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Il parroco di Gaza:

Il parroco di Gaza: "il papa ci telefona spesso e manifesta la sua vicinanza"

Non può stupire che papa Francesco sia molto preoccupato per quanto sta avvenendo nella striscia di Gaza dopo l’improvviso violento attacco di Hamas a Israele e la risposta di quest’ultimo che sta intervenendo, non solo bombardando e programmando una diffusa operazione via terra, ma cercando quantomeno di affamare l’intera popolazione palestinese lì residente tagliando luce e gas e chiudendo tutte le vie di rifornimento.

Il pontefice si tiene perciò in contatto con il parroco della Striscia, p. Gabriel Romanelli, attualmente a Betlemme dove si trovava al momento dell’operazione di Hamas e non potendo tornare alla sua parrocchia, con la quale è tuttavia in contatto continuo. È p. Romanelli a raccontare delle telefonate che riceve da Francesco in un’intervista a Vatican News (10 ottobre).

«Il Papa mi ha chiamato pochi minuti fa, ha manifestato la vicinanza e la sua preghiera», dice. «Noi lo abbiamo ringraziato per il suo appello al cessate il fuoco e contro ogni violenza, ogni terrorismo e ogni guerra», e «adesso – riferisce – stava per chiamare la stessa comunità, direttamente il mio vicario» e informarsi sulle «persone che sono rifugiate in parrocchia», che sta ospitando 150 famiglie sfollate.

«La situazione è molto grave – afferma –. Ci sono tantissimi morti e tantissimi feriti»; «i morti, fino a ieri sera erano circa 700 tra cui 140 bambini e secondo il ministero della Sanità della Striscia i feriti sono più di tremila e il 10% sono bambini». «Se poi ci sarà un’invasione terrestre ci saranno veramente macerie», è la sua previsione.

Intanto «l’elettricità è da tre giorni che non c’è. Quello che è rimasto è un po’ di carburante. Noi lo usiamo per ricaricare le batterie, perché non c’è rifornimento di carburante. La crisi di queste cose già esisteva prima di questi avvenimenti – ricorda Romanelli –. Non dimentichiamoci che noi per anni e anni abbiamo avuto quattro ore di elettricità al giorno, ed era una cosa “normale”. Fino ad ora non si sente che manca il cibo o acqua. Ma non so per quanto tempo sarà così. Noi per esempio abbiamo fatto delle scorte, prevedendo sempre dei problemi. Stiamo comprando, o prendendo a credito quello che si trova, perché abbiamo quasi 150 persone da assistere e a cui dare da mangiare, un pasto e qualcosa da bere, un materasso e qualcosa con cui coprirsi. Ma fino a quando sarà possibile non lo so, perché ad ogni bombardamento le persone perdono tutto e hanno bisogno di tutto».

Alla domanda su cosa pensino gli abitanti della Striscia, risponde: «Non parlano perché non credono a nessuno, da una parte e dall’altra del muro. Non dimentichiamoci che la guerra a Gaza è sempre stato un campo di sperimentazione per tanti… Quindi non manifestano le loro opinioni». C’è stato «un momento» in cui «sembrava che le cose andassero per il meglio e mai si sarebbero immaginati tante uccisioni, tante persone private della libertà».

*Bombe su Gaza nel 2009. Foto di Jim Forest tratta da Flickr, immagine originale e licenza

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