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Ricordare non basta...

Ricordare non basta...

Sono giorni di amari anniversari questi: Srebrenica, Gaza e la legge 185 sull’export delle armi. Ne hanno parlato in tanti, e tra i tanti abbiamo scelto di rilanciare il commento di Renato Sacco, Coordinatore nazionale di Pax Christi (pubblicato anche sul sito di Mosaico di pace).


"No Teeth…? A Mustache…? Smell like shit…? Bosnian Girl”

In questi giorni ci sono vari anniversari, dolorosi, amari: Srebrenica, Gaza e la legge 185 sull’export di armi. Molti hanno scritto in questi giorni su questi temi. Basta consultare alcuni siti.

Srebrenica. L’11 luglio 1995 sono stati uccisi oltre 8.000 uomini da parte dell’esercito serbo agli ordini del Generale Mladic (www.balcanicaucaso.org).

Gaza. Un anno fa Israele iniziava i bombardamenti su Gaza, con l’operazione Margine protettivo: oltre 2.000 morti, tra cui circa 500 bambini; più di 8.600 feriti; oltre 20.000 abitazioni distrutte (www.bocchescucite.org).

Legge 185/90. In questi giorni, 25 anni fa, veniva approvata una legge importante e avanzata per controllare e limitare l’export di armi: la 185/90. Il bilancio che ne fa Rete Disarmo è di una progressiva perdita di trasparenza e di efficacia. Di fatto l’Italia sta vendendo armi per decine di miliardi di euro a molti Paesi in guerra. Ai primi posti: Algeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi, Usa.

È di questi giorni la notizia che le bombe usate in Yemen dall’Arabia Saudita sono Made in Italy, più precisamente in Sardegna. E il rispetto della 185/90? (www.disarmo.org)

Ma oltre a tutte queste doverose riflessioni, c’è una considerazione di fondo che mi amareggia e mi inquieta ogni volta che si parla di guerra. E mi ritorna ogni volta che rivedo la foto della scritta iniziale. Si trova sui muri della fabbrica di accumulatori di Potocari, al tempo base dei Caschi Blu dell'Onu, vicino a Srebrenica. Sono diversi i graffiti razzisti dei soldati olandesi, caschi blu dell’Onu. Non conosco l’inglese ma la traduzione potrebbe essere: “Niente denti? Ha i baffi? Puzza di m...? La donna bosniaca”. La scritta è stata fotografata da Tarik Samarah. Anni fa aveva in programma una mostra fotografica ma qualcosa è andato storto e non è stata possibile esporla al Parlamento olandese. Non so poi come la cosa sia evoluta.

Resta il fatto che quelle scritte sono una tragica testimonianza di come la donna viene vista e usata dagli uomini durante la guerra. Ogni guerra, in ogni parte del mondo. E anche a Potocari, all’interno dell’edificio sotto controllo dei Caschi Blu, c’era la infertivno dom, che possiamo tradurre in modo schietto come “stanza degli stupri”.

La donna è considerata “il riposo del guerriero”. Un oggetto. Un bottino di guerra. Sempre, mi dicono gli esperti, la dove c’è una grossa presenza militare, c’è un grande giro di sfruttamento e prostituzione. Per molti è una cosa normale.

Ieri e oggi. Dalla Bosnia alla Siria, dal Nord Iraq, alla Nigeria…

Fino ad arrivare all’episodio di qualche giorno fa vicino a Roma: una sedicenne violentata da un militare. Molti commenti erano: se l’è cercata!

Sì, forse abbiamo bisogno di riconvertire non solo le fabbriche di armi, ma il cuore, il ragionamento, il modo di vedere la vita, l’uomo e la donna.

* Srebrenica Massacre - Reinterment and Memorial Ceremony - Luglio 2007. Immagine di Adam Jones, tratta dal sito Flickr, licenzaimmagine originale. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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