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«NON UN SANTINO DA VENERARE MA UN ESEMPIO DA SEGUIRE»: IL CARD. BASSETTI RICORDA DON PUGLISI

«NON UN SANTINO DA VENERARE MA UN ESEMPIO DA SEGUIRE»: IL CARD. BASSETTI RICORDA DON PUGLISI

Tratto da: Adista Notizie n° 33 del 30/09/2017
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39084 PALERMO-ADISTA. «Fra la mafia e il Vangelo non può esserci alcuna convivenza o tantomeno connivenza». Il presidente della Conferenza episcopale italiana, card. Gualtiero Bassetti, in occasione della veglia di preghiera in onore di p. Pino Puglisi che si è svolta a Palermo, nel quartiere di Brancaccio, lo scorso 15 settembre – ventiquattresimo anniversario dell’omicidio di Puglisi – ribadisce la assoluta incompatibilità fra mafia e Vangelo e ricorda la figura del parroco di Brancaccio, ucciso dai killer di Cosa nostra il 15 settembre 1993. 

«Egli era un prete che “abitava il territorio”», dice di presidente della Cei. «Abitava le periferie – prosegue –, viveva le frontiere. In quelle frontiere, che oggi sono troppo spesso al centro delle polemiche, don Pino invece viveva quotidianamente per stare accanto ai poveri e ai disperati e prendersi cura di loro. Abitava la frontiera senza paura. Anzi, egli è stato un prete che faceva paura alla mafia perché predicava l’amore e smascherava ciò che si celava dietro al codice d’onore mafioso». In particolare «i giovani erano il suo tesoro. Un tesoro da custodire e soprattutto da preservare dagli inganni suadenti e dalle scorciatoie promesse dai malavitosi. In una terra di miseria e disoccupazione, Puglisi intuì, come don Milani, che era fondamentale fornire dignità ai poveri partendo dall’educazione».

Tuttavia, puntualizza Bassetti, sarebbe «riduttivo definire don Puglisi solamente come “un prete antimafia”. Non si può ridurre la sua grande figura soltanto all’impegno sociale, perché egli è stato, prima di tutto, un prete palermitano che si è fatto annunciatore del Vangelo con semplicità e purezza di cuore» e che «ha lottato per la giustizia perché i suoi giovani e i suoi poveri potessero vivere liberi dalla paura e dal ricatto della mafia». E proprio «annunciare il Vangelo dell’amore e della libertà dei figli di Dio lo ha portato alla testimonianza più autentica: lo ha portato al martirio».

Ma la causa dell’omicidio di p. Puglisi è da rintracciarsi nel suo impegno evangelico antimafia. «Don Pino – ricorda il presidente dei vescovi italiani – riesce ad inaugurare il Centro “Padre Nostro” il 29 gennaio 1993. Pochi mesi dopo, dopo numerosi avvertimenti mafiosi, lo stesso giorno del suo compleanno, il 15 settembre, venne ucciso in modo spietato. Un esecuzione fredda compiuta in odio alla fede. Perché, come ammise uno dei suoi killer, era diventato una “spina nel fianco” del sistema malavitoso. Con le sue prediche “prendeva i ragazzini e li toglieva dalla strada”. È stato ucciso, dunque, per la sua attività pastorale. Una “felice colpa” che nel maggio del 2013 lo ha fatto diventare beato e martire».

È proprio a partire dal ricordo dell’azione pastorale e sociale di p. Puglisi che Bassetti sottolinea la condanna delle organizzazioni e della mentalità mafiose, in continuità con le affermazioni di Giovanni Paolo II nella Valle dei templi di Agrigento (che «ha chiesto a gran voce ai mafiosi di convertirsi perché “verrà il giudizio di Dio”»), di Benedetto XVI (che «proprio qui a Palermo ha ribadito che la mafia è “incompatibile” con il Vangelo) e di Francesco (che «nella piana di Sibari ha affermato con la sua voce profetica che la malavita “è adorazione del male e disprezzo del bene comune e che, soprattutto, quegli uomini che “vivono di malaffare e violenza” non sono in comunione con Dio e quindi sono “scomunicati”»). «Chi è un discepolo di Cristo, chi è figlio della luce è tenuto a denunciare le tenebre, quindi le organizzazioni criminali – aggiunge il presidente della Cei –. Denunciarle con le parole, con i gesti, con la sua testimonianza, ma anche rivolgendosi alle forze dell’ordine e alla magistratura che in questo territorio, come nel resto dell’Italia, hanno pagato anche con il sangue il loro impegno contro l’illegalità». Ma non c’è, secondo il cardinale, solo quella spirituale, perché «don Pino ci lascia anche una preziosa eredità civile, che vorrei riassumere con una frase: con la mafia non si convive. Fra la mafia e il Vangelo non può esserci alcuna convivenza o tantomeno connivenza. Non può esserci alcun contatto né alcun deprecabile inchino. So bene che le organizzazioni criminali per realizzare i loro progetti creano un clima di paura che sfrutta la miseria e la disoccupazione, la disperazione sociale e l’assenza della certezza del diritto. Proprio per questo è assolutamente necessaria la presenza dello Stato».

Padre Puglisi beato – è stato dichiarato martire nel 2013 – è un segno potente, ma anche un rischio, da cui Bassetti mette in guardia: «Non dobbiamo correre il rischio di trasformare il beato Puglisi in un “santino”, un nome da richiamare qualche volta magari per sentirci con la coscienza a posto. Don Pino, infatti, ci parla ancora oggi» e ci esorta a dire «il nostro no fermo a ogni forma di criminalità», chiedendoci «di impegnarci nell’educazione alla “vita buona” che è legalità, apertura dell’altro, rispetto delle regole e della convivenza civile». 

** Immagine di José Luiz Bernardes Ribeiro, tratta da Wikipedia, licenza, immagine originale.

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