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L'urgente necessità di unire le forze. Intervista a Marcelo Barros

L'urgente necessità di unire le forze. Intervista a Marcelo Barros

Tratto da: Adista Documenti n° 29 del 03/09/2016

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Il Forum Sociale Mondiale si è svolto per la prima volta nel Nord del mondo. E forse era arrivato il momento, se è vero che la distinzione tra Nord e Sud del mondo è ormai superata da quella tra i pochi ricchi - il famoso 1% - e i tantissimi poveri a livello globale. Quale è stata la specificità del Forum di Montreal? Quali sono state le novità e quali i problemi?

Penso che tutti, sia gli organizzatori che i partecipanti, fossero consapevoli della necessità di affrontare la sfida di organizzare il Forum Sociale Mondiale in una città del “Primo Mondo”. La funzione del Forum è quella di consentire e favorire una maggiore articolazione tra i movimenti popolari e le associazioni di solidarietà. Ritengo che la scelta di una città del Nord del mondo come sede del FSM abbia permesso di dare la priorità ai poveri e agli emarginati del mondo industrializzato, i quali fino ad oggi non avevano avuto possibilità di partecipare a tale processo. Le difficoltà, tuttavia, sono state enormi. Il governo canadese ha negato il visto d'ingresso a più o meno il 70% delle persone che avevano fatto richiesta di partecipare al Forum di Montreal. Ciò spiega come, in termini numerici, questa sia stata l’edizione con la minore quantità di partecipanti (non più forse di 20mila persone). Per la prima volta, però, il FSM ha potuto contare sulla presenza dei rappresentanti degli indigeni di diverse regioni del Canada, generalmente invisibili in questo Paese e in molti casi oppressi e discriminati. E io credo che, in un certo modo, è più facile essere poveri in un Paese povero del Sud del mondo che in mezzo all'abbondanza di una città come Montreal. 

Il FSM è riuscito a dare nuova linfa al processo come si proponevano gli organizzatori?

Non me la sento ancora di affermarlo. Penso che ciò dipenderà dalle decisioni che verranno adottate nel dopo Montreal. Mi sembra significativo, comunque - e forse è la prima volta che questo avviene nel contesto di un Forum mondiale - che diverse conferenze e incontri abbiano avuto come tema proprio quello del futuro del FSM. Ho preso parte a due di questi e mi sono apparsi molto vivi e partecipati. Un motivo di preoccupazione, invece, è venuto dall'assenza, o perlomeno da una presenza assai limitata, di movimenti fondatori del FSM, movimenti che hanno sempre giocato un ruolo chiave nel processo, come il Movimento dei Senza Terra, la Via Campesina, la Marcia Mondiale delle Donne. Da questa edizione, in ogni caso, emergono alcune linee centrali a cui occorre dar seguito: 1. lavorare maggiormente sulle strategie da seguire per far fronte al capitalismo e alle sue guerre; 2. porre l'accento sul fatto che, se oggi, ancor più che nel 2001, appare assolutamente necessario un forum dei cittadini di tutto il mondo, questo processo deve essere però maggiormente radicato, attraverso l'organizzazione non solo di eventi internazionali ma anche di incontri regionali e di base; 3. promuovere forum tematici, più che mai necessari nell'attuale congiuntura mondiale, per evitare la frammentazioni e le dispersioni tipiche del FSM. Anche a Montreal, a fronte di oltre mille workshop autogestiti, l'impressione era che molti gruppi trattassero gli stessi temi, ma ciascuno nella propria sala e per conto suo.

Il FSM ha permesso ai movimenti sociali di tutto il mondo di conoscersi meglio e di articolare le proprie lotte. Ma nel frattempo, al posto dell'altro mondo possibile, quello che abbiamo di fronte è un mondo sempre più violento, ingiusto e diseguale. Perché questo strumento non è riuscito a diventare più incisivo nella formulazione di proposte e di politiche? Cos'è che è mancato?

In effetti, il capitalismo si è rivelato assai più forte di noi e in grado, nell'attuale momento storico, di vanificare tutte le nostre lotte. È vero che abbiamo vissuto momenti forti e importanti, ma non abbiamo mai potuto contare su strumenti di comunicazione che ci permettessero di coinvolgere le basi locali nelle proposte emerse dal processo del Forum Sociale Mondiale. Tutta la grande stampa ci è ostile e noi non siamo riusciti a varcare questa frontiera, a superare questo limite. Come possiamo muoverci se non abbiamo efficaci strumenti di comunicazione? Attualmente, in Brasile, il popolo viene spogliato, giorno dopo giorno, dei pochi diritti conquistati in questi anni di governo del Partito dei Lavoratori (con tutte le limitazioni e le contraddizioni che questo ha evidenziato). Ogni giorno i lavoratori soffrono una privazione in più, ma la maggioranza della popolazione continua a pensare che con l'attuale governo, responsabile di un colpo di Stato contro la presidente Dilma Rousseff, le cose andranno meglio... Come dire la verità, come garantire un'informazione seria, se gli avversari dispongono di tutti i grandi mezzi di comunicazione? Un altro limite che abbiamo mostrato è che, a eccezione di alcuni momenti, ogni organizzazione porta avanti le proprie bandiere (i contadini la questione della terra, le donne la questione di genere, ecc.), perdendo di vista l'obiettivo generale di unificare le diverse lotte, di creare una bandiera comune pur conservando l'autonomia di ogni movimento... Non siamo ancora riusciti a portare avanti questo compito.  

Dopo tante edizioni del FSM, la domande restano infatti le stesse: come unire le forze per accrescere la capacità di lotta dei movimenti sociali? E il Forum Sociale Mondiale è ancora lo strumento adeguato per permettere alle diverse realtà di stabilire mete comuni e aspetti su cui convergere? 

Come dicevo, la battaglia della comunicazione appare prioritaria e d'altro canto dobbiamo essere capaci di portare avanti la resistenza anche con tutta la nostra debolezza e con tutta la nostra fragilità... Il FSM non pretende di essere l'unico strumento di questa resistenza, ma, al momento, non abbiamo altri spazi di convergenza a livello mondiale. Pertanto, dobbiamo potenziare questo strumento e cercare di approfittare al meglio delle sue possibilità. 

Nel processo del FSM, il rapporto con le forze politiche è sempre stato fonte di polemiche. Come viene letta oggi la crisi del ciclo progressista latinoamericano?

Un'analisi critica dei governi progressisti e di sinistra latinoamericani è stata al centro di un affollato incontro organizzato dall'Ibase, l'Instituto Brasileiro de Análises Sociais e Econômicas. Ne sono emersi alcuni punti chiari. 1. Nell'attuale modello di "democrazia", i movimenti sociali e di base non esercitano un reale controllo sui loro rappresentanti. Cosicché, una volta raggiunto il potere, lo scollamento dalla base diventa quasi inevitabile anche per i politici più di sinistra. La politica può cambiare le cose solo nella relazione con la quotidianità delle persone. Se questa relazione si perde, inevitabilmente si prende un'altra direzione, anche senza volerlo. 2. L'apparato di potere, oltre a isolare, contiene un virus distruttivo per il processo rivoluzionario. In tutti i Paesi, i critici denunciano forme di autoritarismo e di caudillismo di sinistra. Ed è comune che le persone pensino: "In ogni caso, è meglio per il popolo conservare il potere, piuttosto che aprire una breccia attraverso cui la destra possa riconquistare il governo". Ma, in base a questo principio, si finisce per stringere alleanze che spingono i governi di sinistra sempre più a destra. Pochi giorni fa, Evo Morales, malgrado tutti i suoi discorsi sulla difesa della Madre Terra, ha autorizzato l'ingresso in Bolivia di 500mila tonnellate di mais transgenico.

Coinvolte nel processo del FSM sono anche le Chiese, presenti nelle varie edizioni in diverse forme, a cominciare da quella del Forum Mondiale di Teologia e Liberazione. Come giudichi quest'ultima edizione di Montreal?

Nel FSM di Montreal la presenza delle religioni e delle Chiese è stata piuttosto insignificante. Nelle tre ultime edizioni, tutte svoltesi in Africa, avevano partecipato diverse organizzazioni islamiche e anche rappresentanti induisti e di altre religioni orientali. Questa volta, nessuna di queste organizzazioni ha partecipato. Come pure sono mancati i diversi organismi di pastorale sociale cattolica (la Caritas, per esempio) presenti nelle precedenti edizioni. Nei giorni del FSM, un amico ha chiesto a un importante vescovo canadese cosa pensasse di questo evento e il vescovo ha confessato che neppure sapeva che si sarebbe svolto il FSM! Riguardo invece alla VII edizione del Forum Mondiale di Teologia e Liberazione, la preparazione è stata a carico di una commissione locale, composta da professori (uomini e donne) della Facoltà di Teologia dell'Università di Montreal e anche da qualche docente dell'Università di Toronto. Ciò ha prodotto tre conseguenze: 1. il FMTL ha potuto contare su un'ottima partecipazione, promuovendo attività proprie il giorno precedente all'apertura del FSM e il giorno successivo alla sua chiusura; 2. si è svolto attorno a temi più legati alla realtà canadese, come quello della decolonizzazione e del dialogo con le nazioni indigene; 3. è stata l'edizione del FMTL più integrata al FSM, attraverso svariate attività con i partecipanti al Forum.

Cosa lascia a te in particolare questa edizione?

In primo luogo, la constatazione di come il fatto che il sistema capitalista sia oggi ancora più forte che al tempo della prima edizione del Forum dovrebbe renderci più umili. Prima dicevamo: un altro mondo è possibile. In questa edizione lo slogan è diventato: un altro mondo è necessario. Insieme, possiamo renderlo possibile. Mi sembra più realistico. In secondo luogo, la convinzione che dobbiamo fare di tutto per arrivare a una più grande unità tra i movimenti sociali, a una più forte articolazione internazionale: i movimenti sociali non dovrebbero aspettare di essere invitati dal papa per riunirsi. Abbiamo un bisogno profondo di unire le forze e il FSM è o dovrebbe ancora essere uno spazio di incontro per un nuovo mondo possibile. La società civile e tanti non credenti portano avanti una lotta che dovrebbe essere anche quella dei credenti di tutte le Chiese: la testimonianza e l'annuncio del regno di Dio (l'altro mondo possibile). Purtroppo, sembra che la maggior parte dei ministri ecclesiali e dei vertici delle Chiese non abbiano ancora scoperto questa relazione tra l'obiettivo del FSM e l'aspetto fondamentale della missione delle Chiese. Nel quadro del FMTL, ho avuto modo di assistere alla prima del film-documentario su Camilo Torres "I volti di Camilo", del regista colombiano Diego Briceño, frutto di un lavoro di più di otto anni in sette diversi Paesi. Colpisce molto, oggi, sentir dire da un uomo come lui appartenente alla classe media: «Il cristiano o è rivoluzionario o non è cristiano». Oppure: «Quello che fa di una persona un cristiano è il suo amore per gli oppressi e la decisione di consacrare la propria vita a questa causa. Punto». E alla domanda se fosse d'accordo, nel momento in cui fossero state espropriate le ricchezze concentrate nelle mani della borghesia, sul fatto di espropriare contestualmente anche i beni della Chiesa, così aveva risposto: «Sono d'accordo a espropriare già ora i beni della Chiesa. Non c'è bisogno di attendere la rivoluzione. Tutti i beni della Chiesa, per diritto, appartengono ai poveri. Si tratta appena di una restituzione...». 

Quel che è certo è che l'invito di Gesù, oggi come ieri, è sempre questo: cambiate strada. Il regno di Dio (il programma di Dio per questo mondo) sta arrivando...

* L'immagine è tratta dal sito del Forum Sociale Mondiale di Montreal

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