
Riforma della cittadinanza: la Commissione Affari Costituzionali adotta il testo base
La riforma della cittadinanza a una possibile svolta parlamentare? È arrivato ieri il primo sì della Commissione Affari Costituzionali della Camera al testo unificato, presentato il 3 marzo scorso dal presidente della Commissione Giuseppe Brescia (Movimento 5 Stelle) e che si pone il difficile obiettivo di sintetizzare e semplificare le tre proposte finora presentate su ius soli “temperato” e ius culturae (da Laura Boldrini, Matteo Orfini e Renata Polverini), finora rimaste nel cassetto perché divisive e prive di un largo consenso.
Intenzione del provvedimento, spiega lo stesso relatore sul suo sito, è superare l’impasse attuale e offrire ai giovani figli di stranieri una «legge di civiltà», finora paralizzata in modo del tutto irrazionale dal dibattito sull’immigrazione, «fortemente influenzato da strumentalizzazioni politiche e distorsioni mediatiche che hanno solo alzato il volume della propaganda senza portare alcun cambiamento». «Per raggiungere l’obiettivo – spiega ancora Brescia – bisogna dunque rovesciare il paradigma, evitando inganni ideologici e puntando su un testo semplice, capace di non prestare il fianco a manipolazioni».
Scompare definitivamente il principio dello ius soli, sacrificato sull’altare del compromesso. Nel testo si parla ora di ius scholae, che prevede l’acquisizione della cittadinanza, dopo la richiesta formale della famiglia, per i minori nati in Italia – o che sono arrivati in Italia entro i 12 anni – che abbiano concluso 5 anni consecutivi di istruzione in uno o più cicli scolastici o di formazione professionale. Si tratta, dice Brescia, di «una scelta di fiducia non solo negli stranieri che vogliono integrare i loro figli, ma nel lavoro della comunità didattica, nella dedizione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti che in classe costruiscono la nostra Repubblica e insegnano i valori della nostra Costituzione».
Il deputato pentastellato rimette poi al dibattito parlamentare la discussione su una possibile revisione dello ius sanguinis, principio che regola oggi l’acquisizione della cittadinanza dei figli ma che, nel caso dei cittadini stranieri nati e cresciuti all’estero, «non sembra garantire un vero radicamento sociale con il nostro Paese e anzi incoraggia la ricerca di avi, anche lontani nel tempo, senza la verifica di requisiti culturali, invece giustamente richiesti agli stranieri in Italia».
Il relatore, che sul suo sito pubblica anche il testo integrale presentato in Commissione, si era dunque posto l’obiettivo di procedere speditamente «nella direzione del pragmatismo», perché il dibattito estremamente polarizzato non aveva portato da nessuna parte. Come a dire, meglio nua legge di compromesso che nessuna legge. Una scelta che al momento è stata premiata – sebbene il testo potrà ancora subire modifiche nei passaggi alle Camere – dal voto favorevole non solo del centrosinistra, di Italia Viva e del Movimento 5 Stelle, ma anche di Forza Italia. L’adozione del testo base in Commissione, ha commentato Matteo Orfini, «è un primo passo, poi inizieremo a discutere nel merito cercando di migliorare il testo. Ma il fatto che la discussione, dopo tanto tempo, sia ripartita, è un buon segnale. Certo, il tempo è poco e il rischio che altri partiti facciano ostruzionismo rimane alto. Sicuramente è apprezzabile la posizione di Forza Italia, è un fatto nuovo che rende più realistica la ripresa dell’iter della legge. Se ci si prova si può fare».
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