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La bruttezza ha sconfitto la decenza, il rispetto e la buona volontà

La bruttezza ha sconfitto la decenza, il rispetto e la buona volontà

Tratto da: Adista Notizie n° 41 del 26/11/2016

Oggi gli Stati Uniti sono un posto più sgradevole.

Nonostante la comparsa, questa settimana, della luna più brillante dal 1948, il mondo intero è molto più buio, ora che Donald Trump è stato eletto 45° presidente nella storia degli Stati Uniti.

Lo sarebbe stato anche se l’insolente imprenditore immobiliare fosse stato sconfitto nella sua inverosimile corsa per diventare “il leader del mondo libero”  e il comandante in capo della più importante superpotenza del globo.

Già durante la lunga campagna elettorale Trump aveva cominciato a scatenare questa oscurità annientando brutalmente qualsiasi discorso civile nonché le convenzioni sociali più basilari che hanno a lungo contraddistinto il popolo americano per il suo ben noto (anche se a volte superficiale) rispetto e per la sua gentilezza nei confronti degli altri.

Liquidando tutto ciò come mera “correttezza politica”, il candidato Trump è andato avanti denigrando ogni gruppo svantaggiato: donne, messicani, afroamericani, musulmani, immigrati, disabili, politici di professione e impiegati del governo. Per dirla con le sue parole, erano “perdenti”.

Ora il presidente eletto Trump si è circondato di consiglieri, alcuni dei quali noti per essere supremazisti bianchi, nativisti americani e persino neofascisti. E la sua scelta dell’ultraconservatore Mike Pence come vicepresidente è ancora più allarmante, dal momento che probabilmente sarà il governatore dell’Indiana a gestire l’amministrazione Trump come presidente de facto.

Cerchiamo di essere chiari. Molte persone nate negli Stati Uniti, me compreso, sono profondamente imbarazzate dal fatto che il nostro prossimo presidente sia qualcuno che ha deliberatamente sguinzagliato i demoni che sobbollono appena al di sotto della superficie della società americana: razzismo, bigotteria, misoginia, avidità, tendenza all’esclusivismo, narcisismo e egoismo.

Come è successo?

Gli analisti politici e sociali hanno fornito molte e diverse spiegazioni del perché Donald Trump ha trionfato nelle primissime ore del mattino del 9 novembre. Alcune di queste ragioni sono convincenti e valide allo stesso modo. 

Ma gli esperti hanno fallito o hanno rifiutato di riconoscere il motivo principale della sua vittoria, l’odio profondo e viscerale che molti americani nutrono per i Clinton, in particolare per Hillary Clinton, rappresentante del “sesso più debole” in quella coppia politica controversa. Non fa differenza che la loro repulsione sia basata su fatti reali, su illazioni o sulle infinite sfacciate bugie che Trump e i suoi sostenitori hanno diffuso sul suo conto. La sfiducia e il disgusto della gente per Hillary era così palpabile che c’era la voglia di credere a qualsiasi cosa.

Ma è impressionante, e lascia persino senza parole, il fatto che un uomo che ha costruito gran parte della sua campagna su assolute menzogne e “fatti” sfacciatamente falsi e che si è vantato dei propri affari personali e imprenditoriali di natura quanto mai discutibile sia da un punto di vista etico che legale, abbia potuto etichettare la sua avversaria come “corrotta” e “bugiarda”.

Peraltro, ciò è solo una prova del fatto che Hillary Clinton era, fin dall’inizio, ineleggibile. 

Colpevoli della sua sconfitta sono il Comitato Nazionale Democratico e svariati altri leader democratici.

Costoro sono ricorsi a estremi rimedi, alcuni dei quali discutibili sul piano legale, per garantire la sua vittoria alla nomination del loro partito. Questi burocrati di partito, molti dei quali legati ai Clinton da un debito di riconoscenza, hanno combattuto con le unghie e con i denti per far deragliare la serissima sfida che Bernie Sanders aveva posto alla loro Hillary, da tempo consacrata.

Ciò ha nauseato e alienato molti democratici, specialmente quelli appartenenti alla cosiddetta generazione dei millennial. Questi elettori più giovani, che avevano appoggiato con forza la candidatura di Sanders, sembrano essersi astenuti in massa dalle elezioni finali.

Il fatto che la Clinton abbia conquistato la maggioranza del voto popolare (all’ultimo conteggio) non risolve il problema della sua ineleggibilità. I democratici hanno esultato quando il Partito Repubblicano – stupidamente, hanno pensato questi democratici – ha resistito agli appelli dei leader di scaricare Donald a favore di un altro candidato e, invece, ne ha fatto ufficialmente il proprio candidato alla presidenza.

Ironicamente, è stato il Partito Democratico a comportarsi in modo stupido. Avrebbe dovuto muoversi ad agosto per sostituire Hillary (arruolando Joe Biden o qualcun altro) quando la controversia sulle sue email non dava segno di spegnersi.

Lei e il suo partito, invece, hanno creduto ciecamente di poter convincere l’elettorato che persino lei costituiva un’opzione migliore rispetto a Trump, con il suo temperamento scandalosamente irresponsabile e la sua pericolosa mancanza di esperienza e di conoscenza degli affari globali. 

Gli strateghi della campagna della Clinton hanno anche fatto un madornale errore di calcolo obbligando la loro candidata a impegnarsi al livello della volgare politica di Trump. Gli elettori diffidenti l’hanno interpretato come se la ex first lady e segretario di Stato stesse dicendo: «Persino io sono una candidata più affidabile di Donald».

Non ha funzionato.

I cristiani evangelici e persino la maggior parte dei cattolici (stando ai sondaggi) hanno votato a stragrande maggioranza per il due volte divorziato e tre volte sposato Trump. Incredibilmente, hanno giustificato la loro scelta affermando che l’uomo che aveva dato mostra di tutti i vizi sociali e morali in contraddizione con il messaggio evangelico di Gesù Cristo sarebbe stato quello che con maggiore probabilità avrebbe promosso i valori cristiani. 

Erano stati raggirati da un conservatore che aveva dichiarato di stare dalla loro parte nella lotta contro la terribile piaga dell’aborto. Che testardaggine ottusa!

Trump è, al massimo, un principiante nella causa “pro-life”, benché non sia nemmeno chiaro se condivida del tutto questo movimento. Ha cambiato posizione sull’aborto almeno cinque volte tra le primarie repubblicane e le settimane finali dell’elezione presidenziale. 

È sbagliato che il clero dica ai fedeli come votare. Ma un certo numero di vescovi cattolici e ancora più preti – se i molti resoconti sono attendibili – hanno chiarito in modo cristallino al loro popolo che sarebbe stato immorale votare per un candidato “pro-choice” che difende la legalizzazione dell’aborto. Molti vi hanno visto un avallo nemmeno troppo velato a Trump. In ogni caso, questi leader ecclesiali sono stati irresponsabili.

E così ora il Paese che ama così tanto descriversi come la più grande democrazia della Terra attende l’insediamento del suo nuovo presidente e molti di noi temono l’incubo che potrebbe seguirne. 

Semplicemente, sentire “presidente Trump” provoca un brivido lungo la schiena di poco più della metà di tutti gli americani che non hanno votato per lui.

Non solo siamo preoccupati. Ci vergogniamo.

Robert Mickens già corrispondente del Tablet da Roma, è responsabile di Global Pulse, piattaforma di informazione religiosa recentemente confluita in La croix international

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