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Situazione dei diritti umani nei territori occupati dal 1967

Situazione dei diritti umani nei territori occupati dal 1967

Tratto da: Adista Documenti n° 40 del 25/11/2023

Qui lintroduzione a questo testo. 

Diritto di vivere in sicurezza

(...) 26. Preservare il diritto alla vita implica prevenire la perdita arbitraria della vita di un bambino, senza deroghe. Nei Territori occupati il diritto fondamentale alla vita è minacciato, come indicato dai tassi di mortalità neonatale e infantile dei bambini palestinesi nei Territori occupati: per mille nati vivi, rispettivamente 9,3 e 12,7, che salgono a 14,8 per i bambini sotto i 5 anni; in Israele sono rispettivamente 1,7 per mille, 2,7 e 3,4. Oltre agli attacchi diretti al diritto alla vita, i palestinesi subiscono violenze strutturali e discriminazioni razziali che impediscono il loro pieno godimento dello sviluppo.

«Ho paura che mi uccidano»

27. Nel contesto dell’occupazione, l’uso eccessivo della forza sembra essere una componente funzionale delle politiche di Israele. Questo approccio disumanizzante priva i palestinesi del loro status protetto di civili, indipendentemente dalla loro età e dalla loro ubicazione o background, collocandoli (agli occhi di Israele) nella categoria dei legittimi obiettivi militari invece che di persone protette dal diritto internazionale. Questa strategia, che copre anche esecuzioni extragiudiziali ed esecuzioni arbitrarie, rientra nella politica di rimozione e repressione di qualsiasi ostacolo si frapponga agli obiettivi territoriali di Israele.

28. Dal 2008, oltre 1.434 bambini palestinesi sono stati uccisi e altri 32.175 feriti, soprattutto dalle forze israeliane. Nello stesso periodo sono stati uccisi 25 bambini israeliani, per lo più da palestinesi, e 524 feriti. La devastante perdita di vite umane riflette un modello di “uso eccessivo della forza” documentato contro i palestinesi. Lo spettro della morte incombe come elemento dominante nella vita dei bambini palestinesi. Questa realtà rappresenta una tassa psico-sociale su coloro che riescono a sopravvivere, come espresso in modo toccante da Ouadia: «temere la morte non ti impedisce di morire ma ti impedisce di vivere».

29. Le forze di occupazione israeliane giustificano tali uccisioni come «autodifesa», «antiterrorismo» e, nel contesto dell’attuale conflitto a Gaza, come risposta all’attacco di gruppi armati palestinesi che presumibilmente utilizzano i civili come “scudi umani”. Recentemente, un tenente dell'occupazione israeliana ha affermato che il numero dei bambini palestinesi «uccisi accidentalmente» durante operazioni volte a «eliminare i terroristi» è «irrilevante». Tale affermazione non è isolata e riflette un'etica operativa più ampia e una cultura giuridica all’interno delle forze di occupazione israeliane che svaluta la vita civile palestinese.

30. Gli attacchi di Israele contro la Striscia di Gaza, dove i palestinesi hanno subìto 16 anni di blocco illegale e sei grandi assalti militari (2008-2009, 2012, 2014, 2021, 2022 e 2023), negano e minacciano il diritto alla vita del popolo palestinese. Razzi e missili lanciati da Gaza da gruppi armati negano e minacciano anche il diritto alla vita degli israeliani, bambini compresi.

31. Complessivamente, questi attacchi militari israeliani hanno ucciso 4.269 palestinesi a Gaza, tra cui 1.025 bambini e ferito 41.348, di cui 7.588 bambini. Nello stesso periodo, i razzi lanciati da gruppi armati palestinesi hanno ucciso 212 israeliani e ne hanno feriti 2.930. Eventi così violenti terrorizzano i bambini di entrambe le parti.

32. Durante quattro di queste operazioni contro Gaza, le forze israeliane hanno attaccato strutture mediche palestinesi, servizi e personale di sostegno vitale: i militari hanno effettuati 180 attacchi contro ospedali e cliniche mediche a Gaza, hanno preso di mira 80 ambulanze e hanno ucciso 41 medici e lavoratori e ferito 104. Si sono verificati anche attacchi contro operatori sanitari, ambulanze e strutture in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme est, dove palestinesi che sono stati gravemente feriti non hanno potuto ricevere cure mediche.

33. In queste ostilità, sia le forze israeliane che i gruppi armati palestinesi possono trovarsi nella condizione di violare il diritto internazionale. L’illegalità dell’occupazione del 1967, compreso il blocco di Gaza, non esenta i gruppi armati palestinesi dai propri obblighi. Il loro uso di razzi rudimentali che prendono di mira aree in Israele, mettendo in pericolo i civili, compresi i bambini, costituiscono anch’essi un crimine di guerra. Ciò non giustifica né gli attacchi indiscriminati di Israele nelle aree residenziali densamente popolate di Gaza, anche di notte – quando intere famiglie palestinesi vanno a dormire, con possibilità limitate o nulle di cercare rifugio – né il fatto di prendere di mira interi nuclei residenziali, edifici e altre infrastrutture essenziali. I preavvisi non si sono dimostrati efficaci per risparmiare la vita dei civili: intere famiglie hanno perso la vita negli attentati notturni. Inoltre, in Israele per gli omicidi mirati, non ci sono avvertimenti e i bambini diventano “danni collaterali”. I palestinesi di Gaza sono imprigionati da 16 anni e hanno pochi se non nessun posto dove nascondersi quando le bombe cadono su di loro. Anche le scuole dell’UNRWA si sono rivelate non sicure. I bambini di Gaza descrivono la vita dopo gli attacchi militari come un lutto: «anche quando si sopravvive, la vita diventa insopportabile».

34. L’esercito israeliano sostiene spesso che i palestinesi usano i loro figli come “scudi umani” in prima linea. Comunque, già nel 2009 una commissione d'inchiesta dell'ONU ha individuato una pratica che continua ancora oggi: i palestinesi, compresi i bambini, che vengono uccisi dagli occupanti israeliani, vengono talvolta etichettati a posteriori come “martiri” da fazioni politiche; questo non è prova di coinvolgimento in attività armate, fa parte di una coscienza collettiva ed è accettato dalle famiglie che ricevono sostegno finanziario da gruppi armati. La stessa Commissione ha espresso preoccupazione riguardo a potenziali ricostruzioni false da parte di Israele, secondo cui scuole e ospedali sarebbero stati utilizzati da gruppi armati; come ha ammesso lo stesso Israele, le immagini fornite alla missione conoscitiva non riguardavano la guerra del 2008-2009.

35. Commissioni d'inchiesta indipendenti hanno riscontrato che gli attacchi dell'esercito israeliano contro civili palestinesi erano non necessari o sproporzionati, ovvero arbitrarie privazioni della vita. In documentate occasioni, palestinesi che non costituivano alcuna minaccia sono stati attaccati con violenza non necessaria, anche se stavano «davanti a una clinica, o mentre tentavano di lasciare il villaggio con le bandiere bianche», o mentre stavano giocando a calcio sulla spiaggia o erano riuniti attorno alla tomba del nonno.

36. La violenza di questi molteplici attacchi letali è altamente traumatica per i bambini di Gaza, dove oltre la metà di loro può essere affetta da disturbo da stress post-traumatico. Sono pochissimi gli psichiatri qualificati dell'infanzia e dell'adolescenza a Gaza, per cui l’accesso ai servizi di salute mentale per bambini è quasi inesistente. I bambini hanno un dolore inconsolabile e «paura di morire o perdere i [loro] cari».

37. In Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, gli attacchi di Israele contro i palestinesi non hanno risparmiato i bambini. Dalla Seconda Intifada del 2000, la frequenza, il costo umano e la brutalità degli attacchi militari israeliani sono una costante. Attacchi a spazi e attività culturali sono aumentati, comprese le violenze contro i fedeli nella moschea di Al-Aqsa durante il Ramadan nel 2021, 2022 e 2023. L'esperienza del campo profughi di Jenin, un'area di 0,42 chilometri quadrati che ospita circa 24.000 rifugiati, è un esempio di questa violenza strutturale. Al di là delle incursioni e delle operazioni militari che Israele considera di routine, Jenin è stata attaccata sette volte nel 2023, e sono stati uccisi 40 palestinesi, tra cui nove bambini. «Ci stavano bombardando da ogni parte, erano ovunque, avevamo tanta paura che i nostri genitori potessero morire», ha detto Yasmine, 16 anni, riferendosi all’aggressione avvenuta il 3-5 luglio 2023. I bambini, osservando le aggressioni provenienti dall’esterno del campo, avevano paura per i loro amici e per il “loro” Freedom Theatre, «l’unico posto dove ci godiamo la vita e non abbiamo paura». I bambini di Jenin hanno parlato con affetto del quindicenne Sadeel Naghniyeh, ucciso alla testa da un cecchino israeliano mentre si trovava nel suo cortile, durante il ritiro delle forze di occupazione dal campo di Jenin.

38. L’esposizione ripetuta alla morte e alla violenza sotto l’occupazione israeliana risulta dai livelli elevati di disagio mentale ed emotivo tra i bambini palestinesi. Un adolescente nel campo profughi Dheisheh: «se questa è la vita a 15 anni, giuro che la morte è più misericordiosa». Ultimamente, i bambini palestinesi della Cisgiordania hanno cominciato a portare in tasca lettere d'addio.

39. Quando è stato chiesto loro di descrivere la loro principale fonte di paura, i bambini palestinesi hanno fatto riferimento ai soldati israeliani e “al-mustawtinin” (i coloni). Il ricordo delle raccapriccianti uccisioni da parte dei coloni israeliani di Muhammad Abu Khdeir, 16 anni, a Shu'fat nel 2014 e dell'uccisione della famiglia Dawabsheh a Duma nel 2015 è ancora vivido nei bambini palestinesi. Coloni israeliani, compresi bambini e giovani, sono diventati sempre più aggressivi, coordinando attacchi di massa contro le città palestinesi in Cisgiordania. Dal 2017, l’ONU ha documentato 3.244 incidenti di questo tipo, che hanno provocato 920 vittime palestinesi e danni a 2.324 proprietà. Tra le forme estreme di violenza nelle colonie, incursioni nelle proprietà palestinesi, anche notturne, regolari “pogrom”, ecc., incendio delle infrastrutture e aggressioni fisiche contro i residenti palestinesi – tutto sotto agli occhi delle forze di occupazione israeliane, talvolta elogiate pubblicamente da alcuni funzionari israeliani di alto livello. In questi incidenti, i bambini vengono presi di mira anche quando fuggono dai soldati, come Ramzi Fathi, 17 anni, colpito a morte al petto e all'addome. «La vita dei bambini dovrebbe essere sacra», dice una madre di tre figli di Jenin. Invece «i nostri figli sono uccisi, minacciati, intimiditi; è un intero sistema progettato per questo».

40. Così lamentava un bambino di 13 anni a Gaza: «Anche quando protestiamo ci uccidono», riferendosi alla politica di fuoco aperto delle forze israeliane in occasione delle proteste settimanali nella Striscia di Gaza durante la Grande Marcia del Ritorno del 2018-2019, che ha ucciso 223 palestinesi, di cui 46 bambini, e ferito 36.100 persone, di cui 8.800 bambini. La Commissione d'inchiesta dell'ONU sulle proteste di Gaza ha concluso che «le forze di sicurezza israeliane hanno usato la forza letale contro i bambini che non rappresentavano una minaccia imminente di morte o lesioni gravi per i loro soldati. Quattro dei bambini sono stati colpiti mentre camminavano o scappavano» e «i cecchini israeliani hanno sparato intenzionalmente, sapendo che erano bambini». Nei Territori occupati viene adottata la politica “spara per uccidere” contro adulti e bambini palestinesi. Indipendentemente dal fatto che questi bambini siano presi di mira direttamente, tali attacchi hanno un effetto profondo su di essi.

41. Oltre a uccidere arbitrariamente, Israele ha costretto i bambini palestinesi, anche quelli più piccoli, a restare in prima linea nelle operazioni militari. Dal 2000, almeno 31 bambini sono stati costretti a stare di fronte a un carro armato militare o a un soldato, assistendo alla distruzione intorno a loro. Uno di questi bambini ricorda: «Tremavo, piangevo e gridavo ai soldati di lasciarmi andare via perché i proiettili mi passavano sopra la testa, ma uno di loro mi ordinò in arabo da un finestrino del veicolo militare: “Resta dove sei e non muoverti. Sei un terrorista. Rimani al tuo posto finché non dici addio a tuo fratello”».

Mutilazione

42. «Quando non li uccidono, i nostri figli rischiano di rimanere rovinati per sempre», dice una madre palestinese, riflettendo su quanti bambini sono stati mutilati dalle forze israeliane e dalla violenza dei coloni. Tra il 2019 e il 2022, 1.679 bambini palestinesi e 15 bambini israeliani hanno subìto danni fisici permanenti.

43. Il personale medico nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania segnala che, quando “mezzi tradizionali” passano per disperdere le proteste, usano la politica dello «sparare per storpiare», dello «sparare contro ginocchia, femori dei manifestanti o mirando ai loro organi vitali» per debilitare preventivamente qualsiasi forma di capacità di opposizione all’oppressione di Israele. Durante le proteste del 2018 a Gaza, le forze israeliane hanno reso permanentemente invalidi molti dei 940 bambini colpiti durante le manifestazioni, tra cui 20 bambini rimasti mutilati, e con altre disabilità a vita, come la cecità. Si è scoperto che l’uso della forza da parte di Israele contro i manifestanti non era «né necessario né proporzionato, e quindi inammissibile».

44. Mutilare deliberatamente bambini e giovani riflette il livello di disumanizzazione a cui sono sottoposti. I bambini incarnano questa crudeltà esistenziale, che permette alla vita di continuare, perpetuando però la paura e la vulnerabilità e rendendo la vita «qualcosa che somiglia a una morte incompleta».

Arresto e detenzione arbitrari

45. Dal 2000, si stima che siano stati detenuti 13.000 bambini palestinesi, interrogati, perseguiti e imprigionati dalle forze di occupazione israeliane, con una media di 500-700 bambini detenuti ogni anno. Tra il 2022 e il 2023, il numero di bambini detenuti senza accusa né processo è aumentato; attualmente 20 bambini si trovano in detenzione amministrativa. Si parla ampiamente di trattamenti crudeli, inumani e degradanti e si raccontano le loro tribolazioni, arresti e detenzione. I bambini palestinesi possono essere arrestati ovunque, ai posti di blocco, mentre vanno a scuola, durante le operazioni nelle città e nei campi, o anche nei loro letti. Una madre ha raccontato l’arresto notturno di suo figlio: «Lo hanno trascinato con la forza, lo hanno picchiato (...), lo hanno incappucciato mentre io stavo lì a gridare: "È un bambino... abbiate pietà, un bambino", e lui mi chiamava: "Yamma, yamma [mamma, mamma]", e non potevo fare niente... Vederlo vomitare mentre lo incappucciavano...».

46. La maggior parte dei bambini è accusata di aver lanciato pietre contro i veicoli corazzati delle forze israeliane. Cosa che può comportare condanne da 10 a 20 anni. Ad esempio, Naveen, nove anni, racconta: «Ho iniziato a raccogliere pietre, rifiuti dalla strada e anche la mia bottiglia di succo di frutta e ho urlato forte per impedire che arrestassero mio padre».

47. In più di 10 anni, almeno 1.598 bambini palestinesi sono stati sottoposti a maltrattamenti dopo arresto e detenzione. Le accuse di tortura sono state ampiamente documentate.

48. Dopo l'arresto, al 77% dei bambini viene negato l'accesso a un avvocato prima dell'interrogatorio e quasi il 60% di loro viene deportato in Israele. Il trasferimento dei detenuti fuori dai Territori occupati costituisce un crimine di guerra. Ostacola le visite dei familiari, a causa delle difficoltà nell'ottenimento dei permessi rilasciati da Israele. In genere, un bambino riceve solo una visita sporadica da parte della famiglia, aumentando l’isolamento che vive. I genitori vengono raramente informati sul luogo dove si trovano i figli al momento dell’arresto, cosa che non solo viola la Convenzione sui Diritti dell’Infanzia, ma può anche equivalere a una sparizione forzata, che, nel contesto di un attacco diffuso o sistematico diretto alla popolazione civile, costituisce un crimine contro l'umanità.

49. I bambini palestinesi sono spesso tenuti in isolamento in celle senza finestre, costantemente esposti alla luce accesa. Questa pratica proibita, molto comune durante gli interrogatori, è aumentata passando da una media di 12,5 giorni nel 2022 a una di 16,5 nel 2023. L'effetto irreparabile dell'isolamento sui giovani in una fase così critica del loro sviluppo neurologico, fisiologico e sociale comporta un serio rischio a lungo termine di danni psicologici. Questa pratica è associata a un aumento del rischio di suicidio e di autolesionismo e crea problemi nel reinserimento, che non riesce ad affrontare le cause alla radice del comportamento distruttivo o violento.Come nel caso di Ahmad Manasra, che è in isolamento da novembre 2021, benché abbia sviluppato la schizofrenia. Non sono rari i casi di bambini palestinesi sotto custodia israeliana che ricorrono all'autolesionismo e tentano il suicidio.

50. I processi durano in media tre minuti, durante i quali i minori possono vedere la propria famiglia e un avvocato per la prima volta dall'arresto e dopo lunghi periodi di lontananza. I genitori raccontano l’orrore nel vedere i propri figli comparire per pochi secondi davanti a una corte marziale, circondati da guardie e con «il giudice che non guarda nemmeno i [loro] figli [mentre] ci mette un minuto per condannarli alla reclusione».

51. Questo calvario traumatizza profondamente i bambini palestinesi, le loro famiglie e comunità. La maggior parte dei bambini, come Bassam, 11 anni al momento dell'arresto, non può comprendere tutto questo: «Che diritto hanno di arrestarmi e di mettermi in carcere per cento giorni, minacciare di arrestare mio padre e di picchiare mia madre? Sono stato sottoposto alla tortura e ho trascorso secoli senza mangiare né dormire».

52. Il concetto israeliano di “giustizia minorile militare” è contrario alle tutele fondamentali per i minori durante l’arresto e la detenzione, compreso il loro diritto a un giusto processo, violando gli obblighi di trattenere i minori solo come ultima risorsa, per la durata più breve possibile, con l’assistenza di un legale rappresentante; di rispettare la presunzione di innocenza e la privacy; e di non sottoporre mai i bambini a torture o trattamenti crudeli. Le uccisioni extragiudiziali di bambini li deprivano del diritto anche a un processo, come nel caso del cugino di Ahmad Manasra, Hassan, che era armato con un coltello, non con una pistola, ma è stato ucciso subito.

53. Inoltre, queste pratiche includono casi di arresti domiciliari, dove i genitori si trovano costretti ad agire come tutori dei loro figli detenuti nelle loro stesse case. «Sono diventata la carceriera di mio figlio, sentivo che ce l’aveva con me», ha detto la madre di un 17enne condannato agli arresti domiciliari dopo sei mesi di detenzione. Contrariamente ai principi del trattamento umano e della preservazione dell'integrità familiare, ciò interrompe il normale sviluppo della vita infantile e familiare. Jamal, detenuto a 15 anni, ha spiegato: «Dopo aver pianificato tutta la tua vita, vieni arrestato, e questo rovina tutto... È come se questa esperienza ti derubasse del tuo tempo e del tuo futuro». Richiedere ai genitori di agire come braccio della potenza occupante può anche produrre spaccature irreparabili nella vita familiare, poiché i bambini potrebbero vederla come una collusione piuttosto che come il desiderio di proteggerli dalla prigione.

54. I bambini che hanno sperimentato la detenzione riferiscono ansia, depressione e cambiamento di personalità. I genitori riferiscono notevoli cambiamenti nel comportamento dei loro figli, incluso un forte aumento dell’attaccamento, isolamento e mancanza di interesse per le attività ordinarie o divertenti. I bambini sono costantemente perseguitati dalla paura di essere nuovamente arrestati, e il 59% ci pensa come a una possibilità quotidiana. Come ha ricordato una madre, «mio figlio ha mostrato più rabbia, ma non vuole parlarmene».

55. «Come possono i bambini essere felici sotto l'occupazione?», chiede Adnan, padre di quattro figli, di Jenin. Nella Cisgiordania occupata, l'espansione delle colonie israelo-ebraiche, la zonizzazione e la pianificazione discriminatorie e lo sfruttamento della terra e di altre risorse a spese della sovranità palestinese hanno confinato i palestinesi in enclave impoverite e sovrappopolate, impedendo una vita dignitosa.

56. La Striscia di Gaza, sottoposta ad assedio e blocco illegale, è l'esempio più evidente delle restrizioni di movimento e di accesso. Ma la Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, presenta molte aree in cui i palestinesi sono di fatto rinchiusi in città e villaggi circondati da colonie, accampamenti militari, centinaia di checkpoint fissi e mobili, 400 chilometri di strade segregate, "zone militari" inaccessibili ai palestinesi, il Muro e la separazione che esso comporta.

57. I bambini sentono fortemente questa segregazione fisica. A ciò si aggiungono gli ostacoli burocratici che impongono ai palestinesi di ottenere permessi rilasciati da Israele anche per gli aspetti più elementari della vita, compresi gli spostamenti all'interno della Cisgiordania e della Striscia di Gaza (Gerusalemme è inaccessibile alla maggior parte dei palestinesi) per l’edilizia, il lavoro, l'istruzione e l'assistenza sanitaria. Le tecnologie di sorveglianza di massa, tra cui telecamere, droni e monitoraggio dei social media, aumentano ulteriormente questo controllo, violando la privacy e portando ad arresti per infrazioni minori. Questi controlli creano formidabili barriere alla comunicazione, al movimento e allo sviluppo, privando le famiglie, e soprattutto i bambini, di risorse essenziali per la crescita sociale ed economica e dell'opportunità di vivere in modo dignitoso e raggiungere il loro pieno potenziale.

Povertà coercitiva e de-sviluppo

58. L'occupazione coloniale israeliana costa 11 miliardi di dollari all'economia palestinese e ha determinato il mancato sviluppo dei Territori occupati, costringendo 2,1 milioni di palestinesi nel territorio, metà dei quali sono bambini, al di sotto della soglia di povertà. L'accesso diseguale alle risorse naturali, compresa l'acqua, insieme alla conseguente graduale erosione dei mezzi di sussistenza delle famiglie, dell'autosufficienza nell'agricoltura, nell'industria e nella pesca, rafforzano l'instabilità economica e il declino del reddito. Nati e cresciuti senza risorse essenziali e senza terra, i bambini palestinesi devono fare affidamento sugli aiuti stranieri per i beni di prima necessità. Circa mezzo milione di bambini palestinesi sono insicuri dal punto di vista alimentare e non hanno un accesso stabile a cibo nutriente e sufficiente. Ciò influisce sulla loro salute mentale, fisica e comportamentale, sulla loro istruzione e di conseguenza sulle opportunità di vita.

59. Un quarto delle malattie infantili a Gaza può essere collegato alla contaminazione dell'acqua, poiché il 75% delle acque sotterranee sostenibili di Gaza è prelevato dalla potenza occupante e la maggior parte del resto non è adatto al consumo umano. In Cisgiordania, dove Israele controlla l'87% dell'acqua di montagna, un bambino palestinese ha accesso solo a un quarto della quantità d'acqua disponibile per un vicino colono israeliano. Per i bambini palestinesi della Valle del Giordano, caratterizzata da scarsità d'acqua, questo "apartheid idrico" si manifesta con le loro famiglie costrette a comprare l'acqua potabile da aziende israeliane, a rinunciare alle tradizionali pratiche di pastorizia e ad assistere all'appassimento dei loro raccolti, mentre i bambini israeliani delle colonie illegali «godono di prati rigogliosi e ben irrigati, piscine e parchi acquatici».

60. Assistere all'erosione dei mezzi di sostentamento e della dignità dei propri genitori fa male soprattutto ai bambini: «È triste vedere i nostri padri che hanno perso tutto quello che avevano, ora passano la maggior parte del tempo a casa», dicono i bambini di Jenin. La diminuzione del reddito familiare è stata collegata a un aumento della violenza domestica, dell'abbandono scolastico e del lavoro minorile. I bambini sopra i 10 anni in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza (quasi l'1% in quest'ultima) sono costretti a lavorare a tempo pieno, anche in Israele o nelle colonie illegali, dove devono affrontare condizioni di sfruttamento, umiliazioni da parte degli israeliani e stigmatizzazione da parte degli altri palestinesi. «Molti di noi devono mantenere le proprie famiglie, ma trovare lavoro in Israele è pericoloso: dobbiamo entrare illegalmente e accettare di essere sempre maltrattati da loro», hanno detto al Relatore speciale i bambini della Cisgiordania.

Senzatetto forzati

61. Le case sono essenziali perché i bambini possano crescere e sentirsi al sicuro. Il diritto a un alloggio adeguato comprende la sicurezza della proprietà, la protezione contro gli sfratti e le espulsioni forzate, l'accesso a servizi come l'acqua potabile e l'energia, nonché la protezione della privacy e la libertà di scegliere la propria residenza. Le case devono essere ben protette anche in caso di occupazione o durante le ostilità: la distruzione sfrenata di proprietà civili non giustificata da necessità militari ed eseguita illegalmente, così come la distruzione o il sequestro della proprietà, costituiscono crimini di guerra.

62. Per molti bambini palestinesi, la sicurezza e la stabilità della propria casa rimangono un'aspirazione "sotto le macerie". Dal 1967, come strumento deliberato per cancellare la presenza palestinese, Israele ha demolito 56.500 case palestinesi attraverso operazioni militari, pianificazione e zonizzazione discriminatoria e come punizione collettiva.

63. Gli sgomberi forzati su larga scala, le demolizioni di case e gli spostamenti forzati hanno avuto un impatto diretto sui bambini. In Cisgiordania, Israele ha assegnato lo 0,24% della terra (nell'Area C) per la crescita e lo sviluppo dei palestinesi, mentre il 99,76% è stato destinato alla crescita e allo sviluppo delle colonie israeliane illegali. La maggior parte dei palestinesi è costretta a costruire senza i permessi israeliani, sempre negati. Di conseguenza, circa 10.000 case palestinesi hanno ordini di demolizione pendenti. A Gerusalemme est, dove almeno un terzo delle case palestinesi non ha un permesso, 2.020 case sono già state distrutte dal 2004 e 20.000 case hanno ordini di demolizione in sospeso, mettendo oltre 100.000 residenti, la maggior parte dei quali bambini, a rischio di sfollamento forzato.

64. I bambini palestinesi spesso vedono i loro genitori costretti ad autodemolire le loro case per evitare di incorrere in multe salate. I sentimenti di fallimento e depressione che li accompagnano hanno un impatto diretto sulla genitorialità e sulla capacità dei genitori di sostenere i propri figli.

65. I bambini sono gravemente traumatizzati da questa distruzione e violenza totale. «Ho solo ricordi tristi», dice Ghassan, 15 anni. «Mi sento ancora traumatizzato dai soldati e dai loro cani che hanno attaccato e ferito mio padre [durante la demolizione]. Ho gli incubi dei bulldozer che strappano via ogni pietra della nostra casa e i suoni delle esplosioni mi perseguitano ancora».

66. Israele ricorre anche a demolizioni "punitive" di case contro palestinesi accusati di aver attaccato civili o forze israeliane. Samer, 11 anni, ha detto: «Mio padre è stato ucciso dai soldati che sostenevano che fosse violento nei pressi di un insediamento [colonia]... Non solo ho perso la persona più importante della mia vita, ma poi sono venuti a prendere la nostra casa. Prima mi hanno reso orfano, poi un senzatetto».

67. Nella Striscia di Gaza, gli attacchi israeliani alle aree residenziali hanno distrutto 18.507 case e danneggiato 26.338 dal 2000, colpendo mezzo milione di palestinesi, metà dei quali bambini. Israele ha giustificato queste azioni, a quanto pare, per la sicurezza del territorio o per punire presunti "terroristi". Circa 200 bambini sono stati colpiti dalle quasi 300 demolizioni punitive di case.

68. Anche se la loro casa non viene demolita, i bambini vivono con il rischio quotidiano che possa esserlo in qualsiasi momento. Assistendo a ciò che accade agli amici, ricevono costantemente il messaggio "stai vivendo un tempo preso in prestito", come ha detto un intervistato. Gli sgomberi forzati e le demolizioni delle case riaccendono il trauma subito dai loro genitori. È probabile che questo impatto intergenerazionale continui per le generazioni future.

69. Nel 2009, la Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite ha rilevato che «la distruzione da parte delle forze armate israeliane di case private, pozzi d'acqua, serbatoi d'acqua, terreni agricoli e serre [...] aveva lo scopo specifico di negare il sostentamento alla popolazione della Striscia di Gaza».

70. Queste politiche hanno portato a un disagio emotivo di lunga durata. I bambini raccontano la disperazione dei loro «sogni per il futuro che scompaiono da un giorno all'altro». Dopo aver subito la perdita della casa, la maggior parte dei bambini prova sentimenti di disperazione e disfattismo, isolamento sociale e distacco dalla comunità. Si sentono abbandonati dal mondo e perdono la concentrazione sulla loro istruzione. Fadi, 16 anni, si chiede: «Perché dovrei anche solo prendere in considerazione l'idea di immaginare un futuro più luminoso?».

Privazione dell'istruzione

71. Lo sviluppo psicosociale e il benessere di un bambino sono fondamentali per l'istruzione e il tempo libero. L'istruzione è un diritto umano a sé stante, coltiva il "senso di dignità" della personalità umana ed è un mezzo fondamentale per realizzare altri diritti e il pieno potenziale del bambino. La scuola deve essere uno spazio sicuro per lo sviluppo del bambino, in continuità con la sua vita familiare. Attaccare intenzionalmente le strutture scolastiche costituisce un crimine di guerra.

72. I bambini palestinesi nei Territori occupati esprimono un particolare amore per l'istruzione, considerando le loro scuole come una tregua dall'oppressione quotidiana, garantendo loro un senso di «libertà» e promuovendo l'immaginazione di «un futuro più luminoso». Tuttavia, gli attacchi alle scuole, compreso l'uso militare delle stesse, sono un'altra grave violazione commessa contro i bambini palestinesi.

73. In Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, la sfida principale all'istruzione è rappresentata dal sistema discriminatorio di permessi di Israele che limita la capacità dei palestinesi di costruire, migliorare o persino mantenere le scuole esistenti. Dal 2010 sono state demolite 11 scuole palestinesi, mentre gli ordini di demolizione pendono su 59 scuole (51 nell'Area C della Cisgiordania e otto a Gerusalemme Est) che servono 6.800 studenti. Nel novembre 2022, le autorità di occupazione israeliane hanno demolito l'unica scuola elementare di Masafer Yatta (Isfey al-Faqa) mentre i bambini erano ancora all'interno, costringendoli a fuggire dai bulldozer attraverso le finestre e confiscando poi tutti i libri di testo e gli arredi scolastici. In questo contesto, le scuole non sono in grado di modernizzarsi o aggiornarsi. Nella Striscia di Gaza, non ci sono abbastanza aule e il 70% delle scuole dell'UNRWA e il 63% delle scuole gestite dal governo devono operare con doppi o tripli turni.

74. In Cisgiordania, andare a scuola diventa «fisicamente faticoso», perché «a volte dobbiamo scappare dai pericoli come i soldati», dice Aladdin, 14 anni, di Betlemme. I posti di blocco e le intimidazioni di soldati e coloni riguardano l'80% degli studenti. «Non riesco mai ad arrivare in tempo. Ci vogliono ore, perché [i soldati] ci perquisiscono e controllano le carte d'identità», dice Rima, 13 anni, di Betlemme. Abir, 14 anni, ha visto mentre andava a scuola «un ragazzo palestinese per strada. I soldati lo hanno fermato, sottoposto a bodysear, colpito e arrestato perché si è rifiutato di togliersi i pantaloni per essere perquisito». Ali, di Masafer Yatta, scortato a scuola dall'esercito israeliano per 17 anni, come continuano a fare i bambini di Masafer Yatta, per evitare attacchi fisici da parte dei coloni; dice: «è inconcepibile che andare a scuola possa significare tornare a casa con il corpo a pezzi e perdere l'intero anno scolastico»".

75. Dal 2012, oltre 300 bambini e insegnanti hanno dovuto affrontare arresti e detenzioni mentre si trovavano a scuola o vi si recavano. Ad altri 481 è stato confiscato il materiale scolastico ai posti di blocco. Anche gli attacchi alle scuole sono frequenti, con 1.826 incursioni o bombardamenti/attacchi diretti da parte delle forze di occupazione israeliane in 12 anni. «I soldati hanno attaccato la mia scuola tre o quattro volte l'anno scorso. Hanno lanciato gas lacrimogeni e sparato munizioni vere. Alcuni insegnanti e studenti non riuscivano a respirare», racconta Farea', 12 anni, Hebron. Gas lacrimogeni, granate stordenti, proiettili rivestiti di gomma, munizioni vere e altre armi vengono usate contro le scuole, ferendo centinaia di studenti e insegnanti e interrompendo la routine scolastica per migliaia di persone. I soldati israeliani «irrompono nelle scuole quando vogliono», dice Jamal, 14 anni, di Betlemme. «I soldati sono sempre presenti davanti alla scuola. Potrebbero attaccarci e portarci via in qualsiasi momento. Potrebbero colpirci o arrestarci», dice Rima.

76. Nella Striscia di Gaza, a ogni operazione militare, le attività scolastiche vengono sospese. Il passaggio alle lezioni online è inefficace a causa della mancanza di risorse e dei limiti imposti da Israele all'elettricità (disponibile per circa 10-12 ore al giorno, ma che scende a 4-5 ore durante le offensive). Quando non ci sono offensive, «i droni usati per far rispettare l'assedio di Gaza sono la nostra colonna sonora», dice Jinan, 14 anni. Oltre 1.434 scuole e asili sono stati totalmente o parzialmente distrutti. La costruzione di strutture sotterranee e l’occupazione di una scuola da parte delle autorità de facto hanno esposto le scuole al rischio di essere prese di mira. Tuttavia, anche nel caso di uso militare di una scuola da parte di gruppi armati, deve essere soddisfatto il test di proporzionalità e necessità militare e la protezione dei civili rimane fondamentale.

77. In mezzo a queste avversità, il tasso di abbandono scolastico è salito al 32% tra gli studenti della scuola secondaria in Cisgiordania, soprattutto a causa della mancanza di sicurezza. I bambini con disabilità hanno un tasso di iscrizione scolastica sproporzionatamente basso (51% in Cisgiordania e 43% nella Striscia di Gaza). A Gerusalemme est, almeno il 13% dei bambini palestinesi è escluso dall'istruzione a causa di ostacoli legati alla residenza e alla registrazione. VI.

Ambiente non infantile

78. Il colonialismo israeliano priva i bambini dei loro diritti e della loro innocenza, sottoponendoli prematuramente a sfide, responsabilità e preoccupazioni da adulti. Questa esperienza quotidiana intergenerazionale, definita «privazione dell’infanzia» dalla professoressa Nadera Shalhoub-Kvorkian, è una realtà perpetuata attraverso un sistema di rivendicazioni sociogiuridiche, di sfruttamento economico e controllo politico che tratta i bambini palestinesi come privi di valore. A. Le cicatrici di un male infinito

79. L'esposizione cronica alla violenza pone i bambini in un perenne stato di stress, rabbia, isolamento e iper-allerta. Molti mostrano i segni del trauma e una profonda depressione, un nervosismo accentuato che si manifesta con grida continue, irritabilità e paura del buio e sentimenti di solitudine acuta. Le opportunità di recupero post-trauma sono estremamente limitate, una mancanza aggravata dalla continua esposizione agli eventi traumatici. Il risultato è quello che il dottor Jess Ghannam definisce «disturbo da stress traumatico continuo».

80. Il trauma continuo altera in modo significativo lo sviluppo del bambino, debilitando il progresso generazionale. Ha anche un impatto prevedibilmente devastante sullo sviluppo dei bambini palestinesi e potrebbe gettare i semi dell'aggressività in età avanzata. Oltre il 90% dei bambini palestinesi tra gli 8 e i 14 anni è alle prese con insicurezza e ansia. Un numero crescente soffre di insonnia, pipì a letto e angoscia, soprattutto in occasione di pesanti bombardamenti, e minzione incontrollata. «Nessuno ci protegge»

81. Nonostante l'obbligo di proteggere i diritti umani della popolazione occupata e di garantire l'ordine pubblico e la sicurezza, i funzionari israeliani a diversi livelli svolgono tutti un ruolo attivo nel vittimizzare i bambini palestinesi. L'occupazione ha eroso le fondamenta stesse della società palestinese, in particolare l'unità familiare. Le uccisioni estese e «l'imprigionamento a lungo termine di migliaia di persone hanno lasciato i bambini orfani», dice una madre della Cisgiordania. Anche «quando un padre torna dopo molti anni di prigione, il legame con i suoi figli è minato», dice una madre palestinese. Lo stress che devono affrontare i capifamiglia, incapaci di garantire stabilità, protezione e sicurezza alle loro famiglie, è notevole. Il sistema di permessi israeliano impedisce regolarmente ai genitori di ottenere o accompagnare i figli alle cure mediche. Ciò riguarda il 32% dei bambini della Striscia di Gaza che hanno bisogno di cure ma non possono ottenerle. I bambini palestinesi possono trovarsi sottoposti a dialisi renale o a chemioterapia senza la presenza di un genitore.

82. Nell'ambiente difficile e pericoloso dell'occupazione, il 65% dei genitori ha spesso comportamenti violenti tra loro e nei confronti dei figli. Anche il livello di punizioni corporali a scuola è molto alto. «Qui tutti ci picchiano», ha riferito allegramente un gruppo di bambini palestinesi di Jenin.

83. I genitori non si sentono in grado di proteggere i propri figli. Secondo le parole di un padre: «... mi sento impotente quando arrestano i miei figli; tutti i genitori del nostro quartiere fanno del loro meglio per proteggerli... sono la cosa più preziosa che abbiamo e cerchiamo di proteggerli in ogni modo possibile, ma qui nulla è sicuro. Mio figlio è stato arrestato mentre dormiva a letto. Il suo letto [non] era sicuro». La diminuzione dell'autorità genitoriale dovuta all'incapacità di proteggere i bambini ha un impatto profondo sia sui genitori che sui figli. L'assenza di protezione lascia i bambini palestinesi profondamente isolati e disillusi. «Non c'è nulla che io o la mia famiglia possiamo fare. Né il governo palestinese, né le organizzazioni internazionali, né i miei genitori. Nessuno protegge i miei diritti», dice Nadia, 17 anni (Gerusalemme Est), facendo eco a un sentimento condiviso da altri bambini.

84. Tra le continue minacce alla loro incolumità, i bambini possono arrivare a percepire la violenza come l'unica possibilità di ricorso contro una dura realtà. Come afferma Rawan, 11 anni: «Dobbiamo lottare per il nostro diritto di respirare, di essere qui, di rimanere nella nostra città senza il dolore quotidiano», mentre sua sorella maggiore, 15 anni, chiede: «Capisci perché dovremmo lottare con i nostri corpi? Nessun leader palestinese, nessun attivista internazionale è in grado di aiutarci a prevenire la criminalità dell'occupazione. Possiamo farlo con i nostri corpi e le nostre vite...».

85. In un ambiente sempre più insicuro, i bambini si sentono spesso spinti ad assumere ruoli più attivi nella lotta nazionale, anche in contrasto con la volontà dei genitori, scegliendo di allinearsi formalmente a gruppi politici in cerca di una parvenza di protezione. I bambini, in particolare quelli che hanno perso i genitori e il senso di sicurezza, iniziano a vedere i "martiri" e i membri dei gruppi armati come modelli di riferimento per gli adulti. Con il riemergere della resistenza armata negli ultimi anni, non si può sottovalutare il fascino che questi gruppi possono esercitare sui bambini. Le famiglie vivono nella paura e lottano per evitare che i figli siano coinvolti nei gruppi militari. Una madre di Jenin ha riferito che: «I genitori qui temono per i loro figli, indipendentemente dalle loro scelte. Una volta che si uniscono alla resistenza, il loro destino è segnato. Se vi rimangono all'interno, diventano bersagli [dell'occupazione]. Se lasciano il gruppo, rimangono bersagli, senza la protezione del gruppo». VII. Conclusioni e raccomandazioni

86. Poiché la politica non può essere separata dall'infanzia, la politica violenta di un'occupazione coloniale militarizzata non può essere separata da come i bambini del gruppo sottomesso la vivono. La violenza coloniale e la violenza di Stato sono intrecciate a causa dell'espropriazione normalizzata. Inevitabile accompagnamento del colonialismo dei coloni, la violenza contro il gruppo sottomesso rischia a un certo punto di suscitare violenza, perché nessun popolo cederà volentieri la propria terra, i propri mezzi di sostentamento, la propria dignità e il proprio diritto di esistere in perpetuo. C'è un solo modo per assicurare un futuro pacifico e dignitoso tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo, ed è quello di garantire il riconoscimento e il rispetto dei pari diritti, della dignità e della libertà sia degli israeliani che dei palestinesi.

87. Il Relatore speciale raccomanda che: (a) Lo Stato di Israele rispetti la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale ponendo fine a tutte le pratiche abusive nei confronti dei bambini palestinesi e dando la priorità all'interesse di tutti i bambini nei Territori; ciò può avvenire solo smantellando l'occupazione coloniale e l'apartheid, che ostacola la realizzazione dell'intero spettro di diritti dei bambini palestinesi e dei palestinesi come popolo. (b) Il Rappresentante speciale del Segretario generale per i bambini e i conflitti armati a non ritardare ulteriormente l'inserimento di Israele/PT nell'elenco delle parti che commettono gravi violazioni contro i bambini del Consiglio di sicurezza.

88. Per garantire questo obiettivo, gli Stati terzi dovrebbero:

(a) utilizzare le misure diplomatiche, politiche ed economiche previste dalla Carta delle Nazioni Unite senza discriminazioni;

(b) non legittimare né aiutare o assistere l'occupazione israeliana, che ha commesso atti illeciti a livello internazionale e crimini internazionali, e chiederne cessazione e riparazione.

(c) Perseguire l’esecuzione di crimini internazionali, dando priorità alle atrocità denunciate in questo rapporto, che ricadono sotto la giurisdizione universale.

(d) Istituire una task force per smantellare l'occupazione coloniale e promuovere una soluzione politica che rispetti i diritti umani, la dignità e la libertà di israeliani e palestinesi, come unico paradigma per garantire la sicurezza e la pace.

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