Card. Pizzaballa: "Mi offro in cambio dei bambini in ostaggio di Hamas"
Il patriarca di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, si è dichiarato disponibile a offrirsi in cambio dei bambini attualmente nelle mani di Hamas. «Se questo può riportare alla libertà, riportare a casa quei bambini, nessun problema. Da parte mia disponibilità assoluta» ha detto ieri durante un incontro online organizzato con i giornalisti dall’associazione Iscom. Perché «è necessario trovare una via di uscita, trovare un modo di far ritornare gli ostaggi. Dobbiamo farlo. Altrimenti sarà molto difficile fermare questi sviluppi. Noi siamo disponibili, ci possiamo impegnare anche in prima persona, siamo pronti, qualsiasi cosa possa riportare un minimo di calma e di de-escalation, noi siamo pronti». Anche come Santa Sede ci si sta impegnando per «far tornare gli ostaggi». «Si sta cercando», spiega, ma «è molto difficile perché per avere una mediazione bisogna avere degli interlocutori che è molto difficile trovare. Con Hamas non si riesce a parlare».
Invitando a partecipare alla giornata di preghiera e digiuno indetta per oggi, 17 ottobre (il patriarca presiederà un’adorazione eucaristica alle ore 18 nella chiesa pro-cattedrale, in città vecchia) e sostenuta da tutte le Chiese, ammette che neanche l’accordo fra queste è così scontato: «I contatti con altri leader religiosi ci sono – afferma – ma non è il momento di fare iniziative insieme». «Ci parliamo, cerchiamo di sostenerci, di comprendere gli uni le ragioni dell’altro. Perché è importante, in un momento di grande durezza degli animi, cercare di ascoltarsi. È ciò che in questo momento sto cercando di fare, non senza fatica», ammette.
È una «barbarie» quella «commessa sabato scorso da Hamas», ribadisce il patriarca di Gerusalemme, che non può che esprimere i suoi timori per un eventuale attacco via terra di Israele nella Striscia. Il conflitto inoltre potrebbe estendersi e diventare «regionale». E anche qualcosa di più: «Il rischio di trasformare questo conflitto in un conflitto di civiltà c’è. Molti ne parlano. Ovviamente – osserva Pizzaballa – è importante evitare questa chiamata alle armi per uno scontro di civiltà perché non ne verrà fuori niente di buono. La Terra Santa è sempre stata un luogo dove Oriente e Occidente si incontrano e si scontrano, un luogo di frizioni».
La situazione in cui vivono gli abitanti di Gaza è terribile e la crisi umanitaria sarà devastante se l'esercito israeliano entrerà via terra a Gaza: «Cerchiamo di far arrivare attraverso i nostri contatti più materiale possibile: viveri, medicine, acqua, gasolio per i generatori – assicura –. Stiamo vedendo con le varie associazioni umanitarie come cercare di aiutare, stiamo cercando di insistere perché almeno si apra un corridoio umanitario per introdurre i beni di prima necessità». «Siamo esterrefatti», aggiunge: «È difficile trovare spazio per una discussione, non dico serena, ma almeno su base di ragionevolezza. I territori sono ermeticamente chiusi. Ciò che temo è che questo conflitto si allarghi. È una situazione di grande incertezza. È un grande dolore».
*Il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Foto di Giovanni Zennaro tratta da Commons Wikimedia, immagine originale e licenza
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