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Siria. Venti di guerra  e domande di pace

Siria. Venti di guerra e domande di pace

Tratto da: Adista Segni Nuovi n° 17 del 06/05/2017
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La notizia della morte di innocenti e di bambini provocata in Siria da gas letale in un’area controllata dai ribelli ostili al governo di Assad (che nega l’impiego bellico di sostanze tossiche) ha provocato un moto di indignazione e di protesta colto al volo, per affermare la sua egemonia planetaria, dal Presidente statunitense che, senza dar conto di asserite verifiche sulle responsabilità per l’accaduto del Governo di Damasco e senza alcuna preventiva autorizzazione internazionale, si è indotto, con dichiarati intenti ritorsivi e cagionando anche in questo caso l’uccisione di civili e di bambini, a ordinare il bombardamento con 59 missili della base siriana dalla quale sarebbe partito l’attacco. Una scelta avventata che ha determinato la stizzita reazione della Russia, sfociata nella richiesta di una convocazione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU. E quindi una riunione di urgenza di tale Consiglio durante la quale l’ambasciatrice USA ha accusato la Russia di essersi trovata sempre accanto ad Assad, ogni volta che questi «ha superato il limite della decenza umana» e l’ambasciatore del Cremlino ha affermato che «l’attacco USA è stato una flagrante violazione del diritto internazionale che legittima e rafforza il terrorismo».

Durante il suo discorso sull’attacco in Siria Trump, col piglio di chi vuole imporsi come padrone del mondo, ha detto che è nell’interesse della sicurezza nazionale del suo Paese prevenire l’uso delle armi chimiche, ha sollecitato tutte le nazioni “civilizzate” a unirsi agli Stati Uniti per fermare le stragi in Siria e ha chiesto infine la benedizione di Dio per l’America e per il mondo. È chiaro quindi che per il Presidente statunitense l’ONU è praticamente inesistente, che l’interesse del suo Paese (per come da lui interpretato) è il solo interesse rilevante, che le nazioni del mondo si dividono (chissà con quale criterio) in “civilizzate” e “non civilizzate” col corollario che contano solo le prime e che il suo governo può devotamente invocare i favori dell’Altissimo mentre lancia un micidiale attacco missilistico con una logica, par di capire, che sul piano religioso non è molto dissimile da quella dei terroristi islamici che si fanno esplodere e uccidono innocenti inneggiando al loro Dio.

Fermo restando che la barbarie del regime di Assad dovrebbe essere efficacemente contrastata e fermata nelle forme legittime previste dal diritto internazionale, va detto che è veramente allarmante l’avventata disinvoltura con la quale Trump ha preso la solitaria iniziativa di scatenare una pioggia di missili sulla Siria e, forte di tanti irresponsabili consensi e di tanti complici silenzi, continua a minacciare la Corea del Nord sfidando in qualche modo la grande Cina. Ma preoccupa anche che nessun Paese dell’Europa e, più ampiamente, dell’intero Occidente si sia dissociato dalla grave iniziativa militare di Trump e gli abbia ricordato che l’art. 42 dello Statuto delle Nazioni Unite attribuisce solo al Consiglio di Sicurezza, qualora le misure non militari risultassero inadeguate, «il potere di intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace». Ed è appena il caso di rilevare che il generico riferimento del Presidente statunitense all’interesse del suo Paese di prevenire l’uso delle armi chimiche non può certo giustificare il ricorso al «diritto naturale di legittima difesa» che l’art. 51 dello stesso Statuto prevede solo quando «abbia luogo un attacco armato contro un Membro delle Nazioni Unite». Si dirà che a fronte di gravi crisi il Consiglio di Sicurezza dell’ONU è spesso paralizzato nelle sue decisioni dal dissenso di uno dei suoi “Membri permanenti”. E questo è vero, ma si tratta di un rilievo che, mentre chiama in causa le responsabilità dei governi che continuano a opporsi a riforme di democratizzazione dell’ONU, non può certo giustificare attacchi inconsulti né libera gli Stati Uniti o altri Paesi interessati dal dovere di cercare col massimo impegno le necessarie intese confidando anche nelle pressioni che, in presenza di ingiustificate chiusure, può esercitare l’opinione pubblica mondiale.

Ma è motivo di amarezza anche il fatto che di fronte ai gravi e minacciosi avvenimenti internazionali di questi giorni, non si sia ancora fatta sentire alta e forte la voce di quel Movimento per la Pace (definito dal New York Times «la seconda potenza mondiale») che nel 2003, se non riuscì a fermare la disastrosa operazione militare nell’Iraq, si impose all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale seminando nella coscienza di milioni di uomini principi e valori che alla prova dei fatti hanno dimostrato tutta la loro validità. Una semina che potrebbe oggi produrre utili frutti. C’è allora da chiedersi quale demone, con la perversa astuzia di chi predica il realismo e delude l’utopia per indurre alla rassegnazione, sta frenando gli aneliti di giustizia e di pace che racchiude tale movimento.

In una situazione internazionale difficile come quella di oggi, all’inizio degli anni cinquanta si muoveva anche allora il Movimento per la pace e don Primo Mazzolari inviava un messaggio al Congresso per la Pace convocato a Varsavia e prospettava al Movimento l’esigenza di vivere «quel distacco da ogni prestabilito vincolo politico e quella elevatezza spirituale con cui dovrebbero essere servite le grandi cause» per «intendere e tradurre l’angoscia di chi non ha scampo, né in pace né in guerra, da quelle ingiustizie che tolgono la libertà, la dignità e il gusto di vivere». A distanza di oltre sessant’anni, di fronte all’imperversante terrorismo che semina morte e ai tanti atti di guerra che insanguinano il Pianeta, l’appello di don Mazzolari si appalesa di profetica attualità. Un appello che si lega al messaggio di Papa Francesco il quale proprio in questi giorni è tornato a denunciare la terribile proliferazione di attacchi bellici da lui definita «guerra mondiale a pezzi» e ha significativamente affermato che la violenza ottiene solo lo scatenamento di «rappresaglie e spirali di conflitti letali che recano benefici solo ai pochi signori della guerra».

Nessuna rassegnazione, quindi, e nessuna caduta di tensione civile: ogni marcia di protesta contro gli autori e i fautori di qualsiasi forma di violenza, ogni appello in favore dell’uguaglianza e della fraternità, ogni veglia di preghiera, ogni bandiera arcobaleno esposta, ogni segno di pace esibito costituisce un piccolo-grande atto di elevata politica inteso a promuovere un fecondo coagulo di energie morali e sociali capaci di togliere dalle mani dei padroni del mondo, per restituirlo a tutti gli uomini, il diritto che essi hanno di decidere il loro futuro e il loro destino. 

*presidente onorario aggiunto della Corte di Cassazione

* Foto di Christiaan Triebert tratta da Wikimedia Commons, licenza e immagine originale

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