
In aumento la persecuzione delle minoranze cristiane nel mondo: il Rapporto ACS
In una nota diffusa il 22 giugno scorso, la fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che Soffre” (ACS), che si occupa di sostegno alle minoranze cristiane perseguitate o minacciate, presenta la XVI edizione del “Rapporto sulla libertà religiosa nel mondo”, che ogni due anni diffonde un quadro globale sullo stato di salute del diritto fondamentale alla libertà religiosa, sancito dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani.
«Il diritto umano fondamentale alla libertà di religione è violato in un Paese su tre (31%), vale a dire in 61 nazioni su 196», spiega ACS ricordando che il 62% della popolazione mondiale abita in Paesi «in cui la libertà religiosa è fortemente limitata».
ACS denuncia anche un trend negativo in crescita: «La persecuzione in odio alla fede è complessivamente peggiorata, e l'impunità dei persecutori è più diffusa». Non si tratta solo di organizzazioni criminali o terroriste: in 49 Paesi sui 61 in cui sono registrate violazioni, è lo stesso «governo che perseguita i propri cittadini per motivi religiosi, con scarsa reazione da parte della comunità internazionale».
Maglia nera spetta, ancora una volta, all’Africa, «il continente più violento, con un aumento degli attacchi jihadisti che rende ancora più allarmante la situazione della libertà religiosa. Quasi la metà dei “Paesi caldi” presenti nel planisfero del Rapporto, cioè 13 su 28, sono in Africa». Ad allarmare, in Africa, è il dilagare dello jihadismo nel Sahel, in Ciad, In Mozambico e in Somalia.
Afferma Regina Lynch, presidente esecutiva di ACS Internazionale, che obiettivo fondamentale del Rapporto è «motivare le persone a impegnarsi e ad aiutare coloro che soffrono persecuzioni religiose attraverso la preghiera, la condivisione di informazioni, la difesa delle vittime e il coinvolgimento dei politici».
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