Maduro caccia dal Venezuela i diplomatici argentini dopo lo scontro verbale con Milei
Il governo argentino ha ricusato l’"ostilità" nei confronti della sua ambasciata in Venezuela, ritenendo il governo di Nicolás Maduro responsabile di una presunta interruzione di corrente nella sede diplomatica, nella quale sei venezuelani, collaboratori della leader dell’opposizione María Corina Machado, hanno ottenuto asilo. In una nota ufficiale, il Ministero degli Esteri venezuelano ha ordinato di "sfrattare l'ambasciata argentina a Caracas in 72 ore". Il documento porta la data di lunedì, quindi il termine formale dovrebbe scadere oggi.
Manuel Adorni, portavoce del governo argentino di Javier Miei, ha chiarito che il ritiro del suo personale diplomatico includerà anche i sei oppositori venezuelani cui è stato dato asilo nella sede diplomatica il 20 marzo scorso. E il Ministero degli Esteri ha messo in guardia contro «qualsiasi azione deliberata che metta in pericolo la sicurezza del personale diplomatico argentino e dei cittadini venezuelani sotto protezione».
In questa vicenda, l’Argentina si appella alla “Convenzione sull'asilo diplomatico” adottata a Caracas nel 1954, che, in uno dei suoi articoli, stabilisce: «se a causa di una rottura dei rapporti il rappresentante diplomatico che ha concesso l'asilo deve lasciare lo Stato territoriale, partirà con i richiedenti asilo». E aggiunge che, se ciò non è possibile, «per ragioni indipendenti dalla volontà del richiedente asilo o dell'agente diplomatico, quest'ultimo dovrà consegnarlo alla rappresentanza di uno Stato terzo parte della presente Convenzione, con le garanzie ivi stabilite"».
La lettera del 29 luglio del Ministero degli Esteri venezuelano, invece, oltre a intimare «il ritiro dal nostro Paese dei funzionari diplomatici e consolari argentini entro un termine massimo di 72 ore a partire da questa data», avverte che il ritiro della missione diplomatica «riguarda esclusivamente il personale argentino, che avrà tutte le garanzie per il ritiro immediato dal territorio nazionale e non ha alcun legame con «la presenza di cittadini venezuelani asilo in quella missione diplomatica dal 20 marzo 2024».
L’Argentina è uno dei sei Paesi dell’America Latina che hanno apertamente messo in dubbio la vittoria di Maduro alle elezioni del 28 luglio e cui il presidente “uscente” venezuelano ha chiesto di ritirare i loro rappresentanti diplomatici ripudiando le «azioni dichiarazioni di interferenze» riguardo al processo elettorale.
Maduro e Javier Milei si erano peraltro presi a male parole al termine della giornata elettorale. «Dittatore Maduro, fuori!!!», aveva scritto sul social network X il presidente argentino supponendo che la vittoria sarebbe andata al contendente di Milei Edmundo González Urrutia, e aggiungeva: «I venezuelani hanno scelto di porre fine alla dittatura comunista di Nicolás Maduro. I dati annunciano una vittoria schiacciante per l'opposizione e il mondo aspetta che si riconosca la sconfitta dopo anni di socialismo, miseria, decadenza e morte»; «L'Argentina non riconoscerà un'altra frode e spera che le Forze Armate questa volta difendano la democrazia e la volontà popolare. La libertà avanza in America Latina» (allusione a “La Libertad avanza”, il movimento ultraliberale di Milei).
Prontissima la risposta di Maduro riportata dall’agenzia spagnola Efe: «Vile, non mi sopporti neanche per un attimo!». E durante il discorso con il quale si è proclamato vincitore ha ancora punzecchiato l’omologo argentino esclamando «No al nazi-fascista di Milei!».
*Foto di Eneas De Troya tratta da Flickr
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