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Minerali insanguinati. L'Europa può fare la differenza

Minerali insanguinati. L'Europa può fare la differenza

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 25 del 09/07/2016

Il 13 giugno scorso, Cidse (alleanza internazionale di ong cattoliche per la giustizia globale, con sede a Bruxelles), Focsiv (federazione di ong cattoliche) e altri organismi hanno inviato una “Lettera aperta alla Presidenza e agli Stati membri del Consiglio dell’Unione Europea sui conflict minerals”, chiedendo un impegno stringente durante le ultime fasi della negoziazione sulla normativa che regola la tracciabilità dei minerali provenienti da zone di guerra, importati e utilizzati da imprese europee (principalmente stagno, tantalio, tungsteno, oro). Mentre si tenta la via di un accordo al ribasso, eliminando l'obbligo di diligenza e introducendo solo un principio di segnalazione volontaria e non vincolante, la lettera chiede che il nuovo regolamento imponga alle imprese, lungo tutta la filiera produttiva, di evitare il rischio di alimentare conflitti e violazioni dei diritti umani utilizzando appunto “minerali insanguinati”.


I minerali sono componenti essenziali per molti beni di consumo: smartphone, tablet, gioielli, macchine, lampadine. In fin troppi casi, tuttavia, l’estrazione ed il commercio di queste risorse è collegato ai conflitti e alla violazione dei diritti umani. Le organizzazioni della società civile da anni stanno documentando la connessione esistente tra i minerali e questi abusi, dal loro ruolo nel finanziamento dei gruppi armati violenti all'utilizzo del lavoro minorile nelle miniere. Questi abusi non hanno fine e le aziende continuano ad acquistare e utilizzare minerali senza valutare e affrontare i rischi connessi all'attività estrattiva. È giunta l’ora di cambiare lo stato delle cose. È tempo che i governi europei adottino provvedimenti legislativi efficaci per garantire che le imprese estraggano minerali in maniera responsabile, trasparente e sostenibile.

Le istituzioni europee stanno attualmente lavorando ad un regolamento che mira a contrastare il commercio, a volte mortale, inerente quattro di questi minerali: stagno, tantalio, tungsteno e oro. Questa iniziativa è attesa da tempo. L'UE è il più grande blocco commerciale del mondo, mèta significativa per questi minerali e metalli, mercato importante per molti dei prodotti che contengono questi minerali, secondo più grande importatore di telefoni cellulari e computer portatili in tutto il mondo. Considerati questi dati, l’UE ha sia la responsabilità sia il potere di fare la differenza garantendo che le aziende estraggano in modo trasparente, responsabile e sostenibile.

Questa è anche un’occasione per l'Unione Europea di dimostrare che è seriamente intenzionata a rispettare gli impegni assunti per promuovere il commercio responsabile. Sotto la sua nuova strategia commerciale, la Commissione sostiene che «una gestione responsabile delle catene di approvvigionamento globali è fondamentale per allineare la politica commerciale ai valori europei» (“Commercio per tutti: Verso una politica commerciale e di investimento più responsabile”, ottobre 2015).

Nel settore dei minerali, il parametro di riferimento internazionale per il commercio responsabile è quello della Guida Ocse (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sulla Due Diligence (l'attività di investigazione e di approfondimento di dati e di informazioni relative all'oggetto di una trattativa, in questo caso alla catena di fornitura, ndr). Questo standard è stato approvato da 34 Paesi membri dell'OCSE, da altri 19 Paesi e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Esso costituisce anche la base per leggi obbligatorie negli Stati Uniti e nella Regione dei Grandi Laghi in Africa. Sul totale degli Stati che hanno approvato la Guida OCSE, 24 sono Paesi membri dell'UE. Approvando la Guida, questi Stati europei si sono impegnati a metterla in pratica ma, in realtà, sono in netto ritardo da questo punto di vista e hanno veramente poco da invidiare con iniziative che da anni sono basate su un approccio meramente volontario.

Come organizzazioni della società civile abbiamo chiesto ai leader europei un regolamento ambizioso ed efficace che obbligherebbe tutte le imprese importatrici di questi minerali nell'UE – in qualsiasi forma – ad effettuare alcuni controlli di base e di due diligence lungo la propria catena produttiva, come è consuetudine in altri settori, dall’alimentare ai servizi finanziari. Le nostre richieste sono state riprese da imprenditori, investitori, leader religiosi e attivisti della società civile. Con oltre 362mila firme inviate da maggio 2015, i cittadini europei hanno chiarito che essi vogliono avere la possibilità di acquistare prodotti che siano stati estratti in modo responsabile e sostenibile.

Nel maggio 2015 il Parlamento Europeo ha preso una posizione forte votando per una legge vincolante che include le imprese che importano in Europa minerali, tanto in forma grezza quanto contenuti in prodotti finali. Tuttavia, più di un anno dopo, i negoziati sono ancora in corso e gli Stati membri sembrano essersi tirati indietro, promuovendo misure volontarie e di auto-regolamento e cercando di esentare totalmente quelle imprese che importano minerali contenuti in prodotti finiti.

Il governo olandese, nella persona del Presidente del Consiglio dell’Unione Europea, ha lavorato molto per il raggiungimento di un accordo nel corso degli ultimi mesi. Noi riconosciamo e accogliamo con favore questa iniziativa che ha introdotto un certo slancio nelle trattative, ma c'è ancora tanto lavoro da fare considerato che non si è ancora giunti ad alcun accordo che concretamente porrà fine a conflitti e violazioni di diritti umani nella filiera dei minerali.

L’inclusione delle imprese a valle nel regolamento è l’unica soluzione per una normativa efficace

Molti dei minerali che possono essere collegati a conflitti e ad abusi dei diritti umani entrano nell'UE come prodotti già finiti e, in quanto principale mercato di sbocco di questi prodotti, l'UE esercita un significativo potere commerciale nella filiera produttiva. Le imprese che importano questi prodotti devono essere incluse dal regolamento se l'UE intende stabilire un sistema di due diligence efficace che spinga gli attori economici lungo tutta la filiera a identificare e mitigare il rischio di alimentare conflitti e violazioni dei diritti umani attraverso le proprie attività imprenditoriali. Il sistema di due diligence dell’Ocse è stato disposto per includere le imprese lungo tutta la catena produttiva; ciò infatti assicura che le responsabilità siano distribuite in modo equo e accettabile. 

Nel tentativo di giungere a un accordo, il Parlamento europeo ha recentemente presentato una proposta di compromesso che limiterebbe la gamma delle imprese oggetto del regolamento a quelle più grandi e dotate di maggiori risorse. Non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che queste imprese abbiano le risorse e la capacità di estrarre i propri minerali in maniera responsabile, e che gli Stati membri abbiano la capacità di controllare efficacemente questo piccolo numero di aziende.

Chiediamo al Consiglio di ascoltare non solo il Parlamento europeo ma anche gli attivisti, gli investitori, la società civile e i cittadini che chiedono con forza un regolamento ambizioso ed efficace. Questo significa, come minimo, un regolamento che includa imprese che importano nell’UE minerali tanto in forma grezza quanto in prodotti finiti.

Inoltre sollecitiamo il governo olandese a sfruttare appieno il tempo rimanente in qualità di presidente del Consiglio dell’Unione Europea e a continuare ad agevolare un dialogo costruttivo tra i co-decisori europei. C'è ancora tempo per condurre a buon fine il regolamento europeo, un regolamento che chiedono e meritano proprio quelle comunità che vivono in aree minerarie e la cui sopravvivenza dipende dal comportamento degli attori coinvolti nelle attività estrattive. 

* Immagine di MONUSCO Photos, tratta dal sito Flickr, immagine originale e licenza. La foto è stata ritagliata. Le utilizzazioni in difformità dalla licenza potranno essere perseguite

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