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Cambiare il mondo partendo da chi è in basso. Un libro per «percorrere altri cammini»

Cambiare il mondo partendo da chi è in basso. Un libro per «percorrere altri cammini»

Tratto da: Adista Documenti n° 35 del 17/10/2015

DOC-2742. BOLOGNA-ADISTA. Se il mondo può essere cambiato, ciò può avvenire soltanto «dalla “zona del non-essere”, cioè dal luogo di coloro a cui viene negata la condizione umana». Ed è la domanda su come questo possa avvenire a occupare da anni il centro della ricerca e della riflessione del celebre scrittore e giornalista uruguayano Raúl Zibechi, come emerge nel modo più chiaro dal suo libro Alba di Mondi Altri. I nuovi movimenti dal basso in America Latina (pp. 199, 15 euro), edito da Hermatena nella collana “Ripensare il mondo” coordinata da Aldo Zanchetta. Una ricerca, quella di Zibechi, di cui l'esperienza vissuta all'Escuelita zapatista de la libertad, raccontata dettagliatamente nel libro, segna una tappa fondamentale, contribuendo a chiarire una volta per tutte che, se la teoria critica è stata coltivata nella «zona dell'essere», non può venire «trapiantata meccanicamente nella “zona del non-essere”, perché sarebbe come ripetere l'approccio coloniale in nome della rivoluzione». Di una rivoluzione che in effetti non serve a nulla «se si limita a riprodurre l'ordine coloniale, una società di dominanti e dominati»: «L'unica via d'uscita perché i colonizzati non ripetano, ancora e ancora, la terribile storia che li colloca al posto del colono – sottolinea lo scrittore uruguayano – è la creazione di qualcosa di nuovo, di un mondo nuovo». 

C'è dunque «bisogno di altro, di percorrere altri cammini», quelli de los de abajo, quelli su cui, come evidenzia Marco Calabria nella Nota introduttiva, Zibechi ha consumato le scarpe attraversando in lungo e in largo l'America, inseguendo «le tracce della resistenza al dominio del capitale e delle merci sulle persone» e trovandole «ovunque: nelle periferie di Asunción e lungo le steppe della Patagonia, sugli altopiani andini e tra le nebbie delle selve tropicali. E, soprattutto, in Chiapas, tra gli zapatisti, alla luce della cui «rivoluzione decolonizzatrice» Zibechi analizza sette aspetti che ritiene centrali – l'autonomia e la dignità, il potere, la riproduzione e la famiglia, la comunità o l'avanguardia, l'identità, la produzione collettiva della conoscenza e la creazione di un mondo nuovo – osservando come ciascuno di essi venga espresso e praticato nelle due zone, quella dell'essere e quella del non-essere. E ribadendo la convinzione che quel «qualcosa di nuovo» non potrà mai nascere all'interno dello Stato, essendo questo, Zibechi ne è convinto, immune da ogni possibilità di rifondazione. È del resto proprio la rinuncia ad ogni legame con lo Stato, a suo giudizio, l'aspetto più innovativo dello zapatismo, che lo distingue da molti altri importanti movimenti latinoamericani, a cominciare, per esempio, dal Movimento dei Senza Terra del Brasile: gli zapatisti, spiega, non accettano le politiche sociali dello Stato «né sotto forma di sussidi, né come alimenti o alloggi. E nemmeno vogliono occupare lo Stato, né attraverso la via elettorale, né attraverso quella insurrezionale. Vogliono costruire un mondo nuovo e differente nei territori che hanno ri-conquistato», creando, dal basso, processi decisionali collettivi secondo il principio del “comandare obbedendo”. 

Vi proponiamo ampi stralci del capitolo introduttivo (il libro può essere richiesto ad Adista telefonando allo 06/6868692 o scrivendo ad abbonamenti@adista.it; oppure acquistato online sul sito di Adista). 

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