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La 58ma sessione del Sae guarda all’assemblea del Cec di Karlsruhe

La 58ma sessione del Sae guarda all’assemblea del Cec di Karlsruhe

ASSISI (PG)-ADISTA. Non poteva mancare alla sessione del Sae, in corso in questi giorni alla Domus Pacis di Assisi, l’attenzione all’XI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec) che si terrà a Karlsruhe, in Germania, dal 31 agosto all’8 settembre. A ripercorrere la storia dell’assise mondiale, a contestualizzarla e a offrirne alcune anticipazioni sono stati il pastore Michel Charbonnier, membro del Comitato centrale del Consiglio ecumenico delle Chiese per la Chiesa valdese, e il monaco di Bose Guido Dotti, membro cattolico del Gruppo di studio teologico del Pellegrinaggio di Giustizia e Pace del Consiglio ecumenico delle Chiese.

Il Cec è il più ampio e più inclusivo forum organizzato nel movimento ecumenico moderno, ha spiegato Charbonnier. Raduna 352 chiese, riunite in federazioni e comunioni; sono chiese ortodosse, riformate, luterane, chiese unite o in cammino verso l’unione, chiese indipendenti, carismatiche e pentecostali nelle quali si riconoscono 580 milioni di cristiani e cristiane. La maggior parte oggi si trova nell’emisfero meridionale: in Africa, Asia, Caraibi, America Latina, Medio Oriente e Oceania. «L’organismo per le chiese è uno spazio unico in cui celebrare, parlare, agire, lavorare, pregare insieme. Esse sono invitate a promuovere la testimonianza comune nella missione e nell’evangelizzazione, a sostenere il rinnovamento nell’unità e nel culto e ad impegnarsi nel servizio all’umanità, nella ricerca della pace e della giustizia e nella cura dell’integrità del creato». L’Assemblea è un incontro delle chiese membro e di buona parte del movimento ecumenico. Rappresenta anche l’organo di governo che elegge il comitato centrale, otto presidenti, uno per ogni regione del mondo; decide la direzione per gli anni successivi, esamina il lavoro fatto, discute sulle finanze, ma non è solo questo, continua il pastore. «È un momento di raccoglimento in cui il movimento di conosce, si riconosce, è un happening dello spirito, un’occasione di ricarica. L’Assemblea dice una parola profetica e decide attraverso il metodo del consenso. Il fatto che chiese così diverse riescano a raggiungere un livello tale da poter dire su molti temi una parola chiara insieme è un fatto estremamente prezioso».

Il tema dell’Assemblea 2022 di Karlsruhe, “L'amore di Cristo muove il mondo alla riconciliazione e all'unità” si inserisce in un processo più ampio, quello del Pellegrinaggio di Giustizia e Pace del Cec, iniziativa che nacque nel 2013 nell’Assemblea di Busan, ha spiegato Charbonnier. I temi scelti per le diverse Assemblee del Consiglio Ecumenico delle Chiese «sono delle lenti interessanti attraverso le quali studiare lo spirito del tempo in cui gli incontri si sono svolti, e al tempo stesso lo stato d’animo, gli orientamenti teologici e gli auspici delle chiese nel momento in cui si sono incontrate». Il pastore ha portato alcuni esempi: «L'Assemblea di Amsterdam del 1948, all'indomani della seconda guerra mondiale e di tutta la sua devastazione, scelse come tema "Il disordine dell'uomo e il disegno di Dio". A partire dalla seconda Assemblea, a Evanston, nell’Illinois, nel 1954, il cui tema era “Cristo - la speranza del mondo”, le affermazioni cristologiche sono state il fulcro della maggior parte delle assemblee, da “Gesù Cristo la luce del mondo” nel 1961 a Nuova Delhi, a “Gesù Cristo libera e unisce” a Nairobi nel 1975, a “Gesù Cristo - la vita del mondo” a Vancouver, nel 1983».

Esaminando gli elementi del titolo dell’XI Assemblea, Charbonnier ha osservato che l’Europa è frutto di un lavoro di riconciliazione seguito alla seconda guerra mondiale ma oggi si trova di fronte alla guerra. Quindi quello dell’Assemblea è un tema più attuale che mai. Ci sono inoltre gesti di riconciliazione a cui il continente è chiamato ad agire nei confronti dei fratelli e delle sorelle del sud del mondo. Il pastore ha osservato l’attuale debolezza nel Cec dei dialoghi multilaterali mentre invece quelli bilaterali funzionano. «Il dialogo multilaterale è essenziale in questo momento per guarire le memorie passate e quelle più recenti e per testimoniare la fede comune in un contesto secolarizzato». L’aspettativa rispetto all’appuntamento di Karlsruhe è, per Charbonnier, «ritrovare un’esperienza forte a livello interculturale, internazionale, ecumenica e interreligiosa che ti cambia».

Guido Dotti ha parlato dell’evoluzione dell’iniziativa denominata “Pellegrinaggio di giustizia e pace” che ha preso le mosse dall’Assemblea del 2013. «A Busan è iniziato un pellegrinaggio nelle varie aree del mondo i cui incontri avvengono in collaborazione e con l’ospitalità delle chiese locali membro del Cec». Nel 2016 l’iniziativa ha toccato Israele e Palestina, nel 2017 la Nigeria, nel 2018 la Colombia. Nel 2019 l’Asia, precisamente il Myanmar, il Bangladesh, l’Indonesia, il Pakistan, le isole Fiji. Dopo la pausa del 2020 per la pandemia, nel 2021 il pellegrinaggio è avvenuto online con chiese indigene del nord America. Nel 2022 abbiamo fatto visite in Armenia e in Italia: a Palermo, Lampedusa e a Roma dove abbiamo incontrato i rappresentanti della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia (Fcei).

Per Dotti far parte del gruppo di studio teologico del Pellegrinaggio è un’esperienza arricchente: «Vedere una vitalità ecumenica in una generazione successiva alla mia è di grande conforto e sostegno alla mia fede a al mio cammino ecumenico». Così come sono arricchenti e trasformative le esperienze delle visite: «Nel pellegrinaggio abbiamo vissuto il vivere insieme in numeri ridotti rispetto all’Assemblea – si raggiunge il numero di circa un centinaio di persone – però ci siamo riconosciuti in comunione profonda con l’altro estremamente diverso da noi in una ricerca di complementarietà. La ricaduta nella nostra vita di fede e nel nostro inserimento nelle chiese di appartenenza è stata molto forte ed è profondamente cambiato lo sguardo sui mondi e sulle chiese attraversate».

Il gruppo teologico è arricchito da tre presenze non cristiane: un induista degli Stati Uniti, un ebreo sempre degli Stati Uniti e un musulmano della Bosnia che offrono la loro lettura delle realtà. Il gruppo cresce dopo ogni viaggio accogliendo un membro delle chiese visitate. Continua Dotti: «Il nostro approccio in ogni visita è percorrere tre vie: la via positiva che celebra i doni che quelle chiese offrono alle chiese e al mondo; la via negativa che è visitare le ferite delle guerre, della violenza, dell’ingiustizia, dell’abuso; la via trasformativa per trasformare le ingiustizie: porre gesti di advocacy, riportare al Cec i bisogni delle chiese. Percorrendo questo approccio abbiamo visto che le problematiche che abbiamo conosciuto si portavano raccogliere attorno a quattro grandi snodi. Il primo è il binomio verità e trauma: rileggere le vie dell’ingiustizia e cercare di fare verità guarisce i traumi, mentre negare la verità aumenta o crea nuovi traumi. Il secondo è attorno alla terra e allo straniamento: l’abbandono della terra per disastri climatici o per l’azione umana. Gli altri due sono la giustizia di genere e la giustizia razziale. Grazie a queste visite abbiamo pensato di dare alle chiese una serie di strumenti di riflessione a partire da quello che avevamo visto e come tentativo di restituire quanto avevamo ricevuto dalla visita: studi biblici sulle tematiche dell’emigrazione, della giustizia, della pace e volumi collettivi sulla spiritualità trasformativa, sul senso del camminare insieme, sul razzismo e sui discorsi di odio».

Il monaco ha espresso la convinzione che «per le nostre chiese l’esperienza del pellegrinaggio è qualcosa di decisivo per la corsa della Parola di Dio nella storia prima ancora che per il cammino ecumenico. Quello che viene alimentato è l’annuncio del vangelo. I luoghi che abbiamo visitato hanno conosciuto il colonialismo cristiano. Vedere come queste chiese abbiano saputo con enorme sofferenza distinguere tra il vangelo che è stato portato loro e cosa ha fatto chi gliel’ha portato è stato per me estremamente importante».

Nel dibattito seguito alle due relazioni è stata posta la questione della presenza della Chiesa russa nel Cec e in riferimento all’Assemblea di Karlsruhe. Il pastore Charbonnier ha riferito che nella riunione del Comitato centrale dello scorso giugno «diversi delegati hanno portato messaggi dei loro organi sinodali che chiedevano la sospensione della Chiesa ortodossa russa dal Cec, presenti in sala i membri ortodossi del Patriarcato ecumenico sconvolti dal conflitto all'interno dell'Ortodossia, e naturalmente la delegazione russa. L'atmosfera all'apertura dell'incontro era senz’altro tesa. Tuttavia, la ricerca di un consenso ha, faticosamente ma pazientemente, spianato la strada tra pregiudizi, analisi opposte, sospetti incrociati, riletture storiche». Al termine dell’incontro è stata stilata una dichiarazione finale che denuncia la "guerra illegale e ingiustificabile" contro l'Ucraina, invita la Chiesa russa e quella ucraina a intervenire insieme per la pace, anche presso i propri governi, incoraggia la creazione di un lavoro teologico-politico interno al Consiglio ecumenico delle Chiese, invita la Chiesa ucraina, che è in procinto di staccarsi dal Patriarcato di Mosca, all'assemblea di Karlsruhe. Il documento annuncia l'invio di una delegazione ai massimi livelli del Cec a Kiev e a Mosca e rafforza la presenza umanitaria sul terreno, efficace fin dal primo giorno del conflitto. «Nessuna porta è stata sbattuta – ha concluso Charbonnier –, nessuno si è indignato. Tutti sono andati avanti, grazie all'incontro, al dialogo e all'enfasi posta sulla costruzione del consenso. È stata pronunciata una parola comune. Naturalmente, si dirà, queste sono solo parole, che non fanno tacere i cannoni. Ma chi ha di meglio da proporre? In quale altro forum viene attualmente pronunciata una vigorosa parola di riconciliazione? E le chiese hanno altre armi oltre a quelle dello spirito?».

 

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