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Palestina: la pace giusta non si fa coltivando rabbia. Appello dell'Arci

Palestina: la pace giusta non si fa coltivando rabbia. Appello dell'Arci

«Terra Vita Libertà per due popoli e due Stati» invoca l’Arci, associazione «da sempre mobilitata per una pace giusta e duratura in Palestina e Israele». In un appello del 9 ottobre, l’associazione ricorda che «questa sofferenza non è nuova ma si protrae da decenni» e «che in quella terra ci sono milioni di persone che non hanno mai conosciuto la pace».

E così, le vittime di oggi si aggiungono alle vittime, invisibili, «che ogni anno provoca l’occupazione illegale dei territori palestinesi e il crudele assedio della Striscia di Gaza». Questo conflitto non fa che risvegliare la comunità internazionale «da un sonno colpevole», «che ha fatto cancellare il processo di pace per “due popoli e due Stati”, che ha in questi anni giustificato l’assedio di Gaza, l’occupazione illegale di Gerusalemme Est, il propagarsi inarrestabile delle colonie in Cisgiordania, gli arresti illegali, le morti impunite e la violenza».

Commenta l’Arci: «Coltivare rabbia, miseria, violenza, limitazione delle libertà e dei diritti in milioni di persone innocenti non porta alla pace e alla sicurezza: al contrario nutre la barbarie, la violenza, l’insicurezza. E produce frutti avvelenati».

A pagare il prezzo più alto dell’escalation di violenza sarà ancora una volta la popolazione di Gaza, anche quella che con Hamas non ha nulla a che fare. L’Arci si dice preoccupata per l’immane disparità delle potenze in campo e per la «rappresaglia israeliana» che sicuramente si abbatterà sui civili nella Striscia di Gaza, «intrappolati come sono in un assedio senza vie di fuga». L'associazione è anche preoccupata anche per l’inevitabile ribollire delle tensioni regionali che il conflitto potrebbe acuire, coinvolgendo Paesi ed eserciti vicini.

Dopo anni di silenzi colpevoli l’Arci chiede ora alla comunità internazionale, Italia compresa, «di fare l’impossibile perché tacciano le armi subito, per evitare nuove vittime civili, per impedire l’escalation del conflitto e la sua internazionalizzazione». Chiede di «far ripartire un negoziato vero per un vero processo di pace fondato sui diritti inalienabili dei due popoli alla terra, alla vita, alla libertà». «Perché la pace sia duratura occorre che prima di tutto sia giusta, e che i processi di pacificazione, anche nei momenti più tragici, siano immaginati partecipati dalle comunità». Occorre innanzitutto che le risoluzioni Onu siano rispettate, senza limitazioni e senza opposizione.

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