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“SCRUTINATI” E BOCCIATI I NEOCATECUMENALI NEL LIBRO INCHIESTA DI MARCO MARZANO

Tratto da: Adista Notizie n° 27 del 14/07/2012

36784. ROMA-ADISTA. Nella Chiesa di Wojtyla e Ratzinger, che vive la sindrome da «fortino assediato» dalla società secolarizzata e relativista, i movimenti sono le «truppe di complemento»: «Agli alti prelati spetta l’occupazione della scena pubblica, il rapporto con il Palazzo, con la politica e con gli altri poteri, la permanente esposizione mediatica; ai movimenti compete crescere nella società, conquistare adepti, resistere alla secolarizzazione, formare nuovo clero. In mezzo, stritolati dalla totale assenza di vie d’uscita dall’afasia e dall’immobilismo», i preti conciliari, le parrocchie, il laicato “normale”, che rischiano l’eclissi, se non l’estinzione. Alla luce di questa analisi, l’inchiesta sulla crisi della Chiesa in Italia del sociologo Marco Marzano (v. notizia precedente) dedica ampio spazio ai movimenti, primo fra tutti il Cammino neocatecumenale che, al pari di altri, «presenta molte caratteristiche di quella che, in termini sociologici, si può definire una setta religiosa»: una differenza marcata – nella dottrina, nella pratica, nel linguaggio... – rispetto alla religiosità più diffusa; l’opposizione ai valori maggioritari diffusi all’interno della società, «talvolta in nome di una perduta purezza originaria»; il forte senso di appartenenza che diventa la «fonte primaria di identità sociale» (sui neocatecumenali v. Adista nn. 65/90; 51/96; 17/97; 9, 10, 39, 47, 53, 55 e 67/02; 27/03; 59/04; 3 e 21/06; 21 e 41/07; 49/08; 5/11; Adista Notizie nn. 3 e 4/12).

Nella sua “indagine” sui neocatecumenali, Marzano confessa di aver incontrato grandi difficoltà: quasi impossibile penetrare oltre la superficie e l’ufficialità, «i neocatecumenali si sono rivelati un osso più duro» degli altri movimenti, «più diffidenti e meno ingenui». Fino a quando non è riuscito ad imbattersi in qualche “gola profonda”, con esperienze dirette nel Cammino.

Separati in Chiesa

Come don Salvatore, giovane parroco in una diocesi dell’Italia meridionale, che ha “ereditato” le comunità neocatecumenali dal suo predecessore e che non riesce ad allontanarle, anche perché il vescovo, che è «oliato» dalle ricche offerte che riceve, non lo sostiene: «Nel Cammino c’è un sostanziale rifiuto della Chiesa», racconta, «è un’esperienza che dovrebbe portarti a Cristo e alla Chiesa ma non lo fa. Perché invece ti conduce a Kiko (il fondatore dei neocatecumenali, ndr) e solo a lui». «Il parroco, quando ci sono loro, non conta più niente, diventa un amministratore di sacramenti», perché «loro prendono in mano tutto. E obbediscono solo ai catechisti». Sono dei separati in Chiesa: non vogliono mescolarsi con gli altri fedeli, «né sono interessati ai problemi sociali, per esempio ad aiutare i tanti poveri che vivono nel quartiere. E potrebbero farlo, dal momento che hanno molte risorse: tanto denaro e parecchi militanti. Ma il fatto è che di chi non è del Cammino, di chi non diventa seguace di Kiko, a loro non interessa».

Scrutini e decime

Oltre al parroco, i “fuoriusciti”, una coppia sposata, Aldo e Patrizia, per molti anni impegnati nel Cammino, lui anche responsabile di comunità, nonostante sia arrivato diverso tempo dopo la moglie: «Il Cammino è un’organizzazione maschilista», spiega, «non concede quasi mai alle donne la possibilità di occupare posti di responsabilità», il ruolo della donna «è di stare accanto all’uomo», e basta. Aldo parla di alcuni degli aspetti più controversi del Cammino: il denaro e i cosiddetti “scrutini”, ovvero la “confessione” dei propri comportamenti, anche quelli privati e intimi, davanti alla comunità, interrogati dai catechisti. Si inizia con le collette ad hoc, ma dopo due-tre anni di Cammino, si passa ad una sorta di «tassazione interna», la «decima», sollecitata con «forti pressioni psicologiche» da parte dei catechisti. «Nel 1998 – racconta – raccogliemmo la bellezza di 66 milioni di lire. In parte in contanti, in parte in catenine, collane e altri monili d’oro che io, come responsabile, fui incaricato di vendere»: due terzi rimangono al gruppo per le attività, un terzo finisce «nelle tasche del vescovo».

Per quanto riguarda gli scrutini, racconta Patrizia, ci veniva detto in continuazione «che nel Cammino nessuno giudicava», «che gli altri ci avrebbero ascoltati senza condannarci e senza far mai trapelare le nostre confidenze all’esterno del gruppo. Ma non è vero», e presto si scopre che tutti sanno tutto, anche gli aspetti più intimi. Per esempio «nel caso di un marito che voglia ottenere i favori sessuali di una moglie restia a concederglieli», l’uomo può rivelarlo in una «risonanza» all’interno del gruppo, dicendo «che sua moglie da qualche tempo “non è aperta alla vita”, cioè si rifiuta di fare l’amore con lui. Da quel momento la donna sentirà su di sé la pressione dell’intero gruppo ad assecondare il desiderio del marito» e «i fratelli e le sorelle di comunità pretenderanno di sapere come sono andate a finire le cose». (l. k.)

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