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Il Brasile verso la dittatura? L'inquietante domanda di Frei Betto

Il Brasile verso la dittatura? L'inquietante domanda di Frei Betto

Inquietante la domanda che si pone Frei Betto (al secolo, Carlos Alberto Libânio Christo), domenicano, teologo della liberazione, autore di numerosi libri fra i quali Battesimo di sangueI e che è apposta quale titolo dell’articolo pubblicato oggi sul portale dell’Instituto Humanitas Unisinos–IHU: “Il Brasile verso la dittatura?”. Ma non è immotivato il suo timore, come argomenta nella riflessione che riportiamo qui di seguito in una nostra traduzione dal portoghese.

Il Brasile verso la dittatura?

Frei Betto

Dove c'è fumo, c'è fuoco, recita il detto popolare. La maggior parte dei brasiliani e dell'opinione pubblica mondiale sanno che il Brasile è governato da un uomo di convinzioni fasciste. Bolsonaro esalta sempre i torturatori della dittatura militare istituita in Brasile nel 1964 e si rammarica che «almeno 30.000 sovversivi» non siano stati fucilati.

Eletto presidente nell'ondata di moralismo scatenata dalla fraudolenta operazione Lava Jato, Bolsonaro ha nominato più di 6.000 militari a importanti funzioni civili nel governo; innescato e orchestrato una trasmissione di notizie false; ha ignorato la gravità della pandemi, che ha chiamato la «piccola influenza»; ha consigliato farmaci senza prove scientifiche. Ci è voluto tempo per importare vaccini e, nonostante quasi 600.000 morti per Covid-19, il Ministero della Salute non ha ancora adottato un protocollo nazionale di test e immunizzazione ed è ora indagato dal Senato come un covo di corruzione nell'acquisto di vaccini a prezzi eccessivi, in cui sarebbero coinvolti militari.

Bolsonaro ripete: «solo Dio mi toglierà il potere». Questo nonostante 15 milioni di disoccupati, 30 milioni di persone in povertà e 19 milioni che soffrono una fame cronica, e un'inflazione superiore all'8% annuo.

Nel 2022 ci saranno le elezioni presidenziali. Tutti i sondaggi indicano Lula come il candidato preferito dagli elettori. Anche se molti di loro si rammaricano di aver votato per Bolsonaro nel 2018 e altri continuano a rifiutarsi di votare per il PT, il fatto è che, fino ad ora, non è stato trovato un candidato alternativo alla polarizzazione Lula-Bolsonaro. Ci sono diversi nomi in effetti, ma nessuno che raccolga voti sufficienti per minacciare uno dei due candidati e rappresentare un'alternativa tra destra e sinistra.

Prevedendo che Lula potrebbe sconfiggerlo nel 2022, come indicano i sondaggi, Bolsonaro ha iniziato a difendere il voto su carta. Il Brasile ha adottato il voto elettronico da 25 anni e non c'è mai stato alcun sospetto di frode. Il passato elettorale brasiliano insegna che il voto stampato è, infatti, vulnerabile ai brogli. Gli elettori con un basso livello di istruzione e basso reddito sono spesso spinti da “colonnelli” (miliziani, polizia, agricoltori, capi, pastori e sacerdoti) a esprimere il loro voto per un determinato candidato in cambio di denaro, favori o sotto minacce. È il voto al guinzaglio.

Nel voto elettronico non c'è modo di provare il voto dell'elettore. Per il voto stampato è diverso. C'è una prova su carta a testimoniare che l'elettore ha effettivamente votato per un certo candidato. E questo favorisce i brogli elettorali: l'unica risorsa sulla quale Bolsonaro conta per cercare di evitare la sconfitta l'anno prossimo.

Per tornare al voto cartaceo, che andrebbe ad aggiungersi a quello elettronico (una stampante sarebbe attaccata all'urna elettorale), occorre un emendamento costituzionale approvato dal Congresso nazionale. La questione avrebbe dovuto essere votata dalla Camera dei deputati nella prima metà di luglio. Quando i deputati “bolonaristi” si resero conto che sarebbero stati sconfitti, fecero in modo che la decisione fosse rimandata ad agosto, dopo la pausa parlamentare.

La democrazia brasiliana non sarebbe minacciata se dipendesse dalla Corte Suprema e dalla Corte Elettorale Superiore, contrarie al voto su carta. Ora, il 9 luglio, il comandante dell'Aeronautica Militare, Carlos Baptista Junior, ha dichiarato al quotidiano O Globo che spetta alle Forze Armate proteggere la democrazia brasiliana. Nella stessa intervista, ha dichiarato: «Non ci arrenderemo». E ha pontificato: «L'uomo armato non minaccia».

Ricordo il Brasile alla vigilia del golpe del 1964, che mise in atto 21 anni di dittatura militare. I leader della sinistra, in cui militavo tramite il movimento studentesco, dicevano di non temere un golpe, le istituzioni democratiche erano solide, il presidente Jango aveva un forte appoggio militare contro la violazione della Costituzione.

Ora sento lo stesso discorso di solidità delle istituzioni democratiche e mancanza di condizioni congiunturali per un ritorno alla dittatura, comprese le voci della destra. Tuttavia, nessuno dei soldati in servizio attivo ha osato dichiararsi in disaccordo con la minaccia di colpo di Stato del comandante dell’Aeronautica. Nessuno ha mai alzato la voce davanti alle ripetute bravate golpiste di Bolsonaro. E, l'8 luglio, il ministro della Difesa, che comanda le tre armi, il generale Braga Netto, avrebbe informato il presidente della Camera dei deputati che «se non ci sarà un voto stampato e verificabile nel 2022, non ci saranno elezioni». Lo stesso giorno, Bolsonaro ha dichiarato pubblicamente: «O facciamo elezioni pulite in Brasile o non ne faremo». Teme che il Parlamento rifiuterà l'emendamento costituzionale volto a ripristinare il voto su carta.

Le autorità civili hanno accolto queste manifestazioni golpiste come un "bluff", secondo un membro del Supremo Tribunale Federale che ha rifiutato di essere identificato. Ma, ripeto, dove c'è fumo, c'è fuoco. Preoccupa il silenzio assordante dei militari in servizio attivo. Nessuno osa dissentire.

Il popolo brasiliano è sceso in piazza in massicce manifestazioni contro il governo Bolsonaro. Questa è la risorsa che abbiamo per salvare la democrazia. Ma se i militari optano per il golpe, istituzionalizzando Bolsonaro come dittatore, basta rivedere il passato tra il 1964 e il 1985 per farsi un'idea del futuro che ci aspetta.

*Foto tratta da Pixabay.com, immagine originale e licenza

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