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Nature Restoration Law: lobby e destre in guerra con la natura?

Nature Restoration Law: lobby e destre in guerra con la natura?

Sotto la forte pressione delle lobby della pesca, dell’agricoltura e della silvicultura, la Commissione Ambiente (ENVI) del Parlamento Europeo – con 44 voti favorevoli e 44 contrari – non ha approvato il testo emendato del Nature Restoration Law, il regolamento europeo che intende obbligare gli Stati a presentare piani di ripristino del 20% degli ecosistemi ambientali degradati (marini, terrestri, agricoli e urbani) entro il 2030. Nella settimana del 10 luglio la plenaria del Parlamento Europeo si troverà così costretta a discutere e poi votare in via definitiva il testo originario, ben più ambizioso di quello edulcorato dai numerosi emendamenti, della normativa, componente cruciale della strategia UE per la biodiversità nell’ambito del Green Deal.

«Questa legge potrebbe essere davvero un punto di svolta per la natura, per il clima e per l’economia, anche alla luce degli ultimi disastri ambientali che abbiamo vissuto in prima persona», ha spiegato a Linkiesta (sezione Greenkiesta) Carlotta Bianchi (responsabile relazioni istituzionali di WWF Italia). «Uno dei problemi principali è la confusione che si fa tra ripristino e protezione della natura. Non sono due concetti equivalenti: moltissimi ecosistemi possono essere ripristinati passivamente, lasciando l’ecosistema a se stesso, a differenza per esempio della rimozione delle barriere sui fiumi, che necessitano invece di interventi attivi».

In pratica, spiega Alberto Cantoni de Linkiesta, «le azioni concrete» da mettere in campo dopo l’eventuale approvazione della legge, «includerebbero la piantumazione di alberi, l’apicoltura per l’inversione del declino del numero di insetti impollinatori, la riumidificazione delle torbiere prosciugate e l’espansione degli spazi verdi all’interno delle aree urbane. Azioni che porterebbero benefici reali e tangibili, utili a contrastare la condizione di degrado progressivo che pone a rischio la sopravvivenza di diverse specie animali e vegetali in tutto il continente, Italia compresa».

l’articolo punta il dito sul PPE, responsabile anche nella seduta del 15 giugno di aver fatto «naufragare l’approvazione» della Nature Restoration Law: il Partito Popolare Europeo, «oltre ad essersi opposto fermamente in sede plenaria, aveva lanciato una campagna allarmista, spinta dalle pressioni di associazioni di categoria contrarie al provvedimento».

Alla vigilia del voto di ieri, il numero uno del PPE il capo del Ppe Manfred Weber aveva espresso a Politico, le sue preoccupazioni sul rischio di un aumento dei prezzi dei prodotti alimentari a seguito del varo della legge, mettendo a rischio la sussistenza degli agricoltori e le forniture alimentari in tempo di guerra. «Non è il momento giusto per far passare una legge che porterà a una minore produzione (di cibo, ndr). Il Ppe voterà contro il disegno di legge, abbiamo bisogno di una nuova proposta per affrontare le preoccupazioni».

Spiega Greenkiesta che le lobby dell’agricoltura sono fortemente preoccupate che la legge possa sottrarre loro spazio coltivabile da restituire alla natura e per questo avrebbero (con successo) esercitato pressioni per ottenere il voto contrario del PPE.

«C’è stata una grandissima disinformazione da parte delle lobby agricole europee a proposito dell’obiettivo di allocare almeno il dieci per cento di terreni agricoli a elementi paesaggistici ad alta diversità», ha spiegato Carlotta Bianchi a Linkiesta. «Osteggiare questo tipo di leggi è un trend che stiamo osservando sia a livello internazionale che a livello europeo. Per questo siamo parecchio preoccupati per quanto riguarda anche il futuro del Green Deal in vista delle elezioni 2024».


* Foto di MabelAmber, tratta da Pixabay. Immagine originale e licenza.

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