
Legge 194 sull’aborto: l’obiezione di coscienza viola un diritto?
Tratto da: Adista Documenti n° 16 del 29/04/2017
doc-2849. ROMA-ADISTA. Il servizio di interruzione volontaria di gravidanza (Ivg), secondo l’art. 9 della Legge 194, deve essere presente in tutti gli enti ospedalieri. Ma la realtà nel nostro Paese, come è noto, è completamente diversa. In Italia, infatti, oltre il 40% degli ospedali contravviene a questa norma, e il numero dei medici che rifiutano di praticare l’aborto è cresciuto del 12% in dieci anni. Secondo i dati di aprile 2016 del Ministero della salute, soprattutto nel Centro-sud i ginecologi sono quasi tutti obiettori di coscienza: nel Molise il 93,3%, il 92,9% in Trentino Alto Adige, il 90,2% in Basilicata, l’87,6% in Sicilia, l’86,1% in Puglia, l’81,8% in Campania, l’80,7% nel Lazio e in Abruzzo. Su 94 ospedali dotati di reparto di ostetricia e ginecologia, soltanto 62, poi, effettuano interruzioni volontarie di gravidanza: il 65,5% del totale. E va un po’ meglio, ma non troppo, con gli anestesisti: tra di loro, gli obiettori ammontano “solo” al 49,3%, con picchi del 79,2% in Sicilia, 77,2% in Calabria, 76,7% in Molise e 71,6% nel Lazio. Molto variegata la situazione al di fuori dei confini italiani, a seconda della legislazione vigente nei diversi Paesi: in alcuni (otto) l’aborto non è consentito per legge, in altri è consentito in casi limite o non è prevista l’obiezione di coscienza, in altri ancora questa esiste, ma i medici che vi fanno ricorso sono una minoranza. In ogni caso, laddove l’obiezione sia contemplata, è sempre accompagnata da un annoso e fondamentale dibattito tra movimenti religiosi e antiabortisti da una parte, e coloro che ritengono doveroso che uno Stato laico garantisca i diritti a prescindere dalle convinzioni morali individuali.
In tale contesto, e sulla scia di fatti di cronaca che hanno messo il dito nella piaga, la Regione Lazio ha varato, lo scorso febbraio, l’assunzione per concorso di due medici non obiettori di coscienza da destinare al reparto IVG dell’Ospedale San Camillo di Roma. «Dobbiamo affrontare il grande tema dell’attuazione vera della 194 nei modi tradizionali anche sperimentando forme molto innovative di tutela di una legge dello Stato che altrimenti verrebbe disattesa», ha spiegato il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, insistendo sulla necessità di «garantire alle donne un diritto sancito dalla legge» e facendo infuriare la Cei che, nella persona di don Carmine Arice, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale della salute, sottolinea: «Non si rispetta un diritto di natura costituzionale quale è l'obiezione di coscienza» (la Repubblica, 22/2).
Voce fuori dal coro cattolico, a intervenire sulla questione a sostegno dell’iniziativa della Regione è stata la Comunità cristiana di base di San Paolo, che il 3 aprile scorso ha diffuso un comunicato in proposito. Lo pubblichiamo integralmente di seguito.
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