
Il Gruppo di gay credenti "il Guado" compie 40 anni
Il 20 dicembre del 1980 nasceva a Milano il Gruppo "Il guado", per iniziativa di alcuni omosessuali credenti e già nel nome rimanda alla lotta di Giacobbe al guado di Jabbok, che è anche la lotta che ogni cristiano LGBT fa con se stesso e la sua chiesa.
A quarant'anni dalla nascita il gruppo, sulla propria pagina internet ripropone il testo con cui il Guado si presentava nel primo numero del suo bollettino quadrimestrale che risale al mese di dicembre del 1982. Non c'è una firma, ma dal ricordo di quelli che allora frequentavano il gruppo, l'autore dovrebbe essere don Domenico Pezzini.
Risproduciamo il testo qui di seguito
L’immagine del guado richiama la lotta di Giacobbe con l'angelo sulla riva del fiume Jabbok (Gen 32, 22-32).
Dopo aver fatto passare al di là dal torrente le mogli, le schiave, i figli e tutto quanto possedeva, Giacobbe resta solo e, al calar della notte, è aggredito da un «uomo che si avvinghiò con lui fino allo spuntare dell'alba».
Giacobbe si difende da quello che sente come un nemico, ma poi, paradossalmente, accorgendosi che si tratta di un essere superiore in cui è presente la divinità, gli dice: «Non ti lascerò se prima non mi darai la tua benedizione». Gli chiede cioè di dargli quanto ha di buono, potremmo quasi dire che gli chiede di volergli bene e, insieme, gli rivela il proprio nome, che è come dire che gli si affida e gli si consegna.
Non è difficile riconoscere la traccia e il senso di tante nostre storie: l'entrata improvvisa e violenta, nel nostro paesaggio di solitudine, di qualcuno da cui speriamo di ottenere la risposta al nostro bisogno profondo di amicizia; la ‘benedizione’ che possa aiutarci a vin-cere l'isolamento e l'insignificanza; una presenza che in certo modo ci aggredisce, contro cui lottiamo, perché se da una parte promette, dall'altra chiede e può esigere quello che non vogliamo dare; la dialettica continua tra l'istinto di soverchiare l'altro e quello di abbandonarvisi; l'intuizione che, in ogni forma di amore, si fa in qualche modo l'esperienza della divinità e del bisogno assoluto e che quello che cerchiamo è alla fine Dio stesso. Tutto questo noi lo ritroviamo nella storia di Giacobbe al guado di Jabbok.
Ma il guado è anche un passaggio, faticoso, ma pur sempre possibile, da una riva all'altra del fiume. Gli omosessuali sono anche detti, e non certo con benevolenza, «quelli dell'al-tra sponda». Se ci piace l'immagine è perché vogliamo che non ci sia né antagonismo né separazione tra gli uomini, ma una costante possibilità di passaggio da una sponda all'altra, per un incontro che avviene, magari, proprio in mezzo al guado.
Per noi però l'altra sponda significa soprattutto un approdo di liberazione, una terra dove poter vivere un amore purificato dall'egoismo e da tutte le ambiguità. È una speranza, questa, che ci fa muovere verso i campi dell'amicizia e della fraternità, seguendo le indica-zioni del vangelo che resta, per molti di noi, un preciso punto di riferimento.
In questo senso c'è per tutti un'altra sponda verso la quale andare, insieme possibilmente, perché così la fatica si fa più leggera e, se uno inciampa, può trovare subito aiuto.
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