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La NATO compie 75 anni, tra guerre e nuovi equilibri globali

La NATO compie 75 anni, tra guerre e nuovi equilibri globali

Il 4 aprile 1949, tra la fine della Seconda guerra mondiale e l’inizio della Guerra fredda, Belgio, Canada, Danimarca, Francia, Islanda, Italia, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Stati Uniti fondavano la NATO (Organizzazione del Trattato dell'Atlantico del Nord). Il 4 aprile scorso, Maurizio Simoncelli (vicepresidente e cofondatore dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo-IRIAD) ha pubblicato un approfondimento sul sito dell’IRIAD che celebra il 75° anniversario della NATO e ne sottolinea la funzione storica e le criticità attuali, anche alla luce dei recenti conflitti e dei nuovi equilibri geopolitici.

Con la nascita dell’Alleanza atlantica, ricostruisce l’autore, «si profilava il periodo del bipolarismo (noto come Guerra fredda), cioè del confronto tra due sistemi fondato su una corsa agli armamenti senza precedenti nella storia, che però non sfociò mai in uno scontro diretto tra la NATO e il Patto di Varsavia, quest’ultimo costituito da Mosca e dai suoi paesi satelliti successivamente nel giugno del 1955». La Guerra fredda si concluse con la caduta del Muro di Berlino nel 1989, lo scioglimento del Patto di Varsavia nel 1991 e la dissoluzione dell’Unione Sovietica sempre nel 1991.

Ricorda ancora Simoncelli che, a quel punto, la NATO – che nel frattempo aveva raccolto l’adesione anche di Grecia, Turchia, Germania e Spagna – «non aveva più avversari e non aveva più ragion di esistere, ma ricercò la sua nuova ragion d’essere, trovandola facilmente nel caotico quadro internazionale» (ex Jugoslavia, crescita del terrorismo islamico, Torri Gemelle, ecc.).

Gli scopi dell’Alleanza cambiarono formalmente con il nuovo Concetto Strategico del 1999 che estendeva l’operatività della NATO in risposta a crisi verificate anche fuori del territorio degli Paesi alleati. Sostanzialmente, commenta il vicepresidente IRIAD, «l’operatività della NATO si estendeva globalmente a tutto il mondo con implicazioni gravide di conseguenze. Essa infatti è intervenuta in Libia, Afghanistan, Iraq, tutte aree esterne a quella tradizionale dell’Alleanza».

Tra il 1999 e il 2020 altri 14 Paesi dell’Est Europa (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Bulgaria, Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Slovacchia, Slovenia, Albania, Croazia, Montenegro e Macedonia del Nord) «sono entrati a farne parte, spostando ad oriente il baricentro dell’Alleanza e suscitando forte apprensione a Mosca, dove Putin nel frattempo puntava a rinverdire il ruolo di grande potenza della Russia», dandone dimostrazione in Cecenia e in Georgia, o sostenendo il regime di Assad in Siria. Ancora una volta la NATO si adatta ai mutamenti in corso e il Concetto Strategico del 2020, spiega Simoncelli, «passa dalla gestione delle crisi alla “difesa e deterrenza”».

A complicare ulteriormente il quadro internazionale, nel 2022, è arrivata poi la guerra russa in Ucraina, «dove la guerra civile (largamente ignorata) infuriava già dal 2014 tra repubbliche separatiste del Donbass e il governo centrale di Kiev». Un crescendo di tensione, esacerbato anche dall’ipotesi di adesione dell’Ucraina alla NATO e l’allargamento dell’Alleanza a Svezia e Norvegia, Paesi tradizionalmente neutrali, in risposta all’aggressione russa. Racconta ancora l’autore: «Il recente documento strategico del 2022 rispecchia il nuovo clima evidenziando la minaccia russa definita “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli Alleati e alla pace e alla stabilità nell'area euro-atlantica”, aggiungendo anche la Cina dichiarata come una “sfida sistemica” alla sicurezza euro-atlantica. L’aggravarsi della guerra in Ucraina, lo scoppio del conflitto a Gaza e la permanente tensione nell’area indopacifica con l’altra superpotenza cinese sono tre elementi che complicano un quadro internazionale che già deve affrontare crisi complesse quale quella delle migrazioni e quella dei cambiamenti climatici».

Oltre l’Ucraina, la Palestina e la tensione con la Russia e con l’Oriente, la NATO soffre oggi anche dell’incertezza politica della sua potenza leader, gli Stati Uniti d’America, che presto potrebbero passare “nelle mani” di Donald Trump, risaputamente sovranista, isolazionista e disinteressato all’Alleanza atlantica. In questo quadro l’unica risposta offerta dagli USA è il caloroso invito ai membri NATO di accrescere ulteriormente gli arsenali e la spesa militare, già oggi esorbitante (1.200 miliardi di dollari nel 2022, un totale mondiale di 2.200 miliardi).

La paura nei confronti della Russia sembrerebbe però infondata, spiega Simoncelli: «Riprendendo i calcoli sulle rispettive forze come quelli che si facevano durante la Guerra Fredda, secondo l’ISPI, la NATO nel 2022 aveva 5,4 milioni di uomini (a fronte dell’1,3 della Russia), 20.723 aerei (4.173 russi), 2.049 navi (605 russe) e 14.642 carri armati (12.420 russi). Sulla carta tra spese militari, mezzi a disposizione e uomini in armi il rapporto con Mosca è apparentemente soverchiante. Una situazione di parità, per così dire, emerge solo in campo nucleare: 1.710 testate operative per il Cremlino, 1.670 per la Casa Bianca. Il dubbio che sovviene a questo punto è che forse tutto questo apparato non basta per proiettare il suo raggio d’azione ovunque per controllare il globo intero, cioè fare il gendarme del mondo. Ma ciò forse non è quello di cui si ha bisogno, ma di una sicurezza condivisa e non unilaterale, basata sulle armi e magari sulla minaccia nucleare».

Conclude il vicepresidente IRIAD commentando che quello in corso è un «triste anniversario per un’organizzazione potentissima che sembra temere il mondo intero e per questo forse lo vorrebbe controllare secondo le proprie priorità e i propri interessi, tra l’altro non sempre coincidenti tra le due sponde dell’Atlantico».

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