Le ex suore di Burgos, tra fede e ricettazione
Tratto da: Adista Notizie n° 44 del 13/12/2025
42463 BURGOS-ADISTA. 30 opere del patrimonio storico del monastero delle clarisse di Belorado, tra cui tele, dipinti, incisioni, croci processionali, pergamene, libri e piccole statue, del valore complessivo stimato in decina di migliaia di euro, sono state recuperate dalla Guardia Civil spagnola, che, nell'ambito delle consuete azioni di sorveglianza del patrimonio nazionale, ha riscontrato la presenza di diversi pezzi di importanza storica nel mercato illecito degli oggetti d’arte e di antiquariato, dando origine a un’inchiesta giudiziaria coordinata dalla sezione istruttoria n. 1 del tribunale di Briviesca (Burgos).
Le 30 opere sono state rintracciate nel monastero di Orduña (Bizkaia) sebbene appartengano al monastero di Belorado (Burgos), evidentemente in gran parte destinate anch’esse a finire sul mercato illecito. Vendita e trafugamento sarebbero opera delle note “suore ribelli” del monastero di Belorado, al quale sarebbero state sottratte opere come un'intagliatura policroma in legno del XVI secolo della Nostra Signora di Bretonera (patrona del convento di Belorado, che si chiama appunto convento di Santa Clara della Bretonera), un testamento del 1556 della badessa María de Velasco o un grande Cristo crocifisso, che sarebbe il pezzo più antico poiché risalirebbe al XIV secolo.
Per il reato di appropriazione indebita di beni di interesse culturale, il 27 novembre sono state arrestate – insieme a un antiquario di León indagato per ricettazione – la ex badessa ed ex suora Laura García de Viedma e la ex suora Paloma. I tre sono stati rilasciatI due giorni dopo in libertà provvisoria. L’imperversare del prefisso “ex” nella frase precedente indica il fatto che entrambe, insieme ad altre 6 “sorelle” (inizialmente il gruppo era di dieci monache), sono state scomunicate nel giugno del 2024 dopo aver loro stesse abbandonato la Chiesa cattolica, quando hanno pubblicato un “Manifesto cattolico”, datato 8 maggio 2024, di totale rifiuto del magistero papale conciliare e post-conciliare (v. Adista Notizie, n. 25/24). Un testo nel quale fra l’altro si legge: «Dopo la morte di S.S. Pio XII, di felice memoria, ultimo Romano Pontefice legittimo fino a ora, la Sede di San Pietro è vacante e usurpata»; «Il male chiamato Concilio Vaticano II, convocato da mons. Roncalli, alias “Giovanni XXIII nel 1962, e chiuso nel 1965 da mons. Montini, alias “Paolo VI”, è un conciliabolo piagato da eresie»; la «falsa libertà religiosa» e il «falso ecumenismo» attestati dal Concilio «attentano direttamente all’essenza stessa della Chiesa cattolica»; «perciò non possiamo accettare questo eretico conciliabolo che propone errori nella fede e nella morale e tanto meno gli eretici che lo hanno animato, lo hanno eseguito, lo abbracciano e lo diffondono, scomunicati ipso facto»; «non può essere considerato un Concilio Ecumenico della Chiesa cattolica, ma piuttosto un autentico Latrocinio» che «ha rubato e soppiantato la fede a migliaia di milioni di credenti».
I ripetuti e tempestivi tentativi di Roma di far recedere le monache dall’abbandono della Chiesa cattolica sono stati vani. Non poteva che seguire la condanna della scomunica, giunta il 22 giugno del 2024.
Va da sé che da allora è decaduto il loro diritto di chiamarsi suore o monache, come il diritto di abitare i conventi delle suore clarisse, al cui ordine ormai avevano deciso di non appartenere. Ed è stato allora che è iniziato il lungo tira e molla per lo sfratto consumatosi fra le “suore ribelli” e il commissario delegato da papa Francesco per risolvere la questione dopo la scomunica, il vescovo di Burgos mons. Mario Iceta. Lo sfratto dai monasteri di Belorado e di Orduña (“sedi” dello stesso convento di Santa Chiara) è infine arrivato lo scorso 20 novembre notificato con sentenza definitiva dal tribunale di Briviesca.
Sfratto
A Orduña rimangono di diritto le 5 suore anziane che nel ’24 non aderirono al “Manifesto cattolico”, come stabilito dalla sentenza del 20 novembre che dichiara «ammissibile lo sfratto del convenuto», condanna le ex suore a «liberare e lasciare il suddetto immobile libero e a disposizione dell'attore, con diffida allo sfratto se non lo faranno spontaneamente» e delibera che le monache rimaste fedeli alla Chiesa costituiscono l'unica comunità monastica legittima e che il Commissario, nominato dalla Santa Sede, è il loro superiore, riconosciuto sia dal diritto canonico che dal diritto civile spagnolo. Le imputate, è scritto, «non hanno dimostrato, come era loro responsabilità, di possedere alcun titolo che giustifichi e legittimi l'uso del bene contro il suo proprietario». Non che le ex monache non avessero provato a procurarsi titoli di proprietà: hanno tentato di trasformare il convento, armi e bagagli, in associazione civile, ma erano state stoppate da una sentenza (329/2025) dell'Alta Corte di Giustizia di Madrid che aveva respinto la registrazione della nuova associazione. Il cosiddetto "capitolo conventuale" tenuto dalle ex monache il 18 maggio 2024, in cui hanno dichiarato il cambiamento da monastero ad associazione civile, secondo il giudice dell’Alta Corte, non aveva «il potere, la legittimità e la rappresentanza per riunirsi come capitolo conventuale». Dunque le sue deliberazioni sono «nulle e non possono giustificare il diritto di continuare a occupare il monastero».
Spirito di iniziativa
Il gruppo delle “suore ribelli” sotto la guida di Laura García de Viedma non è mai stato a corto né di ingegnosità più o meno al limite dell’illecito – a loro carico risultano fatture non pagate, compravendita di monasteri, perfino la riscossione della pensione per una suora morta nel 2022 –, né di capacità imprenditoriale. Le “suore di Belorado” erano molto famose in Spagna per la produzione di gustosi cioccolatini che fruttava loro un bel guadagno. Le finanze, a loro detta, sono precipitate con la pandemia. Sicché hanno pensato di mettere al riparo i loro risparmi – «circa 250.000 euro», dicono – nell'acquisto di oro. «Un'operazione di prudenza economica», l’ha definita García de Viedma. La quale ha spiegato all’epoca (v. ABC del 13/2/25) che i proventi degli ultimi lingotti sarebbero andati per acquistare un «terreno di 7.000 metri quadrati» dove allevare cani, per pagare «alcuni debiti», prendersi cura delle sorelle anziane «che hanno tra 82 e 100 anni» e, in primis, pagare l'affitto dell'hotel in cui installare il loro «ristorante di clausura».
Detto fatto, l’11 marzo di quest’anno le ex monache hanno aperto il loro locale, ottenendo peraltro un gran successo: la loro fama come cuoche, intanto di dolci, hanno assicurato loro un buon numero di prenotazioni per più giorni (v. Adista Notizie n. 11/25). Come stia andando l’impresa attualmente non lo sappiamo, ma c’è da credere che, in caso di crisi, qualche altra soluzione se la inventeranno.
*Foto presa da Unsplash, immagine originale e licenza
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