L'Occidente che esporta democrazia è irrazionale. Papa Francesco nel libro-intervista domani nelle librere
Il caos politico-istituzionale in cui versano molti paesi poveri o del sud del mondo proviene anche «dal fallimento dell’Occidente nel suo tentativo di importare la propria tipologia di democrazia in certi Paesi con una cultura, non dico tribale, ma di stampo simile. Pensiamo alla Libia, che pare possa essere condotta soltanto da personalità molto forti come Gheddafi. Un libico mi ha detto che un tempo avevano un solo Gheddafi, mentre ora ne hanno cinquantatré….».
Sono riflessioni di papa Francesco nel libro-intervista Non sei solo. Sfide, risposte, speranze, realizzato da Francesca Ambrogetti e Sergio Rubin (Salani Editore), in uscita domani, e anticipato oggi da La Stampa.
«La Guerra del Golfo è stata una vera disgrazia, per non dire una delle peggiori crudeltà. Saddam Hussein non era certo un angioletto, anzi, ma l’Iraq era un Paese abbastanza stabile. Attenzione: non sto difendendo Gheddafi o Hussein. Ma che cosa ha lasciato la guerra?», si è chiesto il pontefice.
È convinzione del pontefice che «non dobbiamo esportare la nostra democrazia in altri Paesi, bensì aiutarli a sviluppare un processo di maturazione democratica secondo le loro caratteristiche. Non fare una guerra per importare una democrazia che i loro popoli non sono in grado di assimilare. Ci sono Paesi che hanno un sistema monarchico e che probabilmente non accetteranno mai una democrazia, ma certo si può contribuire a fare in modo che ci sia maggiore partecipazione. In ogni caso, mi ritengo ignorante in quanto a politica internazionale, ma credo che alla base della comparsa dell’ISIS ci sia una sfortunata scelta occidentale».
Un’altra questione sottoposta a Francesco dagli intervistatori è quella del difficile binomio immigrazione-integrazione. L’integrazione «dipende da come viene fatta; dal modo in cui si fomenta la convivenza. Il problema, in Europa, è che in alcune città si formano ghetti di immigrati» e «non è positivo né per loro né per il Paese ospitante. C’è stato un caso di giovani che hanno perpetrato un attentato con decine di morti e feriti. Vivevano in un ghetto che si è trasformato in terreno fertile perché fossero sottoposti a un lavaggio del cervello. Chiediamoci quale futuro può avere un giovane a cui, quando cerca un lavoro, sbattono tutte le porte in faccia per il semplice fatto di avere origini diverse».
Se su un versante «è necessario andare oltre i pregiudizi», sull’altro «gli stessi rifugiati facciano uno sforzo e si aprano a un nuovo contesto culturale senza perdere le loro tradizioni, che sono un arricchimento. Capisco certe cautele da parte dei cittadini e anche la prudenza delle autorità dei Paesi ospitanti perché in alcuni casi sono plausibili. Detto ciò, che da un certo timore si passi al terrore e si chiudano le frontiere mi sembra un atteggiamento irrazionale. Perché non ci sediamo e non analizziamo come si può agire a favore dell’integrazione? E perché non stabiliamo anche quanti ne possiamo integrare? Anche in Europa ci sono eccellenti esempi di integrazione».
Papa Francesco è consapevole delle difficoltà insite nei tentativi di integrazione per “disarmare” le problematiche che comporta la forte ondata migratoria nel mondo ai giorni nostri, tuttavia «insisto», dice, «insisto nel dire che la chiave sta nell’integrazione e nel portarla a termine. È vero che l’ideologizzazione dell’elemento religioso è un problema e rappresenta una perversione della religiosità perché l’islam, in verità, è una religione di pace e la maggior parte dei suoi membri sono pacifici. Come dicono loro, o si è terroristi o si è musulmani». «Nei Paesi africani in cui non sono filtrate organizzazioni come l’Isis – osserva infine il pontefice –, di solito la convivenza è molto buona. In alcuni, a Natale, i musulmani fanno regali ai cristiani. E i cristiani fanno regali ai musulmani per il Ramadan o per la festa del Sacrificio. Un nunzio destinato a un Paese africano mi ha raccontato che, nella cattedrale della sua capitale, si forma una lunga coda per varcare la Porta Santa e ottenere indulgenze giubilari e che tra i cristiani ci sono molti musulmani che poi si dirigono all’altare dove si trova l’immagine della Madonna perché Maria è venerata nell’islam».
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