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Settimanali diocesani e referendum: più rischi che vantaggi dal “taglio” dei parlamentari

Settimanali diocesani e referendum: più rischi che vantaggi dal “taglio” dei parlamentari

Tratto da: Adista Notizie n° 33 del 26/09/2020

40382 ROMA-ADISTA. A pochi giorni dalla consultazione referendaria abbiamo consultato i settimanali diocesani allo scopo di captare quali siano le posizioni prevalenti sul voto, quali i problemi evidenziati e quali le risposte. Come ci aspettavamo, prevale una sostanziale prudenza su un tema che ha diviso il mondo cattolico come la società. Non sono in gioco questioni etico-religiose. Sembra naturale quindi che la maggioranza dei settimanali, va detto soprattutto nel Mezzogiorno, abbia scelto di non occuparsi del referendum, anche per evitare di schierarsi. In alcuni casi – per esempio, La Voce del Popolo (Brescia); Gente Veneta (Venezia); L’Azione (Vittorio Veneto); La Voce (Alessandria) – le redazioni hanno scelto di ospitare in maniera equanime le ragioni del Si e del No. In altri, oggetto di questa rassegna, sembrano prevalere le ragioni del No, dettato soprattutto da un’evidente ostilità nei confronti dell’“ispirazione populista” dell’iniziativa di riforma e dalla volontà di difendere il testo costituzionale. Di seguito una breve rassegna.

Vita Trentina (Trento, 6/9/20), “Il referendum e la vera riforma”, Davide Paris

«Il Partito Democratico non può dire ai suoi elettori di votare NO (sarebbe un tradimento del patto con i 5 Stelle) ma fa ovviamente fatica a convincerli a votare SÌ (dopo aver votato NO per tre volte in Parlamento) (...). Chi invece ha sempre sostenuto convintamente il taglio dei parlamentari è appunto il Movimento 5 Stelle, che lo ha fatto con la peggiore delle motivazioni: il taglio dei costi della politica. (...) È fuorviante perché cerca di far credere che il problema della spesa pubblica italiana sia rappresentato dai costi di funzionamento del Parlamento e che il taglio dei parlamentari possa produrre un effetto benefico di qualche rilievo sulle tasche dei cittadini. Le stime più attendibili parlano invece di un risparmio dello 0,007% sulla spesa pubblica, praticatale mente impercettibile per il cittadino. È pericolosa perché denigra l’idea stessa della rappresentanza parlamentare, instillando l’idea che i parlamentari siano tutti indistintamente dei privilegiati fannulloni, da tagliare come si tagliano le spese inutili. Ma è semmai migliorando le modalità di selezione dei parlamentari che si restituisce credibilità al Parlamento, non certo tagliando la rappresentanza. (...). Più che nel numero complessivo dei parlamentari, la singolarità del sistema italiano sta nel fatto che un cittadino è rappresentato due volte in due Camere che svolgono le stesse funzioni. (...) La riforma attuale, invece, ne fa una bandiera a sé stante, lasciando del tutto irrisolto il problema principale».

L’Amico del Popolo (Belluno, 10/9/20), “Invito a concentrarsi sul merito della modifica proposta ad approvazione”, Giovanni Grandis

«Ci sono però anche alcuni aspetti morali che accompagnano lo “spirito” di questa iniziativa, che è importante considerare. La modifica, non dobbiamo dimenticarlo, nasce anzitutto da un sentimento “anticasta”, sorto e dilagato non tanto a causa dell’inefficienza del sistema legislativo – che è e rischia di rimanere un problema oggettivo – quanto dall’idea che le lentezze siano dovute all’indolenza dei rappresentanti eletti, ai quali starebbe a cuore unicamente lo stipendio dei parlamentari e non il bene comune. Da questo rimprovero generalizzato di parassitismo viene la reazione di tipo punitivo che anima il provvedimento (...). Non ragiona diversamente chi propone, come alternativa, la riduzione dei compensi anziché del numero dei rappresentanti (...). In termini di risparmio, del resto, le cifre sono marginali (...). Nulla di decisivo però neppure sul fronte dell’efficienza del sistema legislativo: qui sappiamo che il vero nodo rimane il “bicameralismo perfetto” che non viene toccato (...)».

Verona fedele, (Verona, 13/9/20), “Un referendum che cambia la politica”, Nicola Salvagnin

«Si tratta di un voto soprattutto “emotivo”, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle. I risparmi di spesa sono quasi nulli (la spesa pubblica calerà dello 0,007%), ci sarà poi da adeguare tutto il funzionamento delle Camere – e delle commissioni parlamentari – all’eventuale minor numero di parlamentari. Ci sarà soprattutto da approvare una nuova legge elettorale per poter eleggere in modo differente da oggi solo 600 rappresentanti del popolo. Quindi, se il No non modificherà l’attuale situazione, il Sì sarà solo il primo passo verso un radicale cambiamento della funzionalità della nostra democrazia, almeno per come era stata prevista dalla Costituzione».

La Voce e il Tempo (Torino, 13/9/20), “Election day Regionali e taglio dei parlamentari, la posta in gioco”, Aldo Novellini

«A questo taglio si è giunti sull’onda delle polemiche sui costi della politica, principale cavallo di battaglia del M5S. (...). La riforma, oltre che dal M5S, è stata sostenuta da Lega e Fratelli d’Italia cui si sono aggiunti, lo scorso ottobre, nella quarta e decisiva votazione Forza Italia, Pd e Leu, questi ultimi due solo per consentire il varo del Governo giallo-rosso. (...). In buona sostanza, il fronte contrario ritiene che, in assenza di un progetto di più ampia portata, questa modalità a sé stante rischia soltanto di ridurre la rappresentanza di molti territori. In effetti alcune regioni, come Umbria o Basilicata, vedrebbero notevolmente ridotto il numero degli eletti con una conseguente riduzione del pluralismo politico. In generale verrebbe comunque a determinarsi un rapporto tra eletti e elettori ritenuto eccessivo sotto il profilo della rappresentanza (...). Qualora venisse approvato il taglio, il nostro rapporto tra elettori e eletti schizzerebbe notevolmente in alto, indebolendo ancor di più i legami col territorio. Legami, in verità, già fortemente compromessi dalla presenza di parlamentari eletti con liste bloccate, dove i candidati sono scelti dai leader dei partiti e non dai cittadini attraverso le preferenze. A ben pensarci sarebbero le preferenze il vero rimedio per battere l’antipolitica (...)».

La Voce e il Tempo (Torino, 13/9/20): “Torino, cattolici popolari e democratici: le ragioni del No”, Luca Rolandi

«Un No motivato e pensato è quello che un gruppo composito e di differenti estrazioni culturali ha presentato lunedì 7 settembre a Torino. Un appello che argomenta in modo approfondito e senza steccati ideologici l’importanza di una scelta controcor- rente. Tra le adesioni del mondo cattolico vi è quella di “Esserci”, l’associazione culturale cattolica presieduta da Giancarlo Cesena, mentre Bruno Geraci, coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”, non ha dato un’indicazione di voto ma ha illustrato la posizione attraverso una profonda analisi politico culturale e sociale di forte convergenza rispetto ai danni provocati dalla deriva populista. (...) Tre fondamentalmente sono le ragioni per votare No. La prima riguarda il tema della rappresentanza democratica, uno dei portati cardine della Carta Costituzionale, che prevede che tutti i territori siano rappresentati e che i partiti svolgano un ruolo di rapporto con i cittadini per scongiurare derive di democrazia diretta anticamera di nuove oligarchie. La seconda ragione del No è più articolata e affonda le sue radici in una critica molto forte a un pensiero qualunquista e populista (...). Il terzo motivo è quello della difesa della democrazia rappresentativa, contro le degenerazioni dei partiti “personali”, dei capi popolo e di una democrazia ridotta a pochi contatti digitali che non si sporca più le mani dentro i problemi a colloquio con le comunità e le persone».

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