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“Aiuto alla chiesa che soffre” nella bufera: il fondatore accusato di stupro e di fascismo

“Aiuto alla chiesa che soffre” nella bufera: il fondatore accusato di stupro e di fascismo

Il fondatore dell’organizzazione «Aiuto alla Chiesa che soffre» (ACS), il religioso di origine olandese Werenfried van Straaten, scomparso nel 2003, avrebbe tentato di stuprare una donna che collaborava con ACS nel 1973; la vicenda, risalente all’epoca in cui la vittima aveva 23 anni, è emersa nel 2010 nel corso di una visita apostolica (svoltasi dal 2009 al 2011) condotta dal vescovo ausiliare di Paderborn, mons. Manfred Grothe, decisa dal Vaticano allo scopo di modernizzare e rendere più trasparente l’attività dell’ente di beneficenza internazionale. I fatti sono emersi grazie a un articolo pubblicato dal supplemento religioso della Die Zeit, Christ&Welt, che ha riportato il contenuto di una lettera inviata da mons. Grothe in Vaticano (al prefetto della Congregazione per il clero di quel periodo, il card. Mauro Piacenza) e a diverse altre diocesi tedesche.

La storia è stata successivamente confermata dalla stessa organizzazione che ha reso noti altri particolari sulla vicenda definita in ogni caso «credibile». Va però aggiunto che nella missiva in questione si faceva riferimento anche ad altre "mancanze" da parte di p. van Straaten. Le informazioni raccolte, spiegava il vescovo Grothe nel testo ora reso pubblico, «riguardano infrazioni in quattro ambiti della morale cattolica e nell’etica così come nella dottrina sociale cattolica. Si tratta di un tentativo di violenza sessuale, di sregolatezza nella condotta di vita, di consistenti deficit nella condotta personale e di una disposizione verso idee fasciste». Monsignor Grothe, rileva ancora l’agenzia Catholic news agency, aggiunge che le sue informazioni poggerebbero su testimonianze oculari. Il vescovo afferma anche che la donna vittima del tentato stupro intendeva restare anonima, «ma, avendo sentito che in Germania si sta istruendo un processo di beatificazione di p. van Straaten, si è allarmata e ci ha avvertito».

Sia come sia, nel 2011 Benedetto XVI trasformava «Aiuto alla Chiesa che soffre» in fondazione pontificia (dipendente dalla Congregazione per il Clero), il che implicava un profondo adattamento delle strutture a regole di gestione meno opache e più in sintonia con le direttive della Chiesa anche in materia di abusi e di gestione del personale. Come si osserva in una serie di note esplicative relative al caso diffuse dalla stessa ACS, quel cambiamento produsse «la revisione degli statuti, l'introduzione di nuovi organi di amministrazione e controllo e, dal 2019, l'istituzione di organismi per la prevenzione degli abusi sessuali come priorità dell'organizzazione». Concetti che venivano ribaditi dall’attuale presidente di ACS, Thomas Heine-Geldern, in un comunicato reso noto dopo la pubblicazione dell’articolo mercoledì 10 febbraio; nel testo si tiene a precisare come la denuncia, arrivata nel 2010, sette anni dopo la morte del fondatore, fosse stata presa sul serio e trattata secondo le linee guida della conferenza episcopale tedesca (la sede di ACS è a Königstein, in Germania). Ma si faceva pure presente come dalla visita apostolica in poi le cose fossero radicalmente cambiate. «Nel 2011 – rileva infatti il presidente Heine-Geldern nel suo comunicato – ACS  è stata rifondata come Fondazione Pontificia. Le strutture interne e le procedure operative dell'ente di beneficenza sono state sottoposte a una profonda revisione. È stata creata una nuova struttura di gestione. Sono state inoltre implementate e stabilite linee guida di salvaguardia per la prevenzione degli abusi sessuali” utilizzate anche come criteri di selezione indispensabili per il finanziamento di tutti i progetti».

A presiedere la fondazione veniva chiamato il card. Piacenza; la vicenda dell’abuso sessuale veniva però silenziata per non danneggiare la reputazione di un’organizzazione capace di raccogliere ingenti somme per i cristiani perseguitati. La famiglia della vittima ha ricevuto fra l’altro come forma di risarcimento 16mila euro; da rilevare che anche il padre della donna lavorava all’ACS e nel tempo ha ricevuto anch’egli delle somme di denaro da parte di van Straaten, tuttavia ha messo per iscritto – secondo quanto riferisce ACS – che tale denaro non era da mettersi in relazione con quanto avvenuto alla figlia «piuttosto rappresentava un risarcimento per l’ingiusto trattamento riservatogli da p. van Straaten quando aveva lasciato il suo lavoro con Aiuto alla Chiesa che soffre». Infine in base alle informazioni fino ad ora disponibili, non ci sarebbero altri episodi simili ascrivibili al fondatore.

Di certo, le circostanze venute alla luce disegnano un quadro particolarmente inquietante, in primo luogo per la tentata violenza sessuale occultata, ma anche per quegli altri abusi e «sregolatezze» denunciate, non ultima quella certa disposizione a condividere idee fasciste da parte di p. van Straaten. «Aiuto alla chiesa che soffre», è nota per le sue campagne di aiuto e sostegno concreto alle comunità cristiane oppresse e perseguitate o per varie ragioni in difficoltà condotte però, non di rado, con toni accesi, ideologici, improntati più alla contrapposizione che al dialogo e alla collaborazione.

*Foto tratta da Pixabay, immagine originale e licenza

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