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Vescovi nigeriani: dopo 60 anni di indipendenza, il Paese è al collasso totale

Vescovi nigeriani: dopo 60 anni di indipendenza, il Paese è al collasso totale

Mons. Matthew Hassan Kukah, vescovo di Sokoto, nel nord-est della Nigeria, ha tracciato un bilancio dell’attuale situazione socio-politica del Paese a 60 anni dall’indipendenza della Federazione Nigeriana dal Regno Unito, anniversario festeggiato il 1° ottobre scorso e occasione dell’intervento di mons. Kukah a “The Platform”, la conferenza annuale organizzata dal Covenant Christian Centre in Lagos.  Un bilancio talmente in rosso da sostanziarsi in un fallimento.  «Nonostante le enormi risorse di cui disponiamo da 60 anni, non possiamo nutrire la nostra gente, non possiamo garantirle sicurezza, brancoliamo nel buio, non possiamo comunicare tra noi su strade o ferrovie. Quello che abbiamo ereditato lo abbiamo rubato, rotto o gettato via», ha detto.

«Possiamo incolpare gli inglesi, incolpare i politici, incolpare i militari, è uguale», ma ciò che manca al suo Paese, ha segnalato, sono uomini e donne capaci di guidare la popolazione nel «viaggio verso la grandezza»”. Per questo «c’è bisogno di persone più che brave, più che di buona volontà, più che di semplice speranza. Questo “viaggio” deve essere guidato da uomini e donne dotati di una visione e di un carattere comprovato, pronti a mobilitare le loro persone verso il raggiungimento dell’obiettivo».

Mons. Kukah ha anche criticato aspramente l'attuale presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari. « Il nuovo presidente aveva fatto una campagna elettorale fondata su un ricco menu di promesse: porre fine alla corruzione, porre fine a Boko Haram, porre fine alla povertà, unire il Paese, ecc.», e ha ricordato che aveva inaugurato la sua amministrazione promettendo di sostenere la Costituzione, dichiarando che «sarebbe appartenuta a tutti e a nessuno». Guardavamo tutti con speranza a un uomo che aveva condotto una campagna sulla filosofia chiave dell'integrità e del carattere».

Promesse, ha osservato, cui il presidente ha voltato le spalle. «Il  nostro paese ora sembra una pentola in ebollizione da cui tutti vogliono scappare». «Il nepotismo – denuncia – è diventato la nuova ideologia di questo governo. Seguendo questa ideologia, si stima che il presidente abbia ceduto l'85% delle posizioni chiave ai musulmani del nord e si sia assicurato che gli uomini che condividono la sua fede tengano saldamente le redini del potere nelle aree più critiche della nostra vita nazionale, l'Assemblea nazionale e le agenzie di sicurezza».

La conseguenza è che «oggi, il nostro sentimento di unità nazionale è seriamente minacciato e messo a dura prova. La nostra cittadinanza comune è stata spezzata e ridotta. I principi di equità, giustizia ed egualitarismo su cui si basa la nostra Costituzione sono attaccati e sminuiti».

«Oltre ad affrontare il processo dei cicli elettorali, abbiamo un problema molto serio con i metodi di reclutamento della dirigenza», ha affermato. «Riflettere il carattere federale dovrebbe essere come guardarsi allo specchio e celebrare la nostra diversità, perché il tavolo è abbastanza grande da accogliere tutti».

Non è stato solo il vescovo di Sokoto a manifestare tutta la sua  delusione e preoccupazione per la situazione nigeriana. Sono state altrettanto amare le parole di mons. Augustine O. Akubeze, arcivescovo di Benin City e presidente della Conferenza Episcopale della Nigeria nella sua dichiarazione per i 60 anni dell’indipendenza. . «La Nigeria è quasi sull'orlo del collasso totale», ha detto. «I nigeriani di quasi tutte le regioni geografiche sembrano concordare sul fatto che dobbiamo iniziare a lavorare a ricostruire il Paese. È alquanto deplorevole che il governo federale della Nigeria non abbia mantenuto le sue promesse elettorali. I governatori statali, i senatori, i membri della Camera federale dei rappresentanti, devono tutti lavorare per garantire la ristrutturazione della Nigeria». Il tasso di disoccupazione è in crescita, ha lamentato, a fronte della totale assenza di un piano preciso per riattivare l'economia e «aiutare il settore privato a crescere in modo che molti dei nostri giovani possano essere impiegati».

L’agenzia Fides (1/10) segnala anche le parole del vescovo di Oyo, mons. Emmanuel Adetoyese Badejo, nel suo messaggio sempre in occasione della festa dell’indipendenza. La festa c’è, ma l’indipendenza in realtà  no, ha  affermato. I nigeriani devono ancora lottare per essa, perché «la Nigeria manca ancora di un'autentica indipendenza». «Dopo sessant'anni, l'indipendenza della Nigeria è ancora un miraggio, un mero costrutto mentale, reso ancora più irraggiungibile dalla molteplicità dei problemi che assalgono il Paese». L’indipendenza invocata dal vescovo di Oyo, aggiunge Fides, è quella «da leader e politici ladri, funzionari pubblici e sindacalisti corrotti, terroristi assetati di sangue e tribalisti, mercenari economici e bigotti religiosi e ogni sorta di miscredenti sociali che cercano di prendere la propria fetta di torta delle risorse nazionali a qualunque prezzo». E dunque, ha concluso mons. Badejo, «dobbiamo tutti lottare per una rigenerazione morale ed etica nelle famiglie, nella società e nel Paese. Dobbiamo tutti opporci all'ingiustizia e ai furti ovunque si trovino e a lottare per lo Stato di diritto, applicato equamente a tutti. Dobbiamo fare, tutti, tutto il possibile per sostenerci a vicenda nella carità e nella solidarietà per alleviare le sofferenze dei nostri connazionali. Dobbiamo ricordare ai nostri leader che il potere delle persone sopravvivrà sempre alle persone al potere».

*Cattedrale di Abuja, capitale della Nigeria. Foto Flickr, immagine originale e licenza

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