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Per bloccare lo “Sblocca Italia”. Il decreto del governo Renzi smontato pezzo per pezzo

Tratto da: Adista Documenti n° 38 del 01/11/2014

DOC-2663. ROMA-ADISTA. Che l’Italia “cambi verso”, sì, ma sul serio. Che diventi un Paese moderno, «e cioè un Paese che guardi avanti. Un Paese che sappia distinguere tra cemento e futuro. E scelga il futuro». Un Paese «in cui chiamiamo sviluppo ciò che coincide con il bene di tutti, e non con l’interesse di pochi», in cui «lo sviluppo sia ciò che innalza - e non ciò che distrugge - la qualità della nostra vita». È questo il significato di “Rottama Italia”, un instant book gratuito pubblicato da Altreconomia in cui 16 personalità del mondo intellettuale e politico smontano pezzo per pezzo, articolo per articolo, il decreto Sblocca-Italia varato dal governo Renzi il 12 settembre scorso, che dovrà essere convertito in legge entro il prossimo 12 novembre. Un’iniziativa (nata da un’idea di Sergio Staino durante un incontro organizzato da Slow Food a Scandicci il 16 settembre e talmente condivisa che tanto gli autori, dei testi e delle vignette, quanto l’editore hanno accettato di lavorare gratuitamente) dettata dalla gravità estrema dei contenuti del decreto: «Un terribile ritorno a un passato che – scrive lo storico dell’arte Tomaso Montanari spiegando le ragioni del libro – speravamo di aver lasciato per sempre. Un passato in cui “sviluppo” era uguale a “cemento”. In cui per “fare” era necessario violare la legge, o aggirarla. In cui i diritti fondamentali delle persone (come la salute) erano considerati ostacoli superabili, e non obiettivi da raggiungere». Ma anche un’iniziativa ispirata alla necessità della «resistenza allo Sblocca Italia», in primo luogo attraverso «la conoscenza, l’informazione, la possibilità di farsi un’opinione e di farla valere», fino all’estremo ricorso al referendum, «se - alla fine e nonostante tutto - questo sciagurato decreto “Rottama-Italia” diventerà legge dello Stato». Perché - conclude Montanari - «non siamo contro lo Sblocca Italia. Siamo per l’Italia».


Fuori dalla Costituzione

In primo luogo, il decreto che nei suoi 45 articoli mira a “sbloccare” il Paese poggia - come evidenzia Paolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte Costituzionale - su «un equivoco di fondo»:  «sull’idea, cioè, che l’interesse all’esecuzione delle opere possa addirittura prevalere su fondamentali interessi direttamente tutelati della Costituzione». Un vizio di impostazione che «si rivela particolarmente nella preoccupazione, che percorre tutto il decreto, di assicurare in ogni caso una piena e incondizionata “libertà d’azione delle imprese”, senza minimamente preoccuparsi del fatto che le imprese non garantiscono affatto il perseguimento di interessi generali. Basti ricordare come si sono comportate la Fiat e tante altre aziende, che, per conseguire maggiori profitti, non hanno esitato a licenziare masse di operai e a delocalizzare». È contro tale impostazione che occorre riaffermare con forza, sottolinea Maddalena, che «il “territorio”, elemento costitutivo della comunità politica, non è un bene liberamente disponibile da parte del governo o di amministratori locali», in quanto «la “proprietà collettiva” del territorio spetta, originariamente, al popolo a titolo di “sovranità” ed ha sempre preceduto quella privata», come per l’appunto insegna la nostra Costituzione.

Al servizio delle imprese, al contrario, lo “Sblocca Italia”, varato da un governo «nominalmente di Centro-sinistra», giunge persino, secondo l’archeologo Salvatore Settis, a «celebrare, dopo vari tentativi andati a vuoto, il trionfo del silenzio-assenso», estendendolo anche alla materia dei beni culturali e del paesaggio e così trasformandolo da tutela del cittadino contro l’inerzia della pubblica amministrazione in un trucco che cestina un principio fondamentale della Costituzione», quello della «primarietà del valore estetico-culturale», che, secondo varie sentenze della Corte Costituzionale, non solo non può essere «subordinata ad altri valori, ivi compresi quelli economici», ma deve anzi essere «capace di influire profondamente sull’ordine economico-sociale».


Svendi-Italia

A scorrere gli articoli del decreto, spiega l’urbanista Paolo Berdini, si comprende invece come questo risponda esattamente agli interessi del mondo della finanza liberista, del cartello di imprese che controlla le grandi opere e della speculazione immobiliare, e cioè «le lobby che hanno portato l’Italia nella drammatica crisi che viviamo». «È stata come noto la finanza di rapina - sottolinea Berdini - a provocare la crisi che sta minando il futuro delle giovani generazioni: lo Sblocca-Italia perpetua questo fallimento e affida addirittura al mondo finanziario le città e il patrimonio immobiliare pubblico». Con la conseguente trasformazione, evidenziata da Tomaso Montanari, di «beni pubblici secolari in “liquidità” destinata ad evaporare nella prima tempesta finanziaria». Cosicché «non avremo più un demanio su cui fondare le politiche sociali dello Stato. Che, d’altra parte, non esistono: il governo “Renzusconi” non ha nessun progetto sociale per lo spazio pubblico inutilizzato, spesso di notevole qualità architettonica e artistica. L’unico progetto è alienare, favorendo la speculazione e vanificando il progetto della Costituzione. Avevamo sperato di vedere le caserme trasformate in scuole, musei, biblioteche, asili pubblici, centri culturali per i bambini, i giovani e gli anziani. E invece no: saranno outlet, resort di lusso, supermercati, sale giochi». E il punto, prosegue, «non è (solo) tutelare quelle “cose”, il punto è conservare la funzione civile, immateriale, costituzionale dello spazio pubblico: che è uno dei pochi polmoni di libertà dalla tirannia del mercato che opprime le nostre esistenze». 

Uno spartiacque

Ma gli orrori non finiscono qui. Basti pensare, tra molto altro (dalla “rigenerazione” urbana di Bagnoli alla realizzazione dell’autostrada Orte-Mestre, «la più insensata tra le grandi opere da realizzare su territorio italiano» e tra le più dannose per l’ambiente naturale, come scrive il giornalista Luca Martinelli, per citare solo due casi) alla mano tesa dal governo di Matteo Renzi alle compagnie petrolifere, con l’attribuzione a tutti i progetti di prospezione, ricerca ed estrazione di idrocarburi in terraferma ed in mare (compresi il Golfo di Venezia, il Golfo di Napoli, il Golfo di Salerno e le Isole Egadi) «carattere di interesse strategico […] di pubblica utilità, urgenti e indifferibili».

Per questi, come per gli altri interventi d’interesse strategico, si annunciano così, commenta Domenico Finiguerra, co-fondatore del Forum Salviamo il Paesaggio, «partenze a razzo con l’esproprio, rimozione di ogni opposizione, tacitazione di ogni contestazione, e interventi drastici sui gruppi di cittadini e associazioni ambientaliste che osassero mettersi di traverso». Motivo per cui, evidenzia Finiguerra, lo Sblocca-Italia funzionerà come uno spartiacque: «Da una parte ci saranno i dirigenti ed i fiancheggiatori del partito degli inceneritori, del cemento, delle privatizzazioni, delle emissioni, della crescita “costi quel che costi”; gli esecutori degli interessi di lobbies, profittatori di ciò che appartiene a tutti. Dall’altra parte ci saranno le forze che non accettano né mai accetteranno che ambiente, salute e beni comuni siano sacrificati insieme agli altri diritti dei cittadini per soddisfare l’avidità di poche persone, di pochi gruppi di potere».

Di seguito l’intervento di Anna Maria Bianchi, portavoce di Carteinregola, e alcuni stralci di quello di Carlo Petrini, presidente di Slow Food, rimandando per l’intera lettura dell’instant book all’indirizzo  www.altreconomia.it/rottamaitalia. (claudia fanti)

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