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Eucarestia come mannaia

Eucarestia come mannaia

Pubblichiamo qui di seguito un contributo di don Aldo Antonelli, prete ad Antrosano (Aq), referente regionale di Libera per l'Abruzzo, comparso sull'ultimo numero del quindicinale della Pro Civitate Christiana Rocca (1 marzo 2019). Nel suo articolo don Aldo fa il punto della situazione sui divorziati risposati dopo due Sinodi sulla famiglia (2014 e 2015) e dopo l'esortazione post sinodale di papa Francesco Amoris Laetitia cheindica un percorso molto articolato, che coinvolge un sacerdote, una equipe di persone incaricate dal Vescovo, un cammino di servizio all’interno della comunità ecclesiale, finalizzato a compiere un discernimento della particolare situazione in cui si trova chi è divorziato e risposato. Al termine di tale percorso, è lasciato alla valutazione personale se richiedere l’ammissione  ai sacramenti, quindi la piena comunione ecclesiale. 

 

 

 

«Mario e Gina sono due miei carissimi amici da lungo tempo. Due persone splendide. Sia lui che lei sulla cinquantina, solari, aperti, seri, simpatici. Formano una bellissima coppia da anni ormai.

Purtroppo non possono celebrare il matrimonio religioso. Sono due credenti e praticanti, persone di fede, che ammiro. Cristiani seri, che si impegnano a vivere il Vangelo concretamente.

Mario è celibe, quindi nessun problema. Gina è stata precedentemente sposata (purtroppo un matrimonio fallito, come tanti altri...). Dunque, ogni volta che partecipano alla messa, al momento della comunione non possono ricevere l'Eucaristia, pur desiderandolo con tutto il cuore. Vedono gli altri andare all'altare con nostalgia, abbassano lo sguardo e si danno la mano. Dove frequentano, nessuno sa del matrimonio precedente di Gina, anzi tutti considerano lei e Mario come marito e moglie. Ma loro non se la sentono di accedere alla mensa eucaristica... perché la Chiesa non concede loro né questo sacramento né l'assoluzione sacramentale.

Nonostante il recente duplice Sinodo sulla famiglia... moltissimi casi non sono risolti, la stragrande maggioranza. Una possibile via di soluzione sarebbe quella di un confronto con un sacerdote che capisca la situazione e li favorisca. E' un caso pastorale che può risolvere anche un presbitero. Ma pochi sono disposti a farlo, in realtà. E dove trovarlo? Devono girare la diocesi?

E non possiamo neppure pretendere che vivano in castità come fratello e sorella. Sarebbe davvero troppo. Assurdo mi pare. Il precedente matrimonio di Gina potrebbe essere nullo, ma lei trova difficoltà ad affrontare l'iter del processo canonico, per ragioni caratteriali di riservatezza e di emotività. E poi, dobbiamo davvero "processare" tutti questi matrimoni che non esistono più? Molti trovano qualche problema ad esporsi e bisogna capirli.

Forse è meglio che si regolino secondo coscienza? D'altronde in coscienza loro si sentono tranquilli, anche se pesa la discriminazione. In coscienza si amano davvero, cercano di condurre una vita onesta, come tantissime famiglie cristiane e non cristiane.

Si assolvono omicidi, furti, sacrilegi, crimini orrendi... non possiamo anche dare a Mario e Gina (e tanti come loro) una nuova possibilità di vita pienamente cristiana e comunitaria? Possiamo vederli di nuovo sorridere? Possiamo vederli finalmente felici di poter di nuovo partecipare in modo completo alla celebrazione eucaristica? Io credo che dobbiamo farlo. Credo che possano».

Ho voluto riportare per esteso questa lettera perché sia reso evidente il dramma delle persone coinvolte e l’assurdità di certe situazioni.

Io ho risposto dicendo che nella mia parrocchia ho sempre dato la comunione a divorziati risposati e/o conviventi. Spiegando agli interessati due punti.

1.            Il fondamento del matrimonio è l'amore, mancando il quale il matrimonio semplicemente non esiste più. Noi siamo con Ivan Illich nel denunciare l’invasione del legalismo nella morale evangelica: «Il giuramento matrimoniale legalizza l’amore, e il peccato diventa una categoria giuridica. Cristo è venuto a liberarci dalla legge, ma il Cristianesimo ha permesso che la mentalità legale fosse riportata proprio nel cuore dell'amore» (I fiumi a Nord del futuro; p.75). E ci conforta anche il parere dell’amico Giannino Piana, collaboratore di questa rivista, che su Adista del 18 Febbraio 2012 scriveva: «Nei testi della rivelazione l'indissolubilità non viene inserita in un contesto precettistico, ma in un contesto escatologico-profetico, quello del discorso della montagna». Saremmo quindi in presenza non tanto di una norma a cui adeguarsi, quanto di «un ideale verso cui tendere o, se vogliamo, una norma aperta. Se si legge la questione in questa chiave, si ammette che c'è una gradualità di situazioni, e si può ammettere anche una deroga alla norma».

2.            Riteniamo semplicemente aberrante che un sacramento di "comunione" come l’Eucarestia venga usato come arma di scomunica! L’eucarestia, come ripete spesso anche papa Francesco, non è un premio per i perfetti ma un aiuto per i deboli.

I nostri amici, pertanto, non hanno nessun bisogno di autorizzazione. La loro coscienza è sufficiente a legittimarli all’accesso a quel banchetto dal quale Gesù non esclude nemmeno i peccatori, con i quali amava condividere la mensa.

 

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