La relazione, fondamento della nonviolenza
Per celebrare la Giornata Mondiale della nonviolenza, fratel Alberto Degan, missionario comboniano in Colombia, ha scritto il seguente testo:
Oggi è la Giornata Mondiale della nonviolenza. Nel messaggio per la Giornata Mondiale della pace del 2017, papa Francesco auspica “che sia la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali”. Il principale campo di attuazione della nonviolenza è il mondo delle relazioni, a vari livelli. Di fatto, la ‘relazione’ è il fondamento della nonviolenza. La nonviolenza, sostanzialmente, è sentirsi in relazione profonda con i fratelli e con la Natura; è il rispetto di ogni essere vivente, cui ci sentiamo intimamente legati. Gandhi usava il termine satyagraha, ‘forza della verità’. La verità più profonda del nostro essere è che siamo intimamente intrecciati gli uni agli altri: non ci potrà essere nessuna pace se non riconosciamo e non viviamo questo ‘intreccio’ scritto nel nostro DNA. La nonviolenza, dunque, è la ‘forza della relazione’ e la consapevolezza di questa forza.
In quest’ottica, l’opposto della ‘nonviolenza’ è la ‘mancanza di relazioni’, cioè la ‘Grande Sconnessione’: quel torpore che ci fa perdere ogni consapevolezza di essere intrecciati agli altri. E così, quando in noi muore la ‘forza della relazione’, si apre la strada a ogni forma di violenza e aberrazione, in ogni ambito.
Nel 1991 il giovane Pietro Maso, allora ventenne, uccise i due genitori perché, spiegò, voleva intascare subito la sua parte di eredità. Riflettendo su questo omicidio, don Giulio Battistella sottolineò un punto fondamentale. Più o meno in quello stesso periodo l’Italia aveva partecipato alla I guerra del Golfo, durante la quale si uccisero tanti civili, e vennero sepolti vivi sotto la sabbia circa 100.000 soldati iracheni. Il giovane americano Joe Queen, spiegò che il suo lavoro di soldato consisteva nel seppellire vivi gli iracheni nelle loro trincee scavate nel deserto, per poi riempirle e ‘appianarle’ bene, in modo da permettere alla Brigata Meccanizzata statunitense di proseguire tranquilla dietro di lui: “C’erano tanti soldati iracheni che marciavano verso di noi tenendo le armi in alto in segno di resa; ma i nostri carrarmati li rovesciavano come birilli per farli fuori e poi insabbiarli”. Dopo aver ucciso i suoi genitori Pietro Maso fu sottoposto ad una perizia, e fu dichiarato ‘sano di mente’. E in effetti, come rimarcò don Giulio, il giovane Maso aveva semplicemente - e razionalmente - applicato alla sua vita privata la logica che vedeva trionfare sulla scena politica internazionale, ossia la legge del più forte e il principio secondo cui il fine giustifica i mezzi: se a uno Stato è permesso invadere un’altra nazione e uccidere migliaia di innocenti per impossessarsi del loro petrolio, allora a me, come privato cittadino, sarà permesso, per guadagnarmi 300.000 euro, di uccidere una o due persone (fossero anche i miei genitori). Si tratta della stessa ‘logica’: se io non mi sento intrecciato con la vita e il destino di un popolo o di una persona, la posso eliminare senza alcun rimorso.
Nel marzo 2016 due trentenni romani uccisero a martellate un loro coetaneo per ‘divertimento’: “Volevamo uccidere per vedere l’effetto che fa, dissero per spiegare il loro gesto. Qualcuno potrebbe esclamare: ‘Ma questi sono malati mentali!’. Il fatto è che, se soffochiamo la ‘forza della relazione’ incisa nel nostro DNA, qualcosa inevitabilmente si deforma e si ‘spacca’ nella nostra mente e nel nostro cuore, e così si apre la strada a qualsiasi tipo di perversione.
Nella sfera dei rapporti interpersonali il principale rischio che corriamo oggi è che la relazione sia sostituita dalla connessione. La parola relazione deriva dal verbo latino ‘raccontare’ (refero, relatum). La relazione nasce da un’esperienza di raccontarsi all’altro in profondità. Nel famoso duetto di Verdi tra Otello e Desdemona, lui le racconta tutte le sue sofferte peripezie e lei lo ascolta con profonda commozione: “Tu mi amavi per le mie sventure, ed io ti amavo per la tua pietà’, le dice Otello. La relazione intima nasce da questo raccontarsi: ti sei raccontato; adesso questo racconto, il tuo dolore, la tua speranza, è entrato nel mio cuore, per sempre. Il tuo racconto è diventato anche mio.
La connessione di Internet, invece, risponde ad un’altra logica: ti incrocio, sento una scintilla che ci connette e ci regala un’emozione forte. Ma poi, con la stessa facilità con cui mi sono connesso posso anche sconnettermi: basta un cortocircuito oppure io decido di schiacciare un tasto e la connessione sparisce.
Di fronte alle sofferenze provocate dalla Grande Sconnessione, le “guerre, il terrorismo, gli abusi subiti dai migranti, la fragilità dei legami interpersonali” – come dice Francesco - siamo invitati ad applicare la nonviolenza, a custodire la Bellezza della relazione profonda, e a mantenere viva in ciascuno di noi la ‘forza della relazione’, la consapevolezza di questo intreccio sacro che ci costituisce come esseri umani, senza il quale non sarà possibile costruire un presente e un futuro di pace. Che Gesù, principe della pace, ci illumini e ci guidi!
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