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Crisi a Gaza: la richiesta di arresto del procuratore CPI apre una pagina nuova

Crisi a Gaza: la richiesta di arresto del procuratore CPI apre una pagina nuova

Una richiesta di un mandato d’arresto internazionale per i governanti di un Paese, Israele, che si autocelebra – e così viene ritenuto da tutto il mondo occidentale – come l’unico democratico del Medio Oriente? La cosa suona quantomeno sensazionale, e l’iniziativa del 20 maggio scorso del procuratore della Corte Penale Internazionale (CPI) Karim Khan – mandati d’arresto per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, per il suo ministro della Difesa Yoav Gallant e per tre leader di Hamas, tra i quali il vertice Yahya Sinwar – ha destato scalpore e indignazione soprattutto tra gli “amici” di Israele.

I tre di Hamas vengono accusati di «sterminio», «rapimento di ostaggi» e «stupro», per i terribili fatti del 7 ottobre. I due leader israeliani, anch’essi accusati di «sterminio», secondo il procuratore della CPI avrebbero anche «ridotto deliberatamente i civili palestinesi alla fame», nell’ambito di «un’offensiva sistematica condotta contro gli abitanti della Striscia di Gaza».

Non sprechiamo questa occasione

Il 22 maggio scorso Giovanni Russo Spena (già membro di Cristiani per il Socialismo, segretario di Democrazia Proletaria e senatore di Rifondazione Comunista, amico e collaboratore di Adista) ha commentato sul sito di “trasform! italia” (nodo italiano della fondazione “transform! Europe”, fondazione politica del Partito della Sinistra Europea) la richiesta di arresto, definendola «un atto inedito e, a suo modo, storico».

Riferendosi al pensiero della «maggior parte dei costituzionalisti», Russo Spena ritiene «che non può dirsi democratico uno Stato che occupa militarmente i territori di un altro popolo. Oggi su quei territori imperversano crimini di guerra e genocidio».

L’ex parlamentare commenta anche la posizione dei Paesi europei, che si muovono in autonomia sul piano del riconoscimento dello Stato di Palestina, e accusa la «serva Italia» di allinearsi alla «sprezzante ed illegittima posizione di Biden». Secondo l’editoriale «la posizione del governo italiano è particolarmente grave, per la posizione storica dell’Italia e per la sua collocazione nel Mediterraneo».

Il mondo si riarma, torna a sdoganare la guerra come strumento di politica estera, denigra e umilia le Nazioni Unite e gli altri organismi multilaterali. In questo quadro, un intervento della CPI – insieme al precedente pronunciamento della Corte di Giustizia Europea (CGE) sul rischio di genocidio – giungerebbe a ribadire con forza «il problema della illegittimità delle guerre di sterminio». Una dichiarazione importante, anche se quasi sicuramente «i capi di Hamas e di Israele non andranno in carcere». Resta comunque sabbia negli ingranaggi collaudati dell’impunità di Israele sostenuto dai sui alleati storici: «Le reazioni rabbiose di Tel Aviv dimostrano che il provvedimento del procuratore Khan apre una pagina nuova». Che sarà prontamente chiusa dai poteri occidentali vicini a Isralee, se il movimento pacifista globale non cercherà «di inserirsi all’interno della breccia che si è aperta, tentando di assumere lo spessore del positivo condizionamento internazionale». L’appello di Russo Spena è un invito alla lotta di popolo, «perché non muoia il diritto universale. Sappiamo che le organizzazioni internazionali sono assediate dai poteri internazionali e dalla geopolitica» e «il governo israeliano, che si ritiene al di sopra delle leggi, continuerà i crimini di guerra e i saccheggi degli aiuti umanitari. Però, a questo punto, diventa ancor più palese la configurazione del crimine internazionale, che porrebbe Israele ufficialmente al di fuori dello statuto delle Nazioni Unite».

Cosa cambia ora?, si chiede Russo Spena, dopo la richiesta di un mandato d’arresto di Khan, «potranno più gli Stati occidentali essere così benevoli dopo lo sterminio di cui parla il procuratore generale?». E «l’Unione Europea potrà continuare a volgere altrove lo sguardo, bollando ogni critica come “antisemitismo”? Potrà continuare l’esportazione di armi e la collaborazione su progetti universitari “dual use”? Può darsi, come dice l’ineffabile presidente inglese, che nulla dovrà accadere. Ma il mondo, allora, avrà perso un’altra occasione. Sarà l’ultima?».

 

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