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NON UN LIBRO DI TEOLOGIA, MA DI SPIRITUALITÀ. CON QUALCHE ERRORE. IL CARD. MARTINI COMMENTA IL GESÙ DI RATZINGER

Tratto da: Adista Notizie n° 39 del 02/06/2007

33901. PARIGI-ADISTA. Potrebbe apparire come un elogio senza riserve, ma a ben leggere non è esattamente così. Gli appunti sottili e garbati, mossi dal card. Carlo Maria Martini - arcivescovo emerito di Milano, ritiratosi a Gerusalemme - al libro Gesù di Nazaret di Joseph Ratzinger, ci sono. E si percepiscono ad uno sguardo un po’ più attento nell’analisi del libro del papa che il cardinale gesuita ha offerto a Parigi, il 23 maggio scorso, presso la sede dell’Unesco, in occasione dell’uscita del volume a livello mondiale, in una tavola rotonda promossa dalla Conferenza episcopale francese.Il testo della conferenza è stato pubblicato dal Corriere della Sera (24/5), ma ne ha parlato diffusamente anche il quotidiano cattolico francese La Croix (24/5), in un articolo nel quale emerge qualche elemento tralasciato nella versione del Corriere.Martini si pone cinque domande, chiedendosi in primo luogo chi sia l’autore del libro: un professore di teologia, certo, che però ora è anche vescovo di Roma e papa. "Qui si pone già una possibile questione – afferma il gesuita –: è il libro di un professore tedesco e di un cristiano convinto, oppure è il libro di un papa, con il conseguente rilievo del suo magistero?". La risposta sta nella prefazione del libro dello stesso Ratzinger, che esclude il carattere magisteriale del libro e lo definisce "espressione della mia ricerca personale", chiedendo ai lettori un "credito di benevolenza". Bene, commenta Martini, "siamo pronti a fare questo credito di benevolenza, ma pensiamo che non sarà facile per un cattolico contraddire ciò che è scritto in questo libro. Comunque tenterò di considerarlo con uno spirito di libertà". Tanto più, prosegue, che l’autore "non è esegeta, ma teologo e sebbene si muova agilmente nella letteratura esegetica del suo tempo, non ha fatto studi di prima mano per esempio sul testo critico del Nuovo Testamento". Ecco perché "non cita quasi mai le possibili varianti dei testi, né entra nel dibattito circa il valore dei manoscritti", accettando in merito le conclusioni maggiormente accreditate dall’esegesi contemporanea.La Croix, a questo punto, cita un’espressione di Martini più netta, che nel testo del Corriere non è riportata: nel libro, afferma il cardinale, vi sarebbero des petites fautes, ossia dei piccoli errori, non gravi tuttavia visto che ce n’est pas un livre magisteriel, che non si tratta, cioè, di un libro di carattere magisteriale. Un appunto non trascurabile, da parte di un cardinale-esegeta nei confronti di un papa-teologo, soprattutto alla luce della sostanziale divergenza di opinioni in materia teologica e pastorale e di politica ecclesiale che li vede nella Chiesa su due versanti se non opposti, almeno distanti. Anche sul titolo del libro Martini ha qualche perplessità: data "la facilità" con cui l’autore passa dai fatti che riguardano Gesù all’importanza di quest’ultimo per i secoli successivi e per la Chiesa, "il vero titolo – ha detto – dovrebbe essere Gesù di Nazaret ieri e oggi". L’arcivescovo emerito giudica positivamente l’ampiezza dello sguardo su Gesù, non limitato a "discussioni meticolose" degli eventi della sua vita, ed individuando il metodo proprio di Ratzinger nel "reciproco intrecciarsi di conoscenze storiche e di conoscenze di fede". Allo stesso tempo, però, nota che "quanto alla storia di Gesù, il libro è incompleto", spiegando poi che quanto manca sarà oggetto di un secondo volume, e che, per ciò che riguarda le fonti, "l’autore non ne tratta direttamente, come spesso avviene in diverse opere dello stesso genere", suggerendo che "forse ne parlerà all’inizio del secondo volume".Un appunto a livello dei contenuti viene espresso da Martini riguardo alla "lunga discussione" che il papa propone sulla storicità del vangelo di Giovanni. "Penso che non tutti si riconosceranno nella sua descrizione dell’autore del quarto vangelo – osserva Martini – quando egli dice: ‘Lo stato attuale della ricerca ci consente perfettamente di vedere in Giovanni, il figlio di Zebedeo, il testimone che risponde con solennità della propria testimonianza oculare identificandosi anche come il vero autore del Vangelo’". Dopo aver citato lunghi passi del libro, che evidenziano come nel pensiero dell’autore "ragione e fede siano implicate e reciprocamente intrecciate", Martini arriva a sintetizzarne il significato globale, che è ciò che Ratzinger definisce come necessità di leggere la Bibbia, e in particolare i vangeli, come unità e totalità, "espressione di un messaggio intrinsecamente coerente", rifiutando l’"imperialismo del metodo storico-critico".
Martini si chiede infine come giudicare dunque l’opera e la sua "riuscita globale". E rifiuta di farlo a partire "dal numero di copie vendute nel mondo intero, che tutto sommato non è un indice particolarmente significativo del valore del libro". L’opera, afferma, "è una grande ed ardente testimonianza su Gesù di Nazaret e sul suo significato per la storia dell’umanità e per la percezione della vera figura di Dio". Ed è "sempre confortante – commenta – leggere testimonianze come questa". In conclusione: per il gesuita "il libro è bellissimo, si legge con una certa facilità e ci fa capire meglio Gesù Figlio di Dio e al tempo stesso la grande fede dell’autore", non limitandosi, però, "al dato intellettuale". Pensava anche lui, confessa, di scrivere un libro su Gesù (diverso, però: "come conclusione dei lavori che ho svolto sui testi del Nuovo Testamento"). "Ora, mi sembra che questo libro di Joseph Ratzinger corrisponda ai miei desideri e alle mie attese", commenta nelle ultime righe, benevolo, dicendosi "molto contento che sia stato scritto". (ludovica eugenio)

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