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Credenti Lgbt: mai più figli di un dio minore! Il bilancio della campagna #chiesaascoltaci

Credenti Lgbt: mai più figli di un dio minore! Il bilancio della campagna #chiesaascoltaci

Tratto da: Adista Notizie n° 3 del 21/01/2017

38818 ROMA-ADISTA. Appelli, storie, testimonianze di singoli o di coppie, per lo più cattolici. Omosessuali ma anche amici e parenti di credenti Lgbt, uniti dal comune auspicio di veder realizzato, in questi tempi contrassegnati da divisioni e odio omofobico nella Chiesa e nella società, il messaggio evangelico dell'accoglienza senza discriminazioni. Questo il cuore della campagna di storytelling #chiesaascoltaci, promossa sui social network dall'associazione italiana di cristiani Lgbt “Cammini di Speranza” durante l'Anno Santo della Misericordia. «Un messaggio rivolto alla Chiesa intera – si legge sul sito camminidisperanza.org – perché diventi finalmente casa per tutti, capace di inclusione e accoglienza». Alla Chiesa, Cammini di Speranza chiede uno sforzo per fare della misericordia un valore non solo declamato ma concretamente attuato, di accogliere dunque ed amare le persone Lgbt, le loro famiglie e i loro figli; di favorire un profondo rinnovamento degli orientamenti pastorali; di saper affiancare e guidare positivamente le persone che si avviano su un percorso di riscoperta del proprio orientamento omoaffettivo; infine di contrastare, attivamente e con ogni mezzo, la discriminazione e l'odio omo e transfobico, tanto in Italia quanto in tutti quei Paesi del mondo dove l'omosessualità è ancora criminalizzata, perseguita e punita.

L'iniziativa, durata lungo tutto il corso dell'anno giubilare voluto da papa Francesco, si è mossa contemporaneamente su due fronti: uno più “personale”, caratterizzato dalla pubblicazione periodica su Facebook e Twitter di un messaggio-appello o dall'adesione pubblica e visibile alla campagna (attraverso la segnalazione dell'hashtag #chiesaascoltaci nel riquadro dell'immagine profilo degli utenti dei social network); un altro più “artistico”, grazie al coinvolgimento del fotografo Simone Cerio, il quale ha messo a disposizione le proprie abilità ritraendo i protagonisti della campagna, con l'intento di farne, in seguito, una mostra e un libro.

Intanto, dopo la chiusura delle attività a fine 2016, Cammini di Speranza ha raccolto tutti i contributi pubblicati durante l'anno in un prodotto digitale, un file pdf di 54 pagine, scaricabile gratuitamente dal sito dell'associazione (ulteriori informazioni: info@camminidisperanza.org). «L’idea centrale della campagna – si legge nell'introduzione all'eBook – è di riscoprire le piazze, reali ma anche quelle virtuali offerte dai social network come luoghi di incontro in un momento in cui sembra che la logica delle barricate, della contrapposizione ideologica sia l’unica via percorsa. Nell’anno del giubileo della Misericordia sembra possibile che, proprio nella luce di questa Misericordia, trovi spazio ogni persona, ogni storia, ogni affetto, con uguale dignità, uguale rispetto, senza pregiudizio. Papa Francesco ci invita a costruire ponti e noi siamo qui a raccogliere questo invito».

I 25 testimoni di #chiesaascoltaci denunciano la doppia morale delle gerarchie (spesso anche dello stesso papa), che da una parte predicano l'accoglienza e l'amore incondizionato di Dio per i suoi figli, mentre dall'altro continuano a considerare le persone Lgbt come fedeli di serie B, «in errore oggettivo» e in condizione di peccato quando vivono la propria sessualità nella coppia, di fatto emarginandole e costringendole a ritenersi escluse dal progetto divino. Sono persone che credono, si sentono pienamente figlie di Dio, e vorrebbero testimoniarlo, come tutti gli altri fedeli eterosessuali, nelle loro chiese e parrocchie, senza nascondersi o vedersi costrette ad abbandonare le comunità di riferimento.

Caro papa Francesco, scrive per esempio Giulia nella prima testimonianza, «per me Dio non commette errori: mi ha resa una persona “diversa” perché sapeva che per me sarebbe stata la strada della felicità». «Non mi sono mai sentito sbagliato», dice anche Daniele, «né in errore oggettivo»: «Un giorno amerò e rispetterò mio marito, lo farò nel nome di Dio e vorrei farlo in casa mia, nella mia Chiesa, ma se non vorrà accogliermi so di non essere privo dell’amore di Dio e della sua benedizione». Dopo secoli di persecuzioni, aggiunge Francesco, la Chiesa «dovrebbe aprire le sue porte riconoscendo» «pari dignità alle persone omosessuali. Dio non può amare in modo diverso i suoi figli. Siamo tutti figli di Dio, un Dio che non può volere la nostra infelicità. Accogliere tutti i suoi figli è il significato profondo della religione cattolica». Mauro e Paolo, insieme da 30 anni, denunciano: «Ascoltare, ancora oggi, dai vescovi e nella Amoris laetitia che la nostra storia è derubricata ad “unione precaria” e mai equiparabile al matrimonio significa ricevere nuovamente un insulto e, in ogni caso, nessuna parola positiva: noi due, allora, che cosa siamo? Su di noi c’è o non c’è la grazia di Dio? Ma ovviamente c’è, perché lo sperimentiamo. Ci addolora solamente la sordità persistente di una parte della Chiesa». Tra i testimoni c'è anche un ex transessuale, oggi donna. Vanna racconta in breve il suo percorso travagliato ma ricco di scoperte, aggiungendo poi: «Non riesco neanche a spiegare perché ero e sono rimasta cristiana cattolica. So solo che credevo e credo in un solo Dio che ha inviato sulla terra Gesù il Cristo ed è venuto per salvarci dai peccati. Oggi anch’io provo a testimoniare che Gesù è Amore ed è morto per salvarci. Uno degli insegnamenti che ci ha lasciato è che la Chiesa è la Casa di tutti, pertanto può e deve diventare Casa nostra».

Dalle testimonianze emerge una forte consapevolezza – quella della distanza tra Chiesa “popolo” e Chiesa “gerarchia”, quella tra credere e praticare, quella tra l'amore di Dio e le leggi della Chiesa – ma anche una profonda sofferenza, che nasce dagli ostacoli posti dal pensiero tradizionalista sul percorso di fede che a un certo punto, ancora oggi, per i credenti Lgbt, si scontra con il rifiuto, le etichette, la mancata accoglienza delle diversità, i proclami dai sacri pulpiti che arrivano inaspettati come coltellate. E allora, non sono pochi quelli che decidono di abbandonare definitivamente o di proseguire il proprio cammino presso altre Chiese, più accoglienti, come quella valdese o quella metodista.

Adista ha chiesto un bilancio ad Andrea Rubera, portavoce di Cammini di Speranza e ideatore della campagna. 

Dopo lo scontro sul Family Day e sulla Legge Cirinnà pare che gli animi si siano un po' raffreddati e che ora anche i vescovi (come dimostra il dibattito sulle pagine di Avvenire) tentino un approccio meno aggressivo...

Diciamo che emergono in maniera più evidente le polarizzazioni, con la percezione di una maggiore inclusione e apertura al confronto. La legge sulle unioni civili e il dibattito che ne è scaturito (spesso con toni e argomentazioni discutibili) ha portato alla conoscenza dei cittadini la quotidianità di singoli, coppie e famiglie LGBTI. Nell'opinione pubblica questo ha aiutato molto a rasserenare gli animi sul fatto che le persone Lgbti e i loro affetti non rappresentano una minaccia per la società. Poi, paradossalmente, la violenza della campagna contro le unioni civili – ma anche quella “antigender” – hanno evidenziato quanto siano minoritarie nel Paese le posizioni fondamentaliste, mentre la maggior parte delle persone è ben disposta all'ascolto e alla conoscenza di esperienze diverse.

Lo stesso discorso vale per la Chiesa, seppur con qualche distinguo. Riviste e quotidiani “allineati”, come Avvenire, hanno manifestato il desiderio di trattare il rapporto tra fede e omosessualità. E questo, prima dei Sinodi sulla famiglia, non era neanche immaginabile, se non come denuncia di “disordine morale”. Ora si dà spazio anche alle storie delle persone, seppur filtrate attraverso il racconto non delle persone stesse, ma dei pastori che le accompagnano. È un primo passo, speriamo si arriverà ad un punto in cui si accetti che la narrazione delle persone non può che essere fatta dai diretti interessati.

Come hanno reagito alla campagna i soggetti coinvolti, come ad esempio le gerarchie, i cattolici conservatori e gli omosessuali non credenti?

#chiesaascoltaci rappresenta il primo tentativo dei cristiani omosessuali di comunicare senza intermediazioni, attraverso Facebook e Twitter. 25 messaggi indirizzati a target non immediatamente vicini come, per esempio, i lettori di Avvenire, Osservatore Romano, Famiglia Cristiana, e il mondo cattolico in generale. Ogni storia ha attirato l'attenzione di persone che altrimenti non sarebbero mai entrate in contatto con queste realtà. Anche di fondamentalisti, che non hanno lesinato critiche, attacchi, a volte anche minacce. Ma anche di cattolici “moderati” che, invece, hanno dibattuto, serenamente, sulle tematiche proposte, manifestando la loro opinione ma senza giudicare o attaccare le persone. Una dinamica molto interessante innescata dalla campagna: abbiamo notato, addirittura, che i fondamentalisti non “perdonano” neanche i fedeli cattolici etero colpevoli di manifestare un minimo apprezzamento per la campagna. Un like su Facebook è considerato blasfemia!

Dalle gerarchie, invece, silenzio totale: la campagna non è stata mai menzionata né dai prelati né dai loro organi di stampa. Questo non ci sorprende, anche perché unico scopo di #chiesaascoltaci era raccontare la realtà quotidiana delle vite di 25 persone, e non convincere o proporre delle ideologie.

Molte critiche, curiosamente, sono arrivate dagli attivisti Lgbti, perché la campagna è stata letta come un appoggio alle posizioni, considerate omofobe, della Chiesa. Eppure credevamo fosse chiaro che il nostro unico intento  era di provocare un cambiamento dall'interno, attraverso la partecipazione dal basso.

Un bilancio in breve?

I risultati sono decisamente soddisfacenti: moltissime interazioni con i post e numerose visualizzazioni. Direi che gli obiettivi che ci eravamo posti sono stati raggiunti. Speriamo di poter continuare con altre campagne, sempre informative, sempre narrative.

Per l'appunto, cosa bolle nella pentola di Cammini di Speranza?

Nel 2017 intendiamo consolidare Cammini di Speranza. A febbraio, nel primo anniversario dalla nascita, avremo un primo momento di team building per i coordinatori dell'associazione. Ad aprile poi ci sarà la prima assemblea dei soci che eleggerà il primo direttivo. In progetto c'è un'altra campagna, con diffusione maggiore, produzione di contenuti e stimoli di riflessione, borse di studio per teologi che lavoreranno su fede e omosessualità. Proseguirà poi la nostra attività di osservatorio sul movimento anti “gender” che, da oltre 3 anni, sta turbando la serenità di molte persone le quali, in assenza di chiavi di lettura adeguate, si sentono minacciate da una cosa che non esiste. Sul fronte del dialogo con la Chiesa, prenderemo contatti con sacerdoti e vescovi, disponibili ad ascoltarci e interessati ad avviare una pastorale per le periferie esistenziali. Lo faremo sempre mantenendo il nostro registro che non è mai provocatorio ma solamente propositivo e collaborativo pur nell'adesione puntuale alla verità della bellezza delle nostre esistenze.

Un messaggio per i nostri lettori?

Cammini di speranza non è solamente l'associazione delle persone Lgbti, ma si rivolge a chiunque sogna una Chiesa aperta e inclusiva per tutti, a chi guarda alla persona e al suo percorso esistenziale prima che alla dottrina. Invito tutti, Lgbti o non, a seguire le nostre attività su camminidisperanza.org, Facebook e Twitter. Ci piacerebbe associare e collaborare anche con chi, pur non essendo Lgbti, vuole darci una mano in questo percorso all'interno delle Chiese cristiane. Diceva Oscar Wilde: «Le cose vere della vita non si studiano né si imparano, ma si incontrano». 

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