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Macrico: la “rigenerazione urbana” fra vaghezza e mancate risposte

Macrico: la “rigenerazione urbana” fra vaghezza e mancate risposte

Tratto da: Adista Notizie n° 20 del 10/06/2023

41488 CASERTA-ADISTA. Botta e risposta fra Comitato Macrico Verde, Fondazione “Casa Fratelli tutti” e Istituto diocesano per il sostentamento del clero (Idcs) sull’ex Macrico, l’area di quasi 33 ettari nel cuore di Caserta di proprietà della diocesi, da oltre vent’anni al centro di una contesa fra chi vorrebbe renderlo totalmente inedificabile e restituirlo agli abitanti della città come parco pubblico e chi invece immagina dei progetti di riqualificazione che prevedono anche diverse migliaia di metri cubi di cemento (v. Adista Notizie n. 15/23). Dalle risposte fornite dall’attuale proprietà (l’Idsc) e dal possibile acquirente (la Fondazione “Casa Fratelli tutti”) alle domande del Comitato Macrico Verde tuttavia non si capisce ancora quale sarà il destino dell’ex Magazzino Centrale Ricambi Mezzi Corazzati (appunto il Macrico). E gli attivisti del comitato temono che il progetto di «rigenerazione urbana» del Macrico, benedetto dal Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, possa far rientrare dalla finestra quel cemento che per oltre vent’anni è stato tenuto fuori dalla porta, anche per la ferma opposizione dell’ex vescovo di Caserta, mons. Raffaele Nogaro, ora in pensione.

Come riportato da Adista, l’Istituto sostentamento del clero di Caserta lo scorso 8 marzo ha infatti ricevuto una proposta di acquisto da parte della fondazione “Casa Fratelli Tutti” – un ente ad hoc creato dalla stessa diocesi –, la quale rileverebbe l’intera area del Macrico per 99 anni (con il «diritto di fare costruzioni al di sopra di tutte le aree») alla cifra di 999mila euro, per realizzare in essa un progetto di «rigenerazione urbana» ideato dallo studio internazionale di architettura e urbanistica Alvisi Kirimoto e dal LabGov della LuissGuido Carli (l’università di Confindustria): cioè la creazione di un «parco per l’innovazione» che prevede la realizzazione nell’area di impianti e attrezzature sportive, laboratori per la ricerca, la formazione e l’innovazione, incubatori per imprese green, «luoghi per la produzione», spazi espositivi e per eventi musicali, un «collaboratorio per lo sviluppo umano integrale» e uno «per la biodiversità» e un parco naturale, collegati fra di loro e alla città con diverse strade carrabili che attraverserebbero l’area.

Tre quesiti

Il progetto doveva essere presentato in maniera dettagliata a inizio maggio, ma finora tutto ancora tace. Segno, quindi, di qualche intoppo – sull’area esiste un vincolo posto dalla Soprintendenza e dalla Direzione regionale per i Beni culturali e paesaggistici della Campania che mal si concilia con il progetto di «rigenerazione» – o di qualche modifica. È per questo che il Comitato Macrico Verde ha deciso di rivolgersi direttamente al vescovo di Caserta, mons. Pietro Lagnese, ponendo tre quesiti: è vero che «l’Istituto centrale sostentamento clero proprietario dell’area Macrico» ha «ceduto alla diocesi il compito di vendere l’area o porzioni di essa a privati o enti pubblici»? È vero che si sta «riproponendo quella lottizzazione dell’area come si rischiò che avvenisse nella metà degli anni ‘90» oppure la realizzazione di «un progetto molto simile ai tre che nel corso di questi 22 anni siamo riusciti a bloccare e che sono fortunatamente miseramente falliti»? È fondata l’indiscrezione secondo la quale si stanno esercitando «azioni e pressioni per la rimozione dei vincoli apposti sull’area», che peraltro in passato l’Idsc tentò di far rimuovere, senza successo, per via amministrativa? Domande rivolte al vescovo anche per incoraggiarlo a rilanciare la petizione che egli stesso firmò tempo fa: ovvero la richiesta che il Comune di Caserta classifichi l’area ex Macrico come F2, cioè destinazione urbanistica verde pubblico, totalmente inedificabile.

La diocesi: nessuna cementificazione, state tranquilli!

La risposta di mons. Lagnese non si è fatta attendere, sebbene risulti piuttosto generica: «È mia volontà», ha assicurato il vescovo, «operare per il bene esclusivo della città e del nostro territorio. Sono convinto che Caserta non ha bisogno di cemento ma di tutt’altro! Potete perciò stare tranquilli!». Ha però poi affidato al proprio vicario, mons. Giovanni Vella (che è anche presidente della fondazione “Casa Fratelli tutti”), e don Antonello Giannotti (presidente dell’Idsc) – quindi rispettivamente l’acquirente e il venditore dell’ex Macrico – una risposta maggiormente dettagliata. «Abbiamo più volte chiarito che la Chiesa di Caserta non avrebbe lasciato spazio a cementificazioni e attività speculative sull’area», scrivono i due, precisando che voci contrarie rappresentano solo «illazioni» e «fantasie» che, in quanto tali, «non avrebbero neppure bisogno di essere smentite!». Pertanto «non ci saranno nuove edificazioni o ulteriore cementificazione, anzi gran parte del cemento presente sulle superfici dovrà essere eliminato e trasformato a verde, tutto a beneficio della salubrità ambientale. Non ci saranno attraversamenti di strade carrabili. Il progetto osserverà fedelmente il vincolo e le direttive della Soprintendenza. Gli edifici in muratura presenti nell’area non possono essere demoliti perché tutelati, pertanto, potranno, anzi dovranno, essere recuperati e restaurati e di conseguenza inclusi nelle funzioni del parco». L’idea alla base del progetto è quella di «dare risposte concrete al bisogno di spazi verdi, accessibili, attrezzati e organizzati secondo i criteri della sostenibilità ambientale; nello stesso tempo, far diventare l’area un polo multifunzionale a destinazione sociale e culturale». Per quando riguarda la questione della qualifica urbanistica dell’area nella categoria F2, «confermiamo la nostra posizione già espressa attraverso la sottoscrizione della vostra petizione da parte della diocesi». Però «non intendiamo fermare il processo in atto soltanto perché il Comune non ritiene di formalizzare una precisa qualifica urbanistica dell’area. Non possiamo più aspettare: la Città non capirebbe questo ulteriore ritardo». Quindi il programma di «rigenerazione urbana» andrà avanti. Concludono Vella e Giannotti: «Sentiamo la necessità di invitarvi a lavorare insieme in modo che si instauri tra la proprietà, gli enti pubblici, le imprese, le associazioni e i cittadini, un clima di fiducia reciproco che lasci fuori dalla porta il conflitto e quella “cultura del sospetto” di cui tante volte parla papa Francesco».

Ma c’è già il progetto del nuovo stadio del tennis

Dichiarazione rassicuranti, che però non convincono Maria Carmela Caiola, architetta e rappresentante del Comitato Macrico Verde: «Se tutti siamo d’accordo sulla classificazione F2 dell’area, come mai il Comune avrebbe concordato con la diocesi un progetto da sottoporre al Consiglio? Se è scontato che la zona diventerà F2, tutto questo diventa inutile. Inoltre come mai sono stati chiamati i progettisti da Milano per realizzare un semplice recupero dell’area verde e degli edifici che possono essere riqualificati? Le domande purtroppo permangono, e non si tratta di cultura del sospetto ma della nostra esperienza nella storia urbanistica di Caserta degli ultimi cinquanta anni».

Un esempio concreto dei rischi paventati da Caiola è rappresentato dal fatto che all’interno dell’ex Macrico potrebbe essere costruito il nuovo circolo del tennis – per cui è già pronto un milione di euro – che dovrebbe essere sfrattato dall’attuale collocazione per fare posto al nuovo stadio “Alberto Pinto”, dove attualmente gioca la Casertana calcio. L’annuncio lo hanno dato l’assessora al bilancio e allo sport di Caserta, Gerardina Martino, e il presidente del Tennis club di Caserta, Fabio Provitera, fra l’altro fratello del notaio Paolo Provitera, che siede nel Consiglio di amministrazione della fondazione “Casa Fratelli tutti”, ovvero il possibile acquirente dell’ex Macrico. «Tutti facciamo il tifo per il trasferimento nell’area Macrico», ha dichiarato il delegato provinciale del Coni Michele De Simone alla conferenza stampa di presentazione della 34ma edizione degli “Internazionali Femminili di Tennis Città di Caserta”, trofeo con montepremi da sessantamila euro che si svolgono a Caserta dal 4 all’11 giugno. «Proposi io stesso il passaggio all’interno del parco e spero che, non l’anno prossimo ma nel 2025, si possa organizzare lì questo torneo». Si tratterebbe quindi non solo di nuove costruzioni all’interno dell’ex Macrico – perché, ovviamente, non si parla solo di qualche campetto in terra battuta, ma di un vero e proprio stadio del tennis con spalti per il pubblico, spogliatoi, servizi vari e magari anche parcheggi – ma di una privatizzazione di fatto di parte dell’area, perché il Circolo del tennis è una struttura privata.

Alle domande di Adista nessuna risposta, ma un buon caffè

Anche Adista ha provato a fare alcune domande ai diretti interessati, ricevendo una risposta, molti silenzi, qualche irritazione e un invito a Caserta a «prendere un caffè».

L’unica risposta è quella dell’Istituto centrale per il sostentamento dei clero, presso la Conferenza episcopale italiana. «Dopo aver sentito l’Istituto centrale posso confermare che tutto sta procedendo regolarmente. Non ci sono stati pareri sfavorevoli da parte dell’Istituto», ci ha spiegato Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Cei, interpellato sull’iter della vendita dell’area ex Macrico da parte dell’Idsc di Caserta. I silenzi sono quelli del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo umano integrale, guidato dal cardinale gesuita Michael Czerny (prefetto) e dalla religiosa Figlia di Maria ausiliatrice Alessandra Smerilli (segretaria), che non hanno risposto alle nostre domande sulla ragioni per cui il Dicastero avesse concesso il proprio patrocinio a un progetto dai contorni quanto meno vaghi. E anche del vescovo di Caserta Lagnese e del presidente dell’Idsc Giannotti, i quali non hanno risposto alle nostre numerose telefonate. È restato in silenzio anche il segretario generale della Fondazione “Casa Fratelli tutti”, Elpidio Pota, che ha risposto al telefono solo per dire che non era autorizzato a rilasciare dichiarazioni (circostanza curiosa dal momento che si tratta del numero due della fondazione). Ha risposto invece manifestando un po’ di irritazione il presidente della Fondazione, mons. Vella, che ha accusato Adista di «scrivere cose a casaccio» (con riferimento ai pezzi pubblicati su Adista n. 15/23). Alla nostra sollecitazione di correggere le presunte false informazioni però mons. Vella non ha voluto dire nulla – anche perché evidentemente non c’era nulla da rettificare –, ma ci ha invitati a Caserta per parlare direttamente, «mentre si beve un caffè». 

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