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Proposte Libri

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 29 del 28/07/2012

Fausto Pellegrini. La bisaccia del giornalista. L’informazione necessaria per il XXI secolo (Prefazione di Pietro Ingrao) Dissensi Ed., pp.140, 12,50€ www.dissensi.it

Cosa mettere nella bisaccia del giornalista per far sì che il suo lavoro sia efficace antidoto a un’informazione che sembra oggi parziale, scandalistica, sempre dalla parte del vincitore? È quanto tenta di delineare, con successo, il giornalista Fausto Pellegrini, vice caporedattore del coordinamento line di Rainews, nel volume La bisaccia del giornalista. L’informazione necessaria per il XXI secolo appena pubblicato dalla Dissensi Edizioni (pp.140, euro 12,50; prefazione di Pietro Ingrao; www.dissensi.it).

Un libro che nasce, come spiega lo stesso autore nell’introduzione, da una insoddisfazione e da una speranza. «Dall’insoddisfazione di vedere l’informazione ridotta a “brusio dell’insignificante” (come scrive Todd Gitlin) o peggio, a strumento di/per il potere, come profetizzava lucidamente Pier Paolo Pasolini: due facce di una stessa medaglia». E «dalla speranza che un moto d’indignazione condivisa porti al rovesciamento del tavolo, restituendo al giornalismo il ruolo di cane da guardia della società nei confronti del potere, di strumento di partecipazione e riscatto per i senza voce, effetti collaterali di ogni guerra: militare, politica economica». «Un libro contro l’indifferenza» per «un’informazione che smetta di essere forte coi deboli e debole coi forti, che non lasci mai notizie orfane, che sappia uscire dai palazzi del potere per “camminare domandando”»: «Che sappia dire con don Tonino Bello “non mi importa sapere chi è Dio, mi importa sapere da che parte sta”».

Partendo dalla constatazione che quello dell’informazione, alla pari di molti altri, è un mondo che cambia, alle prese con tecnologie che ne stravolgono meccanismi e strumenti, Pellegrini non manca di ricordare che l’unica bussola che possa orientare il lavoro giornalistico è l’etica, perché il giornalismo «non è mestiere che si addice al cinico»: «È voglia di raccontare storie e vite avendo a cuore gioie e sofferenze delle persone che ci troviamo di fronte». Con onestà e umanità: due elementi da riporre con cura nella nostra bisaccia per fare questo lavoro assumendo il punto di vista più scomodo possibile, per dare voce a chi voce non ha. Per rovesciare quel tavolo, rifiutando la logica e la struttura del dominio: «Nessuno può chiamarsi fuori da queste responsabilità. Ognuno per la sua parte ha il dovere di contribuire a migliorare l’informazione. Chi non lo fa non può nascondersi dietro a nulla. E non può lamentarsi delle conseguenze».

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