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Sinodo: in mare aperto

Sinodo: in mare aperto

Tratto da: Adista Notizie n° 38 del 11/11/2023

L’Assemblea che conclude la prima sessione di ascolto consegna i lavori alla fase profetica. Tra compromessi annunciati, deboli aperture, valide intuizioni la comunità di Gesù tenta di restare insieme per essere missione e cambiare il mondo.

La barca di Gesù, nonostante l’acqua che entra da tutte le parti, ributta i remi in mare e ce la mette tutta per non andare a fondo.

Dentro la burrasca del mondo di oggi sempre più ferito da guerre, violazioni dei diritti umani, cambiamenti climatici, diseguaglianze globali che provocano spostamenti di interi popoli, prova a remare più insieme e più all’unisono verso l’orizzonte del Regno di pace e giustizia, nell’Oltre di Dio. E non verso sé stessa.

Pienamente immersa nel mare delle sfide planetarie, la piccola barca sente che, o cambia davvero, oppure ruota attorno alla propria boa, si disperde in mille rotte diverse attirata dai venti del momento, accumula ritardi, perde equipaggio. E soprattutto non cambia il mondo.

Francesco di Roma, che ha scelto di seguire le orme del suo predecessore d’Assisi, sin dagli inizi del suo servizio di assistente timoniere ha capito che doveva mettere insieme i rematori in “stato permanente di missione” trainati proprio dal fascino dell’altra riva della gioia del Vangelo, dei Fratelli e Sorelle Tutti, dell’essere missione, della cura della Casa Comune, della nonviolenza, del dialogo interreligioso, della pace fondata sulla giustizia, dell’opzione preferenziale per gli impoveriti, dell’intercultura. Per poter annunciare, testimoniare e vivere il sogno di Dio nel mondo. È la missione, l’innamoramento folle, il frutto dell’incontro profondo con il timoniere Gesù di Nazaret. Il fuoco che ribolle dentro, l’amore che spinge a cercare l’unica direzione possibile per salvarci insieme dal caos del Mare Mostrum.

Ecco allora la lunga rotta dell’ascoltarsi in profondità e di lasciarsi evangelizzare dalla terra sacra dell’altro, per due anni nelle tante comunità sparse per il mondo. Conversazioni dello Spirito per tirare fuori con franchezza, nei diversi contesti culturali e geografici, quanto l’energia vitale muove dentro di noi in questo tempo storico. Dalle critiche ai sogni, dalle ferite alle rinascite, dagli ostacoli alle proposte. Esercizio immane di pazienza, decentamento da sé, un “togliersi le scarpe” davanti al volto e al racconto dell’altro.

Quindi la sintesi a Roma, per 4 settimane, dal 4 al 29 ottobre scorso con laici e laiche, religiosi e religiose, diaconi, preti e vescovi attorno a Francesco in ascolto dello Spirito e del timoniere Gesù di Nazaret. Quasi impossibile tenere insieme concezioni, visioni, culture, interpretazioni, maniere di remare a volte quasi agli antipodi. Ma un accordo sulla rotta da tenere c’è, per quanto fragile. Frutto spesso di inevitabili compromessi, di generalizzazioni scontate, di timidezza nel coraggio e nella profezia. Sembra quasi che per tenere insieme l’equipaggio alcuni punti spinosi siano stati cancellati, come l’accesso delle donne al ministero ordinato, altri solo sfiorati e non menzionati, come i fratelli e sorelle della comunità Lgbtq+, altri ancora messi in lista d’attesa perché non c’è convergenza, come il diaconato femminile e il celibato non più obbligatorio per i preti. Sembra, a volte, che gli eventi tragici del mondo alla deriva abbiano certo toccato la preghiera e la sensibilità dei membri del Sinodo ma non siano stati colti come segni indelebili del tempo tanto da influenzare i loro lavori e da trovare nero su bianco nella sintesi della prima fase.

Certo, guardando alla bonaccia davanti alla barca, si è levata la pesante àncora del primato della regola, della Tradizione congelata e della burocrazia per osare la vela di uno stile ecclesiale di bordo fondato sull’ascolto delle vittime degli abusi e delle ingiustizie e tra eguali (emozionanti i numerosi Tavoli minori con attorno vescovi, donne, laici, religiosi, che ricordano il banchetto di nozze! [Ap 19,9]), sul parlare con libertà e franchezza, sull’umiltà, sul coinvolgimento di tutti, sulla corresponsabilità. Una barca vicina (e non che abusa!), salvagente per chi è ai margini, per chi nuota nel marasma, per chi sta affondando. Fraternità dove ognuno ha un servizio, ministero (tra tutti si propone quello mirato e qualificato dell’Ascolto e dell’Accompagnamento!), che naviga in rete assieme ai membri della società civile, di altre confessioni e religioni, in direzione ostinata e contraria rispetto al forte vento dell’idolatria dell’individuo.

Il tragitto è ancora un processo quotidiano molto lungo, fatto di tante boe da raggiungere più che eventi o gare saltuarie e sporadiche di navigazione. La riva si intravede a volte all’orizzonte ma i tempi bui delle Gaza del mondo spesso la nascondono. Certo la barca sembra finalmente cogliere che non ha solo una riva da raggiungere, una missione, ma che già lei stessa è un approdo, una missione in divenire.

In mare aperto, su onde anche nuove come quelle da approfondire degli ambienti digitali, si fa strada una nuova cultura della sinodalità, del remare insieme con ritmo più corale e sinfonico. Cultura del sentirsi casa, famiglia. Fraternità, Sororità collegiale, che si siede in cerchio, fatta di persone di uguale dignità, dove l’unico potere è l’amore, il servizio trasparente (anche e soprattutto quello dell’autorità!), il ministero (da minus-stare, stare sotto) che rende conto di quello che è e che fa. Quella che tenta di placare la tempesta perniciosa della cultura autoreferenziale, patriarcale e clericale che ancora e sempre minaccia la rotta del Regno.

 Filippo Ivardi Ganapini è Missionario comboniano a Castel Volturno

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