
“Tutti uguali”: campagna solidale della onlus Dokita per i bambini disabili in Africa
ROMA-ADISTA. Si chiama “Tutti uguali” la campagna solidale a sostegno dei bambini disabili in Camerun lanciata oggi dalla onlus Dokita, da oltre trenta anni impegnata in progetti di solidarietà internazionale nei Paesi in via di sviluppo.
Dal 5 al 26 gennaio sarà possibile sostenere la campagna con un sms o una telefonata al numero solidale 45580 (il valore della donazione sarà di 2 euro per ciascun sms inviato da cellulari, di 5 e 10 euro per le chiamate da rete fissa). «I fondi raccolti – fanno sapere i volontari di Dokita – saranno utilizzati per rafforzare le attività dei nostri centri in Camerun. In particolare, con le donazioni vogliamo potenziare il nostro centro di accoglienza e sostegno per bambini disabili, il Foyer de l’Esperance, che si trova a Sangmélima, nel Sud del Paese, creato nel 1982, dove ospitiamo attualmente 50 bambini e adolescenti orfani, in condizioni di particolare vulnerabilità e affetti da disabilità motorie. Vogliamo infine migliorare le attività di accoglienza e di supporto a bambini disabili dei tre centri che gestiamo nel Paese africano, potenziare le attività di ricognizione e monitoraggio delle zone rurali circostanti e continuare a sostenere le attività di riabilitazione fisioterapica».
I dati sulla disabilità, in particolare sui bambini disabili che vivono nei Paesi in via di sviluppo sono allarmanti. In particolare in Camerun il 23% delle persone dai 2 ai 9 anni vive con almeno un tipo di disabilità insorta, nel 65% dei casi, a causa di malattie come polio, malaria, lebbra, morbillo. «Mali che, quando non uccidono – spiegano i volontari di Dokita –, lasciano in eredità alle piccole vittime un futuro di emarginazione e povertà. Mancano le strutture sanitarie adeguate e spesso le barriere architettoniche e socio culturali alimentano sofferenza e isolamento».
«Dokita» in lingua bulu, in Camerun, ricalca il termine tedesco doktor, che indica il medico ma anche il guaritore. A Sangmélima, nel Sud del Paese, la popolazione locale diede all’infermiere e missionario Clemente Maino (1920-1974), religioso della Congregazione dei Figli dell’Immacolata Concezione (Cfic), il titolo di «Dokita», appunto, quando negli anni Settanta portò cure e assistenza medica a una delle comunità più povere dell’Africa, dedicandosi in particolare alla cura dei malati di lebbra.
L’Associazione Volontari Dokita onlus è nata trent'anni fa proprio su iniziativa di alcuni amici di fratel Clemente Maino, con l’obiettivo di portare avanti l’opera da lui iniziata e promuovere i diritti umani fondamentali. Nel 1983, nove anni dopo la morte di Maino, si costituisce un gruppo di volontari laici che, dandosi il nome di Dokita in suo onore, decide di proseguire l’opera di difesa dei diritti umani fondamentali da lui iniziata in Camerun. Nel 1988 quel gruppo di volontari dà vita all’Associazione Volontari Dokita onlus che dal 1991 svolge attività di cooperazione allo sviluppo e che oggi opera in 13 paesi in 4 continenti (Africa, America Latina, Asia e nell’area dei Balcani), prestando soccorso ogni anno a più di 25mila persone in diversi ambiti di intervento: disabilità, salute, minori, educazione, migranti e donne in difficoltà.
Spiega Mario Grieco, direttore di Dokita Onlus: «La capacità di includere le persone più vulnerabili e svantaggiate, come chi vive con disabilità, dà la misura del grado di maturazione e di sviluppo della società. Questo è ancor più vero se riflettiamo sul fatto che la disabilità è innanzitutto un fenomeno relativo: una persona può essere considerata disabile a seconda di come la società vive le capacità di un individuo e a seconda delle barriere, fisiche, culturali e mentali che essa stessa crea o abbatte. Con la campagna “Tutti Uguali”, oltre a sostenere concretamente dei progetti a favore delle persone più vulnerabili in Camerun, vogliamo anche invitare tutti i cittadini italiani ad una riflessione sui temi dell’uguaglianza, della parità e dell’inclusione sociale, che devono essere posti a fondamento del nostro vivere sociale».
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