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25 marzo contro la guerra in Yemen e contro la vendita di armi ai sauditi

25 marzo contro la guerra in Yemen e contro la vendita di armi ai sauditi

Nella notte tra 25 e 26 marzo 2015 una coalizione guidata dall'Arabia Saudita, e composta da Egitto, Marocco, Giordania, Sudan, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Bahrein, iniziava a bombardare lo Yemen per fermare l'avanzata del movimento sciita degli Huthi (vicini all'Iran) e riportare al potere il presidente Abd Rabbuh Mansur Hadi.

Da allora i bombardamenti non si sono mai arrestati e hanno colpito indiscriminatamente obiettivi militari, popolazione civile e infrastrutture, come scuole e ospedali. Le ong parlano addirittura di circa 250mila vittime, tra quelle morte sotto le bombe e quelle annientate dalla fame e e dal colera. Gli organismi umanitari parlano anche di oltre 3 milioni di sfollati interni, ammassati nei campi profughi, ridotti allo stremo, e sui quali potrebbe affacciarsi anche la minaccia del Covid-19.

E mentre sunniti e sciiti, sauditi e Iran, si contendono il potere nella regione sulla pelle degli yemeniti, c'è anche chi, su questa tragedia - da molti considerata la più grave crisi umanitaria attuale - fa grossi guadagni, vendendo armi in barba alle normative nazionali, comunitarie e internazionali che ne proibiscono l'export verso Paesi coinvolti in un conflitto o che non non tutelano i diritti umani. Da manuale il caso della RWM Italia, consociata della tedesca Reinmetall AG, che in Sardegna fabbrica bombe per i sauditi.

[Per un approfondimento sul quinto anniversario della guerra saudita in Yemen e sulle implicazioni dei governi e delle imprese europei, v. Adista Notizie n. 13/2020, online e in stampa nei prossimi giorni].

Un'ampia alleanza di organismi della società civile italiana e di una decina di Paesi Ue ricorda la prima notte di bombardamenti sullo Yemen con una Giornata di azione che chiede lo stop alla vendita di armi europee alla coalizione a guida saudita e di porre fine alle complicità degli stati membri nella sofferenza provocata alle popolazioni vittime della guerra. Solo tra il 2015 e il 2018 – ricorda infatti una nota del 25 marzo firmata da Amnesty International Italia, Comitato Riconversione RWM, Fondazione Finanza Etica, Movimento dei Focolari, Oxfam Italia, Rete Italiana per il Disarmo e Rete della Pace – «i governi europei hanno concesso licenze per 42 miliardi di euro di armi in controvalore alla Coalizione a guida saudita, che le ha utilizzate nel conflitto dello Yemen». Dopo la pressione della società civile laica e cattolica in tutta Europa, alcuni Stati «hanno introdotto limitazioni alla vendita di armi», scatenando il pressing dell’industria bellica «sui singoli governi per giungere ad una prossima eliminazione delle restrizioni nazionali esistenti, sebbene la guerra non abbia perso nulla della sua brutalità».

A causa della pandemia di Covid-19, spiegano i firmatari della Rete Disarmo, la mobilitazione attuale si è «trasformata in una serie di proteste virtuali che vengono proposte a cittadini ed attivisti. L’obiettivo resta però chiaro: «Imporre un embargo sulle armi in tutta l'Unione europea nei confronti di tutti gli Stati membri della Coalizione guidata dai sauditi e tutte le parti in causa nel conflitto. Questo embargo non dovrebbe consentire alcuna eccezione per le licenze di esportazione già concesse o le consegne di componenti nell'ambito di progetti comuni europei. (giampaolo petrucci).

Hashtag: #StopArmingSaudi e #StopBombingYemen

 

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