La vittoria degli sconfitti
Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 9 del 24/01/2009
Nel suo Memoriale Aldo Moro ricorda le ragioni ideali (una sorta di “scelta religiosa”) per cui, al termine del suo impegno nell’Azione cattolica, decise di dedicarsi alla politica e alla costruzione della democrazia nel Paese.
Ricorda di aver condotto la sua battaglia nel partito della Democrazia Cristiana e sulla scena politica italiana talvolta vincendo, talvolta perdendo. E precisa: più spesso ho perduto. Anche Dossetti, nelle sue conversazioni con amici negli anni novanta tornava spesso sul tema: io ho perduto.
E ricordava le sue battaglie di minoranza, le sue intuizioni che erano state accantonate: nella politica, nella vita civile e un po’ anche in quella ecclesiale.
Eppure poche persone hanno segnato la vita italiana come Moro e Dossetti. E a loro si potrebbero affiancare tantissimi nomi: lo stesso De Gasperi si potrebbe dire che morì emarginato e sconfitto. E che dire di Berlinguer, di Martinazzoli, di Lazzati, di Falcone e Borsellino oppure di Mazzolari, Milani, Tonino Bello o di monsignor Bartoletti? Nessuno di questi è stato un vincente, nessuno è stato applaudito in vita.
Eppure il nostro Paese ha ricevuto molto da ciascuno di loro e da tanti altri che hanno saputo resistere e seminare con pazienza e coraggio, come Giovanni Nervo, Arturo Paoli, Giovanni Franzoni, Tina Anselmi e tanti altri.
I veri vincitori sono loro.
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