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Sconfiggere il renzismo, salvare la Costituzione

Sconfiggere il renzismo, salvare la Costituzione

Tratto da: Adista Notizie n° 24 del 02/07/2016

Tomaso Montanari, docente di Storia dell'Arte della Federico II di Napoli, più volte chiamato in causa nei giorni scorsi per essere stato candidato dal Movimento 5 Stelle alla poltrona di assessore alla Cultura a Roma, ha recentemente dichiarato al Fatto Quotidiano (16/6): «Renzi non c’entra nulla con la storia della sinistra. È un gigantesco equivoco che Renzi oggi, invece di guidare Forza Italia, sia il leader del Pd. Sarebbe il leader ideale di Forza Italia per le idee che ha e le leggi che sta facendo. Lo Sblocca Italia, la riforma della Costituzione, la riforma della scuola sono tutte cose che hanno un minimo comune denominatore: il primato assoluto del mercato. Nel momento in cui in un modo assurdo, con delle primarie aperte anche ai non iscritti al partito, diventa segretario del Pd, chi è di sinistra in quel partito si ponga il problema: o riuscire a recuperare il partito o uscirne. A un certo punto D’Alema e molti altri dovranno decidersi».

Ecco, il problema della recente tornata elettorale è precisamente questo. Renzi ambiva, con un progetto che mediaticamente è passato alle cronache (perché la storia è ben altra cosa…) come “Partito della Nazione” a rivolgersi ad un elettorato indifferenziato ed interclassista, moderato politicamente e anzi con una certa propensione a destra. Sperava cioè di fare incetta dei voti in libera uscita da Forza Italia e dai partiti centristi, in evidente crisi ormai da qualche anno. Rinunciando ad ogni legame con la sinistra socialdemocratica.

Le cose non sono invece andate così, e il 40% raggiunto alle elezioni europee si è praticamente dimezzato. Non solo, il Pd ha perso quasi tutti i ballottaggi di rilevanza nazionale. Una sconfitta che ha valore non solo come dato politico immediato, ma anche nella prospettiva di quella legge elettorale – l’Italicum – che entrerà in vigore se verrà approvata la riforma della Costituzione e che prevede proprio il ballottaggio nel caso – piuttosto improbabile – che nessun partito raggiunga il 37% dei consensi. Le ultime amministrative hanno dimostrato che il Pd e le coalizioni di centrosinistra sarebbero ad oggi probabilmente destinate alla sconfitta in caso di ballottaggio con il M5S. Rischiano anche, come il caso di Milano ha evidenziato, se a competere fosse la tradizionale coalizione di centrodestra con inclusa la Lega.

Insomma, la sconfitta del renzismo, prima ancora che di Renzi, è totale. Solo a Bologna il Pd renziano e dell'apparato se l'è cavata grazie al soccorso rosso dei 'nasi turati', nota tribù 'no profit' di beneficenza democratica 'una tantum'.

Se il presidente del Consiglio resterà in carica sarà in parte per la sua arrogante incapacità di riconoscere la sconfitta (attribuita ai candidati sbagliati o all’ansia di cambiamento meglio intercettata da altri partiti, non certo a sue responsabilità politiche); ma soprattutto in vista di un referendum sul quale l’establishment politico economico, in Italia come in Europa, punta molto, nella speranza che vinca il “Sì” e che gli esecutivi siano blindati e messi al riparo dai voti parlamentari e dai contrappesi istituzionali che ne limitino la capacità d’azione.

Per queste ragioni le elezioni amministrative devono essere il fulcro attraverso il quale rilanciare una campagna forte e decisa a favore del “No”. Del resto, Renzi ha fatto l’azzardo (in tempi in cui pensava di vincere a mani basse) di collegare l’esito referendario alla propria parabola politica.

Tutte contraddizioni su cui il movimento del “No”, assieme a quella parte della sinistra che ancora si considera alternativa a Renzi ed al suo progetto neo-autoritario, deve fare leva. Ma se Atene piange, Sparta non ride. Il Movimento 5 Stelle ha vinto in due importanti città, ma a Milano ed in altri comuni non ha certo sfondato. Lo stesso per la Lega di Salvini, che ha conquistato comuni di poco “peso politico”, perdendo peraltro (dopo 23 anni) la storica roccaforte di Varese. Il centrodestra, che ha tenuto bene a Milano, è franato in molte altre realtà. E la sinistra è ancora, inesorabilmente, ai blocchi di partenza, continuando a litigare e a dividersi. Il tempo, però, adesso stringe sul serio.

Benito Fusco è frate dell'ordine dei Servi di Maria, parroco di S. Lorenzo a Budrio (Bologna)

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