invochiamo a gran voce». Questo l’auspicio della società civile pacifista che in una nota diffusa oggi da Rete Pace e Disarmo, chiede agli organizzatori di portare al Festival la denuncia delle colpe e delle «violazioni al diritto internazionale» commesse dalla Russia di Putin, il «sostegno solidale al popolo ucraino colpito e ferito», ma anche «una testimonianza che porti alla luce l’impegno e le scelte civili e nonviolente che contribuiscono a costruire la pace: l’accoglienza dei profughi, l’assistenza umanitaria, le missioni di pace in Ucraina con le carovane di #StopTheWarNow, la Campagna di Obiezione alla guerra con il sostegno ai pacifisti russi e ucraini, agli obiettori di coscienza ed il Servizio Civile Universale in Italia e all’estero con i Corpi civili di pace».
Il segnale che viene dal palco dell’Ariston dovrebbe essere in linea con con quello emerso dalla piazza di Roma il 5 novembre scorso: un netto ripudio della guerra e il rifiuto, come insegna anche la nostra Costituzione, che le contese internazionali possano risolversi con i conflitti armati.
Algi organizzatori di Sanremo la società civile suggerisce di «dare voce all’azione civile, umanitaria, nonviolenta quale terreno di semina quotidiana della politica di pace; bisogna far conoscere i costruttori e le costruttrici di pace»: i volontari e le volontarie del Servizio Civile, gli oppositori della guerra perseguitati in Russia, Bielorussia e Ucraina, i volontari impegnati nell’accoglienza dei profughi. «Dare voce e spazio a queste testimonianze significherebbe portare lo spirito della nostra Costituzione dentro il Festival di Sanremo: l’Italia che ripudia la guerra».
Mentre i media italiani continuano a fare da cassa di risonanza alla logica delle armi e alle immagini di morte, «il pubblico di Sanremo ha diritto di sentire invece le parole “pace, pace, pace”, pronunciate da chi agisce concretamente per una soluzione del conflitto che lasci intravvedere un futuro di convivenza tra i popoli. La musica deve unire, non dividere. Il Festival sia un ponte su cui transita la pace».
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