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Afghanistan: Vaticano accusa Casa Bianca e Europa di aver abbandonato i profughi al loro destino

Afghanistan: Vaticano accusa Casa Bianca e Europa di aver abbandonato i profughi al loro destino

Con una nota pubblicata sull’Osservatore romano che porta la data del 19 agosto, la Santa Sede chiede ai paesi occidentali di compiere ogni sforzo per portare in salvo le migliaia di afghani in fuga da loro Paese dopo l’arrivo dei Talebani a Kabul. L’editoriale del quotidiano vaticano, per altro, contiene un ‘j’accuse’ abbastanza esplicito nei confronti dei Paesi che hanno avuto maggiori responsabilità in questi vent’anni sotto il profilo dell’impegno militare nel Paese asiatico circa l’assenza di una strategia adeguata a gestire l’inevitabile flusso di profughi che avrebbe accompagnato la ritirata.

L’intervento dell’Osservatore sembra quindi mettere sul banco degli accusati la Casa Bianca in primo luogo sollevando anzi il dubbio che un tale precipitare di eventi potesse almeno in parte essere stato previsto, compreso il disperato accalcarsi di profughi ai confini del Paese o all’aeroporto della capitale afghana. Quindi si sottolinea il grave tentennamento di vari paesi occidentali – compresi fra timide disponibilità all’accoglienza e nette chiusure – nel compiere la scelta di aprire o meno le proprie porte ai fuggitivi. Da parte vaticana, insomma, si prendono decisamente le distanze rispetto alla linea tenuta fino ad ora dal presidente Joe Biden e da varie cancellerie europee, al contempo si indica una strada per uscire dalla crisi umanitaria: quella di una accoglienza condivisa fra paesi occidentali e nazioni confinanti con l‘Afghanistan evitando però in ogni modo di lasciare soli questi ultimi ad affrontare un’emergenza umanitaria che si annuncia particolarmente critica. Per questo è urgente aprire un negoziato, secondo il vaticano, con i Talebani e i loro leader che si sono insediati a Kabul, anche sul fronte dei profughi oltre che su quello del rispetto dei diritti umani all’interno del Paese, 

«In realtà già prima della presa della capitale, quando l’offensiva dei ribelli è parsa inarrestabile – afferma l’Osservatore - decine di migliaia di persone avevano varcato i confini in cerca di rifugio. Ma ora la situazione è definitivamente precipitata. La comunità internazionale dovrebbe attivarsi per far sì che quella dei profughi afghani non si trasformi in una nuova, catastrofica emergenza umanitaria. Del resto stupisce che prima di decidere di abbandonare il Paese non si sia immaginato un simile, prevedibile scenario e non si sia fatto nulla per evitarlo. E sarebbe ancora più grave se una tale decisione fosse stata presa pur essendo consapevoli delle drammatiche conseguenze». Quello che si può fare ora è correre ai ripari: «L’occidente, in particolare chi ha avuto un ruolo di responsabilità in Afghanistan, dovrebbe farsi carico di programmare in tempi brevissimi concrete azioni di sostegno e di accoglienza. E se si decidesse di farlo prioritariamente nei Paesi confinanti, bisognerebbe dare loro la dovuta assistenza, evitando però che si ripeta quanto accaduto negli altri Paesi in situazioni simili, con campi profughi diventati ghetti e zone franche per bande e “signori” locali che ne hanno tratto profitto. Meglio sarebbe attivare corridoi umanitari e attivare un’accoglienza diretta sui propri territori».

In questo contesto anche l’Europa «dovrebbe continuare a fare la sua parte; l’Europa che ben conosce cosa voglia dire non governare i flussi migratori. Ma anche questa volta, almeno finora, le posizioni sono discordanti, dai no categorici a moderate concessioni. Mentre restano ancora aperte le questioni dei rimpatri forzati dei migranti afghani, di cui si chiede il blocco perché ormai il Paese è chiaramente insicuro, e quella dei reinsediamenti, per i quali si sollecita un’accelerazione, dando priorità ai più vulnerabili». «Certo – è la conclusione - bisognerà trattare con i talebani anche su questo fronte, oltre che su quello del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, affinché diano la possibilità di lasciare l’Afghanistan a quanti non si sentono al sicuro, ma occorre farlo in fretta».

 

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