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PRIMO, LA SINODALITÀ. UN APPELLO DI RIVISTE E REALTÀ ECCLESIALI DI BASE

Tratto da: Adista Notizie n° 11 del 23/03/2013

37086. ROMA-ADISTA. Associazioni, riviste di ispirazione cristiana, realtà ecclesiali di base, comunità ecclesiali firmano insieme un  appello affinché dal Conclave che sta per iniziare esca una nuova idea di Chiesa, oltre che un nuovo papa: il testo chiede infatti che nella Chiesa si riprenda in mano lo strumento che il Concilio Vaticano II aveva individuato come essenziale per affiancare il papa nel governo della Chiesa, ossia il Sinodo dei vescovi. Oggi però il Sinodo ha un potere solo consultivo; farlo diventare un reale strumento di partecipazione delle Chiese locali alla vita della Chiesa perché dotato di poteri decisionali, appare ai firmatari una precondizione affinché si possa dare inizio a tutta una serie di riforme, auspicate da larga parte del popolo di Dio ma bloccate da un sistema di potere ecclesiastico che finora è stato verticistico ed autoreferenziale. Inoltre, al Sinodo potrebbero essere attribuiti quei poteri di controllo sul funzionamento della Curia e sullo Ior che renderebbero possibile l'inizio di una trasparente gestione finanziaria dei beni della Chiesa.
Ma l'esigenza di sinodalità nella Chiesa va al di là della  istituzione di un vero Sinodo a Roma. Una  gestione con metodi sinodali deve estendersi a tutta la vita delle Chiese locali. L'origine greca della parola syn (con, insieme) e odòs (strada, cammino), rende bene l'idea di una ekklesìa, di una comunità in cammino. Il Concilio stesso ha unito questa immagine a quella del popolo di Dio: la Chiesa è un popolo che cammina insieme nella storia, per essere segno del regno di Dio offerto a tutta l’umanità. Di seguito, il testo dell'appello e le realtà cristiane che lo hanno sottoscritto.
«La rinuncia al pontificato di Benedetto XVI determinata dal riconoscimento della propria inadeguatezza ad esercitare il ministero petrino per l’ingovernabilità della Curia impone al prossimo conclave di affidare al futuro pontefice il mandato prioritario di un radicale rinnovamento della gestione del governo centrale della Chiesa ispirato al dettato conciliare. Il Concilio infatti con l’istituzione del Sinodo dei vescovi per affiancare l’opera del papa aveva avviato una radicale riforma, subito bloccata prima dall’esitazione di Paolo VI, poi dalla decisa riaffermazione dell’esclusività del primato papale di Giovanni Paolo II.
In tempo di secolarizzazione, solo una piena collegialità ed un esercizio non esclusivo e verticistico del potere può evitare che il papa, attorniato da collaboratori da lui stesso scelti, diventi inadeguato a interpretare i diversi e sempre più accelerati processi sociali e culturali che nei cinque continenti costituiscono i contesti in cui oltre un miliardo di fedeli professano la loro fede e vivono la loro esperienza comunitaria.
Il Sinodo, dopo un radicale rinnovamento della struttura che gli è stata imposta e delle norme che ne regolano il funzionamento, può invece consentire che le diverse sensibilità e le sempre nuove esperienze ecclesiali, diffuse sul territorio, abbiano ascolto e cittadinanza anche nelle scelte pastorali e di governo della Chiesa.
Al tempo stesso il Sinodo si potrà dotare di strumenti di controllo sul funzionamento della Curia e della gestione delle risorse affidate allo Ior ed agli altri organismi che gestiscono le finanze vaticane».

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